Vivere insieme senza sposarsi: quali tutele per le coppie di fatto (anche gay)

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Quando una coppia convive in assenza di matrimonio si parla di coppia di fatto o anche di convivenza more uxorio. Molte persone scelgono di impostare la propria relazione affettiva e familiare senza sposarsi, volendo fare prevalere una scelta di libertà e ritenendo più sincero un legame privo di vincoli giuridici. E’ un modello di famiglia frutto di una scelta specifica, che riguarda un numero sempre crescente di coppie e nel quale la comunità di vita e la stabilità della relazione si fondano su di un legame che si rinnova continuamente. Vi si aggiunge il fenomeno delle cosiddette famiglie ricostituite (cioè coppie che hanno figli da precedenti relazioni) e del conseguente allargamento delle relazioni parentali. La coppia di fatto è anche quella omosessuale che in Italia non può contrarre matrimonio. 

Quali sono le modalità con cui queste coppie possono garantirsi alcuni diritti? Lo chiediamo all'Avv. Eleonora Georgiacodis, esperto di Genitori Channel sui temi legali che riguardano la famiglia.

I patti di convivenza per regolamentare alcuni aspetti

In Italia non c’ è una legge che regoli i rapporti personali e patrimoniali all’interno della coppia di fatto, né una normativa specifica del momento della separazione, in caso di crisi della relazione. I rapporti personali all’interno della coppia di fatto sono pertanto disciplinati secondo gli stessi principi giuridici che regolano i rapporti tra tutti i cittadini e NON sono applicabili i principali doveri del matrimonio: cioè il dovere di fedeltà, di coabitazione, di assistenza familiare morale e materiale, di contribuzione proporzionale al mènage familiare (art. 143 c.c.). Lo stesso vale per ciò che riguarda i rapporti economici e patrimoniali, non vi è nessuna specifica disposizione, e gli stessi sono regolati come quelli tra due qualsiasi soggetti, secondo le regole del diritto comune.

Una soluzione, seppure parziale, all’assenza di disciplina legislativa è data dalla possibilità di regolamentare alcuni aspetti della vita comune, attraverso i cd. patti o accordi di convivenza. Si tratta di una soluzione che consente sia di fare chiarezza nei rapporti nel corso della convivenza e, spesso, dare una tranquillità economica al partner più “debole”, sia di evitare o, comunque limitare, i conflitti in caso di fine della relazione.
Il contratto ha però unicamente valore tra le parti.

 

Cosa si può regolare con i patti di convivenza

Il patto di convivenza è un dunque un accordo (redatto con scrittura privata o con atto notarile) con il quale i soggetti della coppia dichiarano di volere regolare i propri rapporti, sulla base degli strumenti giuridici che la legge italiana consente.

Con tale accordo si possono regolare sostanzialmente gli aspetti patrimoniali della vita comune.
Non possono, invece, essere previsti impegni reciproci riguardanti aspetti personali, quali ad esempio un impegno a convivere o a essere fedeli l’un l’altro, previsti nel matrimonio, o un impegno a stabilire la residenza in un certo luogo o ad una durata minima della relazione. Tali pattuizioni sarebbero nulle e prive di qualsiasi effetto giuridico.
In caso di presenza di figli, valgono tutti i principi inderogabili stabiliti dal codice civile.

I temi tipici oggetto dei patti di convivenza riguardano la casa, la contribuzione al ménage familiare, i beni comuni e le regole per la loro amministrazione, con un’infinita serie di possibilità, a seconda delle situazioni concrete.

Le parti possono, ad esempio, dare atto che la residenza comune è in un certo luogo e regolare l’utilizzo della casa di abitazione, che può essere di proprietà comune o di uno dei due. Le possibilità sono molteplici, si potrà ad esempio prevedere che (in caso di proprietà di uno dei due) la casa sia abitata da entrambi senza alcun obbligo di corrispettivo o che una parte dia all’altra una quota a titolo di contributo spese per la casa. Si potranno stabilire criteri di ripartizione delle spese ordinarie e straordinarie. Se la casa è in affitto, si potranno regolare i criteri di ripartizione del pagamento del canone (pro quota, oppure interamente a carico di uno dei due). Anche gli arredi presenti all’interno della casa potranno essere dichiarati di proprietà comune al 50% oppure di proprietà esclusiva dell’uno o dell’altro, o si potranno predisporre elenchi di beni di cui si precisa l’appartenenza.

