Il mio 8 marzo è iniziato alcuni mesi fa seduta sui banchi del Parlamento del nostro Paese. Era il 25 novembre e con altre 1300 donne, abbiamo invaso, con la delicatezza e la forza proprie delle donne, la più importante istituzione italiana. Ci siamo abbracciate in modo virtuale, abbiamo aperto cuori, orecchie e menti, per ascoltare le parole di alcune tra noi che portavano, attraverso la loro dolorosa storia personale, la voce di migliaia di altre donne (#inquantodonna).
E’ stato un incontro che ricorderò per tutta la vita, perché vedere il Parlamento tingersi di donna, l’energia di sorellanza e di coesione che si respirava, è stato straordinario: un evento unico che spero abbia imbevuto quegli scranni dell’energia di forza e pace che si respirava.
In quella giornata dedicata alla sensibilizzazione sui sopprusi, la violenza e le discriminazioni delle donne, ero lì, con altre meravigliose persone, per testimoniare e ricordare la violenza ostetrica sulle donne. E oggi ve ne parlo perché forse non c’è violenza con un valore tanto simbolico quanto quello, in questa data, 8 marzo.
La violenza ostetrica è quella forma di violenza fisica e/o psicologica che viene fatta alle donne durante il loro percorso di maternage: gravidanza, parto, allattamento.
Perché ha un valore così simbolico: perché la capacità generativa della donna è proprio la caratteristica madre delle differenze biologiche, di sensibilità, fisiche, mentali che distingue la femmina dal maschio, il femminile dal maschile. Esercitare dunque una violenza su questo elemento caratterizzante del femminile è proprio come minare il femminile alle fondamenta.
Io donna ho il grande potere di dare alla luce e sfamare ogni individuo che viene al mondo, ho dunque nella mia essenza e nel mio DNA una forza creatrice straordinaria, potentissima e che mi assimila al divino. Ma se questo grande potere, che è la mia essenza, è sminuita, se viene tolta dignità o valore a questa abilità straordinaria, all’incredibile capacità trasformativa del mio corpo, alla forza quasi sovrumana richiesta dal passaggio del parto, alla dedizione e impegno incredibile richiesto dall’allattamento, allora tolgo ogni valore all’essenza del femminile. E questo ha una ricaduta terribile sulle donne tutte; non sulle madri, non su chi ha partorito in un modo o nell’altro, non su chi ha o non ha allattato, ma sulle donne. Le donne giovani, le donne mature, le donne con e senza figli, quelle che scelgono o meno, che riescono o meno ad allattare.
La violenza ostetrica è una violenza che viene perpetrata quotidianamente, impunemente e su ogni ceto di donne, su donne amate e protette e su donne che già sono oggetto di altre violenze. Come spesso accade, è una violenza agita facendone sentire responsabile la vittima.
Le donne in travaglio vengono insultate, minacciate, sminuite:
“Smettila di lamentarti! Falla finita! Non sei mica l’unica che fa i figli!”
“Se non ti sbrighi a farlo uscire ti faccio un bel taglio e te lo faccio uscire io!”
Le donne vengono violate: costrette all’immobilità su un letto mentre sono sconquassate dalle contrazioni, costrette con i genitali esposti a decine di persone che entrano ed escono dalla sala travaglio, che possono, senza chiedere il permesso, infilare le mani nei loro orifizi, impugnare le forbici e fare pratica di taglio e cucito sulle loro vulve e vagine, che decidono che i tempi della natura non si confanno ai loro impegni e decidono di accelerare le cose con pericolose spinte sulla pancia, infusioni di ormoni sintetici per accelerare il travaglio; le donne vengono private del primo contatto con il bebè, spesso allontanati e tenuti lontano, non sono la mamma o il papà ad accoglierli alla vita, con l’odore della loro pelle, la prossimità, il calore del loro amore, no, perché bisogna lavarli, centrifugarli e stirarli prima, e poi devono stare al nido…
Le donne vengono sminuite nelle loro capacità o nel loro sentire: “il bebé sta bene, quello è l’importante, cos’hai da essere così triste” (alias: se le cose non sono andate come pensavi, non farla tanto lunga, sei solo una lagnosa), “tanto il latte non ce l’hai, cosa ti ostini tanto” (non sei buona neanche a seguire la natura, non ha neanche senso aiutarti)...
La violenza ostetrica, esercitata sulle donne da uomini e da altre donne, è una violenza che non viene percepita e raccontata come tale, viene considerata una prassi normale e necessaria. Il modo in cui si fanno le cose. Ma è riconoscendola che eradichiamo il germe del sopruso, delle ingiustizie e dei pregiudizi che vedono la donna come sacrificabile, meno importante, meno dotata, meno, meno.
