di Avv. Eleonora Georgiacodis
Il divorzio rapido
In attesa del divorzio “breve”, cioè ottenibile dopo la separazione in tempi più ridotti rispetto agli attuali tre anni, dobbiamo accontentarci, per ora, del divorzio “rapido” che ci ha proposto, col suo Decreto Legge n. 132/2014, il nostro Governo impegnato ad escogitare "Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione e altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile".
Il 10 novembre scorso esso è stato convertito nella Legge n. 162; possiamo dunque avvalercene a partire dal 7 gennaio 2015.
Si tratta di un procedimento facoltativo che consente ai coniugi di ottenere gli stessi effetti della procedura giudiziaria finora prevista per separazioni, divorzi e modifiche delle condizioni già stabilite, senza ricorrere al Tribunale.
L’unica condizione imprescindibile è il consenso reciproco dei coniugi o ex coniugi che devono necessariamente essere d’accordo sia sulla richiesta, sia sulle condizioni che andranno concordemente a stabilire e che ciascuno s’impegna a rispettare.
In questa preliminare operazione di negoziazione e stesura dell’accordo, ciascuno dovrà essere assistito da almeno un avvocato. E fin qui poco cambia rispetto al passato.
Infatti, anche in presenza di coniugi consenzienti, si è sempre ritenuto preferibile che gli accordi, specie se vi sono figli o beni in comune, fossero presi con l’assistenza di un legale in grado di suggerire le soluzioni più opportune a tutelare le diverse posizioni ed interessi.
Cosa succede oggi nelle separazioni e nei divorzi consensuali
Nella maggior parte dei casi, già prima d’ora, gli avvocati (talvolta, nelle situazioni più semplici e pacifiche, un solo avvocato, fiduciario di entrambi i coniugi), dopo aver sentito le parti, avviava tra loro una trattativa in modo da poter poi stilare un ricorso congiunto che andavano a sottoporre al Presidente del Tribunale.
Se tale trattativa era stata ben condotta e consapevolmente accettata dai coniugi, costoro, una volta davanti al Giudice, si limitavano a confermare e a sottoscrivere l’accordo, costituito dal ricorso che, in caso di separazione consensuale, era poi trasmesso al Pubblico Ministero per l’omologa, mentre, in caso di divorzio congiunto, esso era trasfuso nella sentenza pronunciata dal Tribunale in Camera di Consiglio.
Con questi atti – decreto di omologa o sentenza- si concludeva l’iter di separazione consensuale o di divorzio congiunto e lo stesso Tribunale li inviava all’Ufficiale di Stato civile per le relative annotazioni in calce ai rispettivi atti di (nascita) matrimonio.
E’ un dato di fatto, rilevato anche nell’ultimo censimento Istat del 2011 e confermato ancor oggi dalle statistiche interne di vari Tribunali, specialmente del nord Italia, che le separazioni consensuali e i divorzi congiunti superano ormai di gran lunga quelli contenziosi.
Questa situazione è motivata sia dai costi elevati sia dai tempi assai lunghi che le controversie giudiziali in materia comportano. Accade spesso che separazioni o divorzi, iniziati con procedimento contenzioso, si trasformino in consensuali e concordati già alla prima udienza di comparizione avanti al Giudice.
Appare dunque condivisibile e opportuna la proposta governativa di trasferire agli avvocati, già impegnati nelle trattative, gran parte dei compiti finora riservati al Tribunale, che, in tali circostanze, si limitava a prendere atto della volontà già espressa dalle parti e formalizzata nel ricorso, peraltro accollandosi attività meramente burocratiche.
Pratiche più veloci sia per le separazioni che per i divorzi
La negoziazione assistita in tema di famiglia, di natura prettamente facoltativa, scaturisce proprio da queste osservazioni e consente ai coniugi o ex coniugi che intendono ricorrervi di sveltire le pratiche per ottenere non solo il divorzio (inteso come scioglimento del matrimonio, se celebrato civilmente, o come cessazione degli effetti civili del matrimonio, se celebrato con rito religioso), ma anche la separazione nonché la modifica delle condizioni dell’uno e dell’altra.
Una volta raggiunto l’accordo, con l’assistenza di almeno un avvocato per ciascuna parte, esso sarà redatto e sottoscritto da entrambi i coniugi e dai rispettivi legali, che ne autenticano le firme e la conformità alle norme imperative e all’ordine pubblico, trasmettendolo poi al vaglio del Pubblico Ministero per ottenerne il nulla osta o l’autorizzazione.
Quando occorre l'autorizzazione del Procuratore della Repubblica
La differente attenzione richiesta al Pubblico Ministero, deputato a vigilare sui delicati diritti della persona, normalmente indisponibili e presidiati da garanzie costituzionali, è dovuta al fatto che questa procedura semplificata è utilizzabile dai coniugi anche in presenza di figli minori, di figli maggiorenni incapaci, economicamente non autosufficienti o portatori di handicap grave.
In questi casi diventa necessaria l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica.
Se questi non ritiene che l’accordo risponda all’interesse dei figli, dovrà trasmetterlo entro cinque giorni al Presidente del Tribunale, che entro trenta giorni fisserà l’udienza per la comparizione delle parti secondo il tradizionale percorso giudiziario.
Se invece non vi sono figli minori o maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave, l’accordo sarà sempre trasmesso al Procuratore della Repubblica ma solo per il nulla osta.
i compiti dell'Avvocato
Sugli avvocati, assai responsabilizzati in questa procedura semplificata, incombono anche altri adempimenti quali: il previo tentativo di conciliazione dei coniugi, l’informativa dell’esistenza della mediazione familiare e dell’importanza che il figlio minore trascorra con i genitori un tempo adeguato.
Da ultimo, è imposto agli avvocati l’obbligo di inviare la copia autenticata dell’accordo, che ha ottenuto il nulla osta o l’autorizzazione, all’Ufficiale dello stato civile del Comune in cui il matrimonio fu iscritto o trascritto entro dieci giorni a pena di sanzione amministrativa in caso di inadempienza.
Quando è sufficiente accordarsi davanti al Sindaco
A tutte le coppie è così data una facoltà di scelta, arricchita anche dalla previsione, contenuta nella medesima legge, di accordarsi in convenzione davanti al sindaco del Comune di residenza di uno dei due ovvero del Comune ove è iscritto o trascritto il Matrimonio qualora i coniugi, autosufficienti, siano senza prole o con figli maggiorenni, semplificando ed abbreviando così l’ordinaria procedura. L’accordo davanti al sindaco non potrà tuttavia avere ad oggetto trasferimenti patrimoniali.
Ancora tre anni di attesa per il divorzio
Nulla è invece cambiato per quanto riguarda i presupposti per ottenere la separazione, il divorzio e la modifica delle condizioni già convenute; in particolare occorrerà ancora attendere almeno tre anni dalla separazione per poter chiedere il divorzio. Il disegno di legge, approvato dalla Camera dei deputati nel maggio del 2014, con il quale è stato approvato un testo unificato di riforma che introduce il cd. divorzio breve, è tuttora all’esame del Senato.
In caso di separazione ottenuta mediante negoziazione assistita, il termine, come precisa la Circolare n. 16/2014 del Ministero degli Interni, decorrerà dalla data di certificazione del raggiungimento dell’accordo, ma sarà sempre di tre anni.
Per gli altri dubbi procedurali che il testo di legge, purtroppo, ancora solleva, bisognerà attendere che si consolidi la prassi e rilevare come e quanto si diffonderà l’utilizzo del nuovo strumento.
di Eleonora Georgiacodis
Avvocato del Foro di Milano