Ancora, le parti potranno espressamente dare atto dell’autonomia economica di ciascuno e del fatto che ciascuno provvede autonomamente al proprio sostentamento e alle necessità comuni in proporzione al proprio reddito e possibilità, oppure si potrà stabilire che uno dei due provvede al mantenimento dell’altro, e in quale misura. Si potrà stabilire che uno dei due contribuisce al mènage familiare con il proprio lavoro domestico o con la cessione di beni a favore dell’altro o corrispondendo una certa somma periodica. Se uno dei due lavora nell’impresa dell’altro se ne darà atto e si farà riferimento al relativo rapporto contrattuale. Si potrà poi aprire un conto corrente cointestato destinato alle spese comuni, alimentato pro quota da entrambi.

 

Si può regolare l'eredità?

Attenzione, il patto di convivenza non può essere utilizzato per disciplinare i rapporti successori (le eredità). Gli strumenti giuridici che il partner ha per tutelare l’altro per il periodo successivo al proprio decesso sono il testamento o la donazione, pur con i limiti derivanti dalla presenza di eredi legittimi (ad esempio coniuge separato non ancora divorziato o figli, genitori o nonni - in assenza di figli -, mentre non sono eredi legittimi i fratelli e altri prenti) e dal necessario rispetto nelle norme sulle quote che la legge riserva loro. Un altro strumento per tutelare il partner può essere la stipula di un contratto di assicurazione sulla vita con prestazione a suo favore dopo la morte dell’altro.

L’accordo di convivenza potrà poi regolare la cessazione della convivenza e i successivi rapporti tra i partner. La convivenza cesserà di comune accordo o con una decisione unilaterale di uno dei due, che si potrà decidere di comunicare all’altro con la forma della raccomandata.

 

Si possono regolare i rapporti economici successivi ad eventuale rottura della convivenza?

Per il caso di cessazione della vita in comune le parti possono decidere se uno dei due avrà diritto ad un mantenimento da parte dell’altro, e in quale misura, o pattuire la corresponsione di una somma una tantum a favore di quello dei due che si trovi privo di fonti di sostentamento. Si potrà anche stabilire chi dei due resterà nella casa di abitazione o entro quando dovrà rilasciare la casa la parte non proprietaria. Infine si potranno individuare criteri per la divisione di arredi e beni mobili comuni e se vi sono animali, chi li tiene e li mantiene. E così via.

 

L'accordo può essere scritto tra le parti?

Non direi che il semplice foglio che i due partner redigono ha valore di legge, nient’affatto, è un contratto con effetti solo tra le parti (appunto non si possono toccare diritti di terzi quali gli eredi) e va scritto da un professionista, che abbia cura di definire un rapporto di corrispettività tra prestazione e controprestazione (tipo mantenimento/lavoro domestico-contribuzione al menage). Come in tutti i contratti uno dei due ad un certo punto potrebbe contestarne una clausola o potrebbe, in caso di conflitto, nascere una questione interpretativa. Si sollevano questioni civilistiche molto complesse, sulla riconoscibilità di tali accordi, suggerisco di affidarsi ad un professionista.

 

Le possibili utilizzazioni dei patti di convivenza sono svariate e non se ne può, ovviamente, fare qui una descrizione esaustiva, certo è che si tratta dell’unico strumento disponibile fino a quando non vi sarà, anche in Italia, una legge nazionale che regolamenti le unioni o prevedendo diritti e doveri dei conviventi (cd. regime legale) o regolamentando gli accordi tra i conviventi (cd. regime contrattualistico).

Eleonora Georgiacodis

Avvocato del Foro di Milano  

Eleonora

Avvocato civilista, si occupa in prevalenza di diritto di famiglia, minorile e delle persone, nonché di diritto delle successioni.

Mamma di due.

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