Insieme all'Avvocato Barbara D'Angelo vediamo nel dettaglio quali sono le leggi che disciplinano l'affidamento dei figli in caso di separazione.
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La frattura del rapporto di coppia rappresenta in sè un momento molto difficile e delicato, e lo è a maggior ragione quando vi sono dei figli.
Concludere la relazione affettiva con il proprio partner non significa smettere di essere genitori. La separazione travolge il rapporto di coppia, ma non intacca le relazioni genitoriali: il rapporto genitori - figli, infatti, non viene meno (e non deve venire meno) soltanto perchè il legame sentimentale nei confronti del coniuge o del compagno è cessato.
Di frequente, tuttavia, la conflittualità naturalmente insita nelle vicende separative non consente agli adulti di mantenere la necessaria lucidità, e troppo spesso, purtroppo, anche i figli vengono coinvolti nel dissidio e, loro malgrado, contesi tra i genitori.
Non dovrebbe essere così. E la legge è chiara sul punto.
Il diritto dei figli alla bigenitorialità
Le recenti riforme legislative in materia di affidamento (legge 54/2006) e di filiazione (legge 219/2012 e decreto legislativo 154/2013) hanno stabilito esplicitamente che, in caso di separazione dei genitori, i figli minorenni hanno il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori e di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi, oltrechè di conservare rapporti significativi con i nuclei d'origine dei genitori.
Si tratta del cosiddetto "diritto alla bigenitorialità", già presente da tempo nel diritto sovranazionale, ed in particolar modo nella Convenzione di New York sui diritti dell'infanzia del 1989, ratificata in Italia con la legge n. 176/1991.
La regola vale sia per i figli nati da genitori coniugati, sia per i figli nati al di fuori del matrimonio, da una coppia di fatto. Essa si applica, dunque, non solo in caso di separazione legale, divorzio, annullamento o dichiarazione di nullità del vincolo nuziale, ma anche in caso di cessazione della convivenza more uxorio tra persone non legate da matrimonio, ed anche nell'ipotesi in cui i genitori non abbiano mai convissuto.
I figli, infatti, sono tutti uguali e, per legge, devono poter crescere beneficiando dell'apporto affettivo e di cura sia della mamma che del papà. La bigenitorialità è un vero e proprio diritto soggettivo del figlio, ed un diritto indisponibile, vale a dire che non ammette deroghe volontarie, neppure se entrambi genitori sono d'accordo.
Il diritto alla bigenitorialità si realizza principalmente mediante l'affidamento condiviso, ma dev'essere tutelato anche in caso di affidamento esclusivo ad uno solo dei genitori.
L'affidamento
Finchè la coppia genitoriale è unita le decisioni relative alla crescita dei figli minorenni vengono assunte concordemente da entrambi i genitori: la responsabilità genitoriale - sancisce l'art. 316 del Codice civile - è esercitata di comune accordo, tenendo conto delle capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni del figlio.
Quando i genitori si lasciano, devono essere stabilite le modalità di esercizio della responsabilità genitoriale, vale a dire chi assume le decisioni afferenti i figli. L'affidamento consiste, appunto, nella regolamentazione delle modalità di esercizio della responsabilità genitoriale.
La decisione circa l'affidamento può essere assunta direttamente dai genitori, di comune accordo ed inserita nei patti di separazione, divorzio, modifica della separazione o del divorzio, oppure nelle condizioni di regolamentazione consensuale dei rapporti con il figlio nato dall'unione di fatto. Inoltre, può essere disposta dal Tribunale, quando vi sia tra i genitori un contenzioso.
L'affidamento condiviso
Per legge, la regola generale è l'affidamento condiviso: anche se separati e non più conviventi i genitori continuano ad esercitare la responsabilità genitoriale assieme.
Lo stabilisce espressamente l'art. 337 ter del Codice civile, che precisa che le decisioni di maggiore interesse relative all'educazione, all'istruzione, alla salute ed alla residenza abituale del minore vanno sempre assunte di comune accordo (tenendo conto, naturalmente, delle inclinazioni e dei desideri del figlio), mentre può essere previsto - per accordo dei genitori o per decisione del giudice - l'esercizio disgiunto della responsabilità genitoriale sulle decisioni di ordinaria amministrazione.
La dottrina e la giurisprudenza hanno chiarito che per "decisioni di maggiore interesse" si intendono le decisioni più importanti per la crescita del figlio che riguardando la formazione scolastica, la salute e gli aspetti medico-sanitari e tutto ciò che incide sulla formazione della persona e della personalità del figlio (a titolo esemplificativo, la scelta dell'indirizzo di studi, l'opzione scuola pubblica-scuola privata, la nomina del pediatra, se effettuare o meno un'operazione chirurgica, l'orientamento religioso, ecc.).
Queste decisioni vanno condivise dai genitori, ovvero concordate nell'ambito di un progetto educativo comune.
Se c'è contrasto tra i genitori circa la decisione da assumere, è possibile ricorrere al Giudice, il quale, sentite le parti, adotterà, sostituendosi ai genitori che non sono riusciti ad accordarsi, la risoluzione ritenuta meglio rispondente all'interesse del figlio.
Diverso è, invece, il caso delle decisioni di "ordinaria amministrazione": si tratta delle decisioni routinarie, non rilevanti in modo significativo per la crescita del figlio e che ciascuno dei genitori può eventualmente assumere separatamente, autonomamente, senza il necessario consenso dell'altro.
