Con questo suo scritto, un po' denuncia e un po' poesia, Monia ci lancia un messaggio importante: siamo tutti umani...e restiamolo.
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Ogni giorno leggo, mi informo, rabbrividisco, poi mi risollevo per un soffio di speranza.
Quello che ogni giorno vivo, ad ogni notizia sui figli di questo mondo mi fa venire in mente mia nonna che aveva un modo tutto suo di esprimere il concetto del “siamo tutti umani e restiamolo”. Ascoltava i commenti della gente di fronte alla morte, diversi e accesi da sentimenti contrastanti a seconda che si trattasse di una brava persona, di un delinquente, di uno sconosciuto, di un personaggio noto. Lei sospirava, si dispiaceva e diceva: “Era sempre un figlio di mamma”.
Forse è da lei che ho imparato, forse da lei mi viene questo pensiero.
Sono la mamma di un assassino che mi fa sanguinare il cuore e chiedere dove ho sbagliato; il mondo lo condanna a ragione e io perseguo nel torto di difenderlo perché lo amo
Sono la mamma di una vittima rimasta schiacciata dalla crudeltà di quell’assassino; il mio dolore è un burrone nero nel cuore e la vita è una tortura che sembra non avere fine, né giustizia.
Sono la mamma di un bimbo vissuto troppo poco perché potessi vederlo crescere e la sofferenza mi strizza l’anima, prosciugandola e poi allagandomi di lacrime, impastandola con tutti i perché e i come sarebbe stato a cui non potrò mai rispondere.
Sono la mamma di un premio nobel, del vincitore della coppa del mondo, di colui che è salito sul gradino più alto e non mi sembra vero di averlo nutrito e tenuto in braccio. Oggi come ieri vivo con la tristezza della sua lontananza e l’orgoglio per la sua stessa ragione.
Sono una profuga, mamma di un piccolo che scappa con me; col viso sporco mi chiede da bere e da mangiare senza che io possa accontentarlo nel più elementare dei bisogni.
Sono la mamma di un figlio suicida consumato dal bullismo, che si è spento senza che fossi capace di vedere la pena che portava, quella pena grande come il senso di colpa che mi condanna.
Sono una mamma uccisa dall’uomo che credevo mi amasse e che non ho voluto guardare in faccia. Adesso è solo il viso dei miei figli che vorrei vedere, proteggere come non ho fatto finora.
Sono la mamma di un bambino down e quando urlo al mondo che mi rende felice anche nella sua diversità sono “patetica” o “poverina” le parole che mi capita di sentire di più.
Sono la mamma di un pianto e di una risata, in un’alternanza di dolori e gioie mi sento piena della vita che ho donato.
E per quanto ci sentiamo diverse dalle altre, per quanto lavoriamo per indirizzare la nostra vita e quella dei nostri figli su altre strade pensando che “a noi non possa capitare”, dovremmo sempre ricordarci che di mamme, come di donne, ne esistono tanti tipi quante ce ne sono al mondo. Ma è l’amore per i figli che a volte si somiglia ed è in questo che siamo simili.
di Monia Scarpelli, autrice di “Mani di vaniglia: nascita di una mamma in 40 settimane”