05 Ottobre 2012

Allattare... non è stato certo facile!

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L'inizio dell'allattamento è un periodo molto difficile, l'avvio è spesso doloroso e faticoso e porta a galla una parte di noi stesse con cui fare i conti.
Annalisa ci racconta la sua esperienza.

Avevo deciso che avrei allattato: avevo frequentato il corso pre-parto, preso appunti durante l’incontro con la pediatra, acquistato le cremine per ammorbidire il seno, l’olio di mandorle.
Bene…avevo tutto…almeno ero convinta…e aspettavo solo l’arrivo del mio cucciolo per iniziare l’avventura che pensavo fosse la più naturale, la più semplice e la più dolce del mondo; la più ovvia e naturalmente per niente difficile…allattare mio figlio!

In ospedale non ebbi grandi difficoltà, Andrea non aveva certo problemi di peso: era nato 4,05 Kg e non mi dette molto modo di sperimentarmi perché dormì per gran parte del tempo, sereno e pacioso…almeno così sembrava!!! Lo attaccavo saltuariamente e lo nutrivo con il colostro mentre cercavo di riprendermi da un parto naturale per modo di dire e non certo facile.

Al ritorno dall’ospedale mi pregustavo il dovuto riposo, ma i miei desideri ebbero vita breve perché appena Andrea sentì aria di casa si risvegliò dal suo torpore e ci fece scoprire il suo temperamento. Fu così che trascorremmo un terribile pomeriggio ed un altrettanto orribile nottata. Andrea, vicino a me nella sua cestina, si svegliava in continuazione piangendo, finché alle cinque, io e mio marito stremati e impotenti, chiamammo il nido dell’ospedale; ottenendo solamente il consiglio di somministrargli alcuni cucchiaini di acqua nell’attesa di poter parlare con la pediatra alle sette.

Ecco, dopo quelle lunghe ore insonni, con addosso la sensazione di essere impotente ed incapace nel gestire una creatura così piccola e bisognosa, l’idea di quell’attesa fu per me una prospettiva insostenibile e non ebbi né la forza, né il coraggio di chiedere ulteriore aiuto. Alla fine Andrea si addormentò alle sei ed io con lui, stremata e sfibrata. Fu così che iniziò per me e mio marito il periodo più difficile della nostra vita, che ci rimise in profonda discussione come persone e come coppia, in quel periodo io ero un surrogato di ansia, mi sentivo fortemente sotto pressione, incapace e non all’altezza di gestire la situazione.

Il piccolo Andrea piangeva spesso, anche per due ore di fila ed io non sapevo come calmarlo; anche il tenerlo in braccio, il cullarlo, il dargli la tetta spesso non serviva, rimaneva attaccato al seno per ore, rigurgitava spesso, dormiva pochissimo (a volte solo sei ore tra giorno e notte), si svegliava in continuazione e dormiva solo a contatto.
In quel periodo mi vennero le ragadi e diverse volte gli ingorghi mammari, avevo delle profonde ferite sanguinanti sui capezzoli e quando Andrea si attaccava provavo un dolore lancinante, soprattutto al seno sinistro che spesso era duro e gonfio.

Provai di tutto: dal cambiare di frequente la posizione delle poppate, alle coppette d’argento, alle creme, agli impacchi d’acqua calda e fredda. Quando, dopo tre giorni, portai Andrea dalla pediatra dell’ospedale, mi disse con una tranquillità che trasudava indifferenza, che non c’era nessunissimo problema e che l’allattamento sarebbe partito a pieno regime di lì a poco. Poi, dopo un mese, dal pediatra di base, mi sentii dire di lasciarlo tranquillamente piangere che così si sarebbe fatto i polmoni. Ma non trovai nessuno, che guardò a me come madre e che capì che stavo vivendo un intenso periodo di fragilità. Ebbi un barlume di comprensione solamente da un’operatrice sanitaria, che in una breve telefonata di routine, mi disse: “ci siamo passate tutte!”.

