La conciliazione maternità-lavoro è impossibile

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Parliamo di parità di diritti tra uomo e donna.

Oggi è l'8 Marzo, festa della