In questa data simbolo del femminile, l’8 marzo, come già in passato, la nostra missione è di aiutare a fare luce anche su questa forma di abuso che colpisce le donne e viene considerata normale, dovuta, lecita, legittima… 70 anni fa era considerato lecito, normale, legittimo che la moglie venisse sgridata e picchiata dal marito; se lui riteneva fosse giusto era giusto anche per tutti gli altri, perfino per la legge. Oggi sappiamo che quella era un violenza di genere, grave, inaccettabile e impunita, che ancora oggi ha riflessi… Cogliete l’analogia?
I numeri della violenza ostetrica
Se leggendo stai pensando: “Si ok, ma questi sono casi limite!” ricrediti… purtroppo.
Nel 2017 la DOXA ha condotto una ricerca con rilevanza statistica a livello nazionale dal titolo “Le donne e il parto”:
il 21% delle mamme italiane con figli di 0-14 anni dichiara oggi di aver subito un maltrattamento fisico o verbale durante il primo parto.
Durante l’esperienza che dovrebbe essere la più emozionante nella vita di una donna, 4 mamme su 10 dichiarano di aver subito azioni lesive della dignità personale.
Ovvero negli ultimi 14 anni la stima è che 1 milione le madri in Italia affermano di essere state vittime di una qualche forma (fisica o psicologica) di violenza ostetrica alla loro prima esperienza di maternità. Un’esperienza così traumatica che avrebbe spinto il 6% delle donne, negli ultimi 14 anni, a scegliere di non affrontare una seconda gravidanza (a quanto pare non è solo l’aspetto economico a fare paura nel mettere al mondo un figlio. Questa motivazione da sola abbassa di 20.000 il numero di nati ogni anno a causa della violenza ostetrica subita dalle madri).
Secondo l’indagine: 1 donna su 2 (54%) ha subito l’episiotomia, il taglio dei genitali durante il parto, pratica che l’OMS definisce “dannosa, tranne in rari casi” (che dovrebbero attestarsi quindi sotto il 5%). Episiotomia “a tradimento” (senza consenso informato) per 1,6 milioni di partorienti.
Il 15% delle donne che hanno vissuto questa pratica, circa 400.000 madri, l’hanno vissuta come una menomazione degli organi genitali, mentre il 13% delle mamme, pari a circa 350.000, con l’episiotomia ha visto tradita la loro fiducia nel personale ospedaliero.
1 donna su 3 si è sentita in qualche modo tagliata fuori dalle decisioni e scelte fondamentali che hanno riguardato il suo parto.
In Italia, il 32% delle partorienti ricorre al parto cesareo. Di queste, il 15% racconta che si è trattato di un cesareo d’urgenza. Nel 14% dei casi, rivela l’indagine, si è trattato di un cesareo programmato su indicazione del medico, mentre solamente il 3% di donne ne ha fatto esplicita richiesta. Nel 1980 i tassi di cesareo erano dell’11,2% (fonte ISS).
La lista degli abusi è lunga… nel 2016 Elena Skoko e Alessandra Battista, rappresentanti in Italia per Human Right in Child Birth, diedero il via alla campagna #bastatacere le violenze subite durante gravidanza, parto, puerperio e allattamento.
In 15 giorni, la pagina ufficiale di Facebook Bastatacere totalizzò 21.000 like per circa 700.000 visite giornaliere e 70.000 interazioni e ricevette oltre 1.100 testimonianze di violenza.
La campagna #bastatacere era legata alla proposta di legge “Norme per la tutela dei diritti della partoriente e del neonato e per la promozione del parto fisiologico”presentata nel marzo 2016 e dall’on. Adriano Zaccagnini per cercare di riconoscere, anche in Italia, la violenza ostetrica come reato.
Oggi in Italia esiste l’Osservatorio sulla Violenza Ostetrica Italia (OVOItalia), per proseguire, dopo #bastatacere, nella raccolta di testimonianze di violenza ai danni delle partorienti durante le fasi del travaglio e del parto.
In Italia non esiste ancora una legge a tutela della donna contro la Violenza Ostetrica, in molti Paesi invece si. Ne parla a chiare lettere il Consiglio per i diritti Umani, dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che chiede agli Stati membri che :
“Prevengano la strumentalizzazione delle donne nello svolgimento del parto ed assicurino che vengano irrogate sanzioni per la violenza ostetrica e ginecologica, inclusa l’esecuzione di tagli cesarei abusivi, il rifiuto di dare alle donne sollievo dal dolore durante il parto o durante l’interruzione chirurgica della gravidanza e la realizzazione di episiotomie non necessarie.”
Diamo dignità, valore e sacralità a ciò che contraddistingue l’essenza del femminile, impariamo a riconoscere la violenza ostetrica, chiediamo una legge a nostra tutela. Diciamo NO a ogni forma di abuso e violenza sulle donne.
di Barbara Siliquini
crediti immagine donna incinta: di ATeam su Shutterstock
Commenti
A volte ci penso ancora e sono passati 16 anni.. e ho un magone in gola terribile.
Tutte devono e possono allattare!
Il bambino non può mai essere separato dalla madre