Può sembrare paradossale, ma fino a quest'anno per la legge se io avessi avuto due figli, uno con mio marito e uno da un'altra relazione, tra i miei figli per la legge non sarebbe esistito un rapporto di parentela, né tra il figlio nato fuori dal matrimonio e i suoi nonni. Anche in caso di morte di un genitore o di un nonno, il trattamento non era omogeneo tra i figli “naturali” e “legittimi”; ora le cose sono cambiate, ce lo facciamo spiegare da un avvocato.
La legge e le novità
Con il decreto legislativo 28.12.2013, n. 154, entrato in vigore il 7 febbraio 2014, è stata completata la riforma della filiazione, avviata con la legge 10.12.2012, n. 219, che aveva introdotto alcune innovazioni significative nella disciplina dei rapporti di filiazione, prevedendo poi un’ampia delega al governo per il suo completamento, con l’intento dichiarato di “eliminare ogni discriminazione tra i figli, anche adottivi, nel rispetto dell’articolo 30 della Costituzione”.
L’art. 315 del codice civile, integralmente modificato dalla riforma, stabilisce che “Tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico”. Sul piano lessicale, è stata espressamente stabilita l’eliminazione, in tutta la legislazione vigente, delle espressioni “figli legittimi” e “figli naturali”, resta solo l’utilizzo della denominazione “figli nati nel matrimonio” i “figli nati fuori del matrimonio”, per alcune specifiche previsioni.
Si completa così un processo in verità già avviato con la riforma del diritto di famiglia del 1975, quando tra l’altro era stata eliminata la dizione “figli illegittimi”, riferita ai figli nati da genitori non coniugati.
Viene dunque sancito lo statuto unico del figlio, con ciò dando rilievo principale al fatto che il rapporto di filiazione deriva unicamente dalla procreazione e riconoscendo finalmente il principio per il quale non vi devono essere conseguenze sui figli derivanti dalle scelte dei loro genitori, quale quella di sposarsi o meno.
L’altra grande novità in questa direzione è dunque questa, il rapporto di parentela deriva dalla procreazione e non dalla famiglia fondata sul matrimonio; è stato infatti modificato l’art. 74 del codice civile che prima definiva la parentela come “il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite” e che oggi precisa che ciò vale “sia nel caso in cui la filiazione è avvenuta all’interno del matrimonio sia nel caso in cui è avvenuta al di fuori di esso, sia nel caso in cui il figlio è adottivo”. Può sembrare paradossale, ma davvero prima di questa riforma non c’era rapporto di parentela giuridicamente rilevante tra due fratelli “naturali”, né tra il figlio e gli ascendenti dei propri genitori. In materia di successioni ereditarie vi erano diversi profili di discriminazione tra i figli (“naturali” e “legittimi”) derivanti dal vecchio concetto di parentela, ora superati dalla riforma che ha ridisegnato molte norme anche in questo ambito.
Dalla potestà genitoriali alla responsabilità del genitore
Il processo di parificazione si è tradotto in un vero e proprio “restyling” del codice civile, con una nuova collocazione sistematica delle varie norme che riguardano i rapporti tra genitori e figli.
Il titolo IX del libro I del codice civile non si intitola più “Della potestà dei genitori”, bensì “Della responsabilità genitoriale e dei diritti e doveri del figlio”.
Ora vi è un unico corpo di norme che regolano lo statuto del figlio e i suoi diritti e doveri, nonché quelli dei genitori, siano essi coniugati o meno.
I diritti di un figlio e i suoi doveri
Dopo avere dichiarato che tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico, ovvero sono figli, non più legittimi o naturali, ma unicamente figli, si prevede (art. 315 bis “ Diritti e doveri del figlio”) che il figlio:
- - ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni
- - ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti
- - ha diritto di esser ascoltato nelle procedure che lo riguardano, quando ha compiuto i dodici anni o, in caso di età inferiore, se capace di discernimento
- - deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie capacità, alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive con essa.
Il dlgs 154 del 2013 introduce un’altra modifica importante sul piano lessicale, cioè l’abolizione della parola “potestà parentale”, ora sostituita da “responsabilità genitoriale”.