In quel periodo dentro di me due parti erano in profonda antitesi…ma me ne resi conto solo molto tempo dopo… c’era la parte di me convinta che i rituali serali potessero servire, assieme ai consigli di testi di bassa caratura scientifica ed era la parte legata al mio passato, alla mia esperienza pregressa che avevo trattenuto a livello inconscio e che si esprimeva attraverso diversi sintomi corporei.
Il corpo infatti esprimeva con i disagi fisici le ferite della mia anima ed in quel modo mi parlava dei miei primi anni di vita, del basso contatto ricevuto, del mio pianto inascoltato, delle molte carenze affettive. Dall’altra parte c’era invece il mio istinto di fronte ai bisogni impellenti di mio figlio ed esso mi chiedeva un cambiamento profondo per recuperare la parte di me bambina che era rimasta sopita e che ora aveva bisogno di emergere e di crescere assieme a lui.

Mi sentivo confusa, non sapevo bene quale fosse la strada da seguire; stavo troppo male per potermi ascoltare e per saper ascoltare mio figlio. Bene: e cosa potevo fare? Io volevo allattare ma con le ragadi e gli ingorghi a volte il dolore era insopportabile.

Fu attraverso alcune letture importanti, che riuscii a capire che la nascita di mio figlio aveva smosso in me emozioni profonde, fino ad allora rimaste sopite, che allattare significava instaurare con lui un legame simbiotico che io non avevo conosciuto, un legame di cui il mio corpo non serbava memoria.
Fu così che mi feci forza e presi in mano le mie ferite, la mia storia, il mio doloroso passato e che capii molte cose di me e dei miei primi momenti di vita.
Lessi Gonzalez “Un dono per tutta la vita”, mi aiutò dal punto di vista pratico e fu un valido sostegno; lessi Sears, e approfondii il sonno dei bambini e la sua fisiologia, lessi Stern, e compresi i profondi cambiamenti-sconvolgimenti che il diventare madre comporta e poi ripresi in mano la già conosciuta psicanalista C. Bergeret Amselek e capii; per mezzo della fatica e della saggezza dell’esperienza diretta, che il primo periodo di vita di un neonato è anche il periodo più faticoso per una madre, che in quel momento può vacillare o crollare sulla strada della sua nuova esperienza di “maternalità”. Ricordo un periodo di letture voraci in ogni luogo e momento per la fame di conoscenza ed il bisogno di sostegno, per poter così trovare risposte al mio malessere. E poi piano piano arrivarono anche persone nuove che mi aiutarono e sostennero, persone care che mi accompagnano tuttora.

Ricordo che desideravo allattare almeno fino al sesto mese di vita di Andrea per poter poi introdurre altri cibi e che ciò mi sembrava un traguardo lontanissimo e difficile da raggiungere. Però proseguii sostenuta da una forza che pian piano cresceva dentro di me; andai avanti con la sensazione di quanto fosse per me faticoso e sconvolgente allattare e comprendendo che se una mamma non lo fa non è certo per cattiveria o per insensibilità ma perché non ha trovato il giusto sostegno e supporto attorno a sé.
Ora che Andrea ha 21 mesi e che tutto è molto più facile e naturale, ora vorrei accompagnare per mano altre mamme, ascoltarle e rincuorarle un po’ e dire loro che il diventare madri è l’avventura più sconvolgente, impegnativa e forte che una donna possa vivere e l’allattamento lo è di conseguenza.

Annalisa Gaspari
Mamma e Pedagogista clinico

 

immagine di Carin Araujo

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Commenti  

Chiara
# Chiara 2012-10-14 19:44
Non vi capirò mai...io con prolasso anale,flebo per anemia e lacerazioni gravi per un parto durato 24 ore ho allattato sempre.Sempre.E d ora,a sei mesi,ancora allatto...
Mi ha fatto male,lo scatto di crescita è stato difficile,ho avuto ragadi ( all'inizio) e stavo perennamente a letto in condizioni pietose,e allattavo.
Lo rifarei altre mille volte.Ero,e sono felice.
Però ho pianto molto,e sapete perchè?Perchè tutti mi dicevano che viziavo la mia piccola,di darle l'artificiale,c he avrei perso i capelli,che ero troppo gonfia per colpa dell'allattamento.
Ecco, il mio vero problema è stato l'ignoranza della gente.Che pena.
Allattare è MERAVIGLIOSO.
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