L'affidamento esclusivo e super-esclusivo
L'affidamento esclusivo, vale a dire ad uno solo dei genitori, costituisce una modalità residuale di affidamento, applicabile limitatamente ai casi in cui l'affidamento condiviso sia dannoso al figlio.
L'art. 337 quater del Codice civile stabilisce espressamente che l'affidamento esclusivo può essere disposto soltanto quando l'affidamento ad entrambi "sia contrario all'interesse del minore".
L'indeterminatezza del dettato normativo è stata colmata dall'interpretazione giurisprudenziale che ha individuato una serie di fattispecie: e così, è stato escluso dall'affidamento il genitore violento o abusante, il genitore che aveva sistematicamente trascurato il figlio, rendendosi irreperibile e non provvedendo al mantenimento, il genitore che aveva pervicacemente ostacolato i rapporti tra il figlio e l'altro genitore.
La valutazione spetta al giudice, e va effettuata in relazione alle specifiche caratteristiche della vicenda concreta, tenendo conto esclusivamente dell'interesse del minore a crescere serenamente ed in modo equilibrato.
In generale, la conflittualità della coppia non esclude l'affidamento condiviso. Fanno eccezione i casi in cui il contrasto tra i genitori sia talmente acceso da impedire loro di portare avanti un progetto educativo condiviso per il figlio, con conseguenze negative sulla salute psico-fisica del minore.
Ed ugualmente l'affidamento condiviso non è impedito dalla lontananza tra le abitazioni dei genitori, nè dalla tenera età dei figli.
Nell'affidamento esclusivo la responsabilità genitoriale viene esercitata in via esclusiva ed unilaterale dal genitore affidatario. Il genitore non affidatario non può decidere sulle questioni di ordinaria amministrazione ed ha la possibilità di intervenire soltanto sulle scelte più significative per la crescita del figlio.
Al riguardo, l'art. 337 quater del Codice civile stabilisce che anche nell'affidamento esclusivo le decisioni di maggiore interesse per i figli debbano essere assunte congiuntamente dai genitori, ma consente al giudice di derogare a tale prescrizione.
Di fatto, nella prassi, allorquando viene stabilito l'affidamento esclusivo la deroga viene quasi sempre applicata, ed il genitore non affidatario viene escluso dalla partecipazione anche alle decisioni importanti per il figlio. Si parla, allora, di affidamento super - esclusivo.
Al genitore non affidatario resta in ogni caso un potere-dovere di vigilare sull'istruzione e sull'educazione dei figli e la facoltà di ricorrere al giudice qualora ritenga che siano state assunte decisioni pregiudizievoli.
Anche quando viene disposto l'affidamento esclusivo, il figlio conserva il diritto alla bigenitorialità, e dunque a beneficiare nella crescita del sostegno di entrambi i genitori ed a mantenere con entrambi un rapporto continuativo.
Dunque, all'affidamento esclusivo non consegue la limitazione o l'interruzione dei rapporti tra il figlio ed il genitore non affidatario, a meno che non vi siano delle condotte genitoriali (ad esempio, abusi o violenze) che rendano sconsigliabili gli incontri.
La modifica delle regole relative all'affidamento
La modifica delle regole di affidamento, con il passaggio dall'affidamento condiviso all'affidamento esclusivo o viceversa, può essere concordata tra i genitori o richiesta al Tribunale in qualunque momento.
Ai fini dell'adozione dei provvedimenti relativi ai figli, il giudice deve valutare l'interesse del minore, anche ascoltandolo direttamente.
Affidamento e tempi di frequentazione
Oltre all'affidamento, in caso di frattura della coppia genitoriale, debbono essere disciplinate sia la collocazione abitativa del figlio presso uno dei genitori, sia i periodi di tempo che il minore trascorrerà presso il genitore non convivente.
Affidamento condiviso non significa (necessariamente) che il figlio debba trascorrere tempi equivalenti presso ciascuno dei genitori: una cosa è, infatti, l'affidamento (che, come detto sopra, attiene l'assunzione delle decisioni ed i poteri gestori), altro sono i tempi di permanenza del figlio presso i genitori, fissati in un calendario adattabile alle esigenze ed agli impegni del figlio e dei genitori.
La frequentazione del figlio anche con il genitore non convivente va garantita, anche nel caso in cui questo genitore sia stato escluso dall'affidamento, salvo che ciò non arrechi pregiudizio alla sua sana ed equilibrata crescita.
Al riguardo, si sottolinea che incontrare il figlio non è soltanto un diritto per il genitore, ma un preciso dovere di legge.
Ed allo stesso modo, è un dovere giuridico per il genitore convivente promuovere attivamente e fattivamente l'avvicinamento dei figli all'altro genitore e garantire il più possibile la frequentazione.
La legge lo stabilisce chiaramente: i bambini hanno diritto di crescere fruendo dell'apporto di entrambe le figure parentali.
Barbara D'Angelo
Avvocato del Foro di Bologna
www.studiolegalebarbaradangelo.it
immagine: di Oksana Mizina su Shutterstock
Commenti
Entrambi i genitori abitano sempre vicino al figlio
IL FIGLIO ABITA CON ENTRAMBI I GENITORI!! NON ESISTE IL GENITORE CONVIVENTE E NON ESISTE IL GENITORE NON CONVIVENTE!
I tempi sono necessariamente equivalenti!