Responsabilità dei genitori anche oltre la maggiore età...
L’art. 316 c.c., applicato a tutti i figli, prevede che entrambi i genitori abbiano la responsabilità genitoriale, che viene esercitata di comune accordo tenendo conto delle capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni del figlio e senza più il limite del raggiungimento della maggiore età, in sostanza fino al raggiungimento dell’indipendenza economica.
La responsabilità di "entrambi" i genitori
I genitori di comune accordo stabiliscono la residenza abituale del minore.
Questa norma chiarisce definitivamente che i genitori esercitano sempre entrambi la responsabilità genitoriale quando il riconoscimento del figlio (nel caso di figlio nato fuori dal matrimonio) viene fatto da tutti e due; ciò avviene a prescindere dal fatto che i genitori convivano o meno, e anche se non hanno mai vissuto insieme.
Prima, la norma era formulata diversamente e in caso di genitori non conviventi attribuiva l’esercizio della “potestà” (oggi “responsabilità”) al genitore con cui il figlio conviveva o se il figlio non conviveva con nessuno dei due, a quello che aveva fatto per primo il riconoscimento.
Questa previsione era stata ritenuta in contrasto con la normativa sull’affidamento condiviso, tanto che vi era stata una pronuncia della Corte di Cassazione che la riteneva sostanzialmente abrogata, ma la questione non era ritenuta pacifica. Ora con la riforma si è fatta chiarezza sul punto.
I genitori hanno dunque pari responsabilità nelle scelte educative, di cura e crescita dei figli, sempre e comunque, anche se non hanno mai vissuto insieme.
Nel caso i genitori non siano d'accordo
In caso di contrasto tra i genitori su questioni particolarmente importanti, ciascuno dei due può rivolgersi al giudice indicando le scelte che ritiene più idonee. Il giudice sente i genitori e dispone l’ascolto del minore (che abbia compiuto 12 anni o, se di età inferiore, se capace di discernimento) e suggerisce le determinazioni che ritiene più utili nell’interesse del figlio e dell’unità familiare; se il contrasto permane, il giudice attribuisce il potere di decisione al genitore che ritiene più idoneo a curare gli interessi del figlio.
E’ stata eliminata la previsione per la quale, in caso di “incombente pericolo di un grave pregiudizio per il figlio” veniva attribuito al padre il potere di adottare le decisioni urgenti e indifferibili.
Genitori e nonni sono tenuti al mantenimento dei figli
Il 316 bis c.c. prevede che i genitori debbano adempiere i propri obblighi di mantenimento dei figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacita di lavoro professionale o casalingo. In caso in cui i genitori non abbiano mezzi sufficienti gli ascendenti (i nonni) sono tenuti a intervenire fornendo ai genitori i mezzi per adempiere al loro dovere di mantenimento dei figli.
Si è introdotto il concetto di “responsabilità genitoriale”, superando una vecchia dizione, e introducendo un concetto più ampio che comprende tutto l’insieme di doveri e facoltà del genitore nell’istruzione, cura, crescita, educazione del figlio. Si mette a fuoco l’attenzione sul figlio, rinforzandosi così il principio del suo diritto alla bigenitorialità, ossia ad avere due genitori corresponsabili delle scelte che lo riguardano e ad avere un rapporto equilibrato e significativo con entrambi .
Quando interviene la crisi di coppia
E’ stata poi raccolta in un unico corpus di norme la disciplina della regolamentazione dell’affidamento e del mantenimento dei figli, quando interviene la crisi della coppia genitoriale.
Sono stati inseriti gli articoli da 337 bis a 337-octies, raggruppati sotto il capo “Esercizio della responsabilità genitoriale a seguito di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullità del matrimonio ovvero all’esito di procedimenti relativi ai figli nati fuori dal matrimonio”; dunque, che si tratti di separazione, divorzio, nullità del matrimonio, cessazione di una convivenza o frattura di una relazione tra genitori anche non conviventi, le regole sostanziali per definire le condizioni di affidamento dei figli, la regolamentazione dei rapporti tra i figli e ciascun genitore e il loro mantenimento degli stessi sono le stesse.
La regola generale è sempre quella dell’affidamento condiviso, ovvero dell’esercizio della responsabilità genitoriale da parte di entrambi i genitori i quali, anche dopo la frattura della loro unione, dovranno assumere di comune accordo le decisioni di maggiore interesse per i figli riguardanti l’istruzione, l’educazione, la salute, la scelta della residenza abituale del minore, tenendo conto delle loro capacità, dell’inclinazione naturale e delle loro aspirazioni.
Solo in casi marginali, qualora l’affidamento all’altro genitore sia contrario all’interesse del minore, il giudice può disporre l’affidamento esclusivo, in sostanza stabilendo che l’esercizio della responsabilità genitoriale sia affidato a un solo genitore; comunque, anche in questo caso, l’art 337 quater oggi precisa che in linea generale (salvo diversa disposizione da parte del giudice) le decisioni di maggiore interesse per i figli siano adottate da entrambi. In ogni caso, il genitore a cui non sono affidati i figli (in caso di affidamento esclusivo all’altro) ha il diritto e il dovere di vigilare sulla loro educazione e istruzione e si può rivolgere al giudice se ritiene che vengano prese decisioni che arrecano danno o pregiudizio.
Cos'è l'affidamento condiviso
Va chiarito che l’affidamento condiviso riguarda l’esercizio della responsabilità genitoriale e non deve essere confuso con il collocamento dei figli, ovvero il luogo ove essi convivono, la casa di uno dei due genitori dove viene stabilita la loro residenza, anche anagrafica.
Affidamento condiviso non vuole dire suddivisione a metà del tempo che i figli trascorrono con i genitori, riguarda i diritti e i doveri dei genitori nell’esercizio del loro ruolo, implica e impone il confronto attivo su tutte le questioni che riguardano il figlio, contempla anche la discussione e il litigio, costruttivi, ovviamente. Vuole dire “corresponsabilità”. I figli saranno collocati, per forza di cose, presso uno dei due genitori, dovranno avere una residenza anagrafica.
Quanto al tempo che trascorreranno con l’uno o con l’altro, ciò dipenderà da caso a caso, a seconda delle situazioni concrete e dalle esigenze organizzative di ogni nucleo.
Sempre nell’ottica del processo di parificazione tra i figli, va detto che la riforma ha introdotto un’altra importante novità, ovvero ha previsto che rientrano nella competenza del Tribunale Ordinario, oltre ad una serie di altri procedimenti riguardanti i minori, anche le questioni che riguardano la regolamentazione delle condizioni di affidamento dei figli nati fuori dal matrimonio e il loro mantenimento in caso di crisi della coppia genitoriale. Pertanto, tali questioni non dovranno più essere definite dinnanzi al Tribunale per i Minorenni, come invece accadeva prima; quanto esposto su questo tema in un precedente articolo su questo sito deve quindi ora ritenersi superato.
La riforma della filiazione è dunque il frutto di un radicale cambio di prospettiva nella disciplina delle relazioni familiari, che pone al centro il figlio.
E’ una riforma epocale. Il legislatore ha preso atto della realtà dei molteplici modelli familiari, diversi dal tradizionale modello di famiglia unita e basata sul matrimonio. Ci sono le famiglie fondate sul matrimonio, quelle fondate sulla convivenza, ci sono quelle “disgregate” dalla separazione o dal divorzio, ci sono quelle che sorgono dalla composizione di nuovi nuclei familiari quando dopo separazione o divorzio i partner si risposano o avviano nuove convivenze, ci sono le coppie che hanno figli senza avere mai convissuto, etc. A compensazione dell’instabilità delle relazioni di coppia e stante la piena crisi del modello tradizionale di famiglia, vi è una sorta di rafforzamento dei legami familiari tra i singoli individui, che si realizza mettendo al centro della visione prospettica il figlio, a cui vengono garantiti la piena partecipazione di ciascuno dei genitori alla sua crescita, a prescindere dal tipo di relazione della coppia, e il diritto ad avere relazioni significative con i parenti di ciascun ramo genitoriale.
di Eleonora Georgiacodis
avvocato del foro di Milano
Immagine: Daria su Flikr
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I tempi sono per forza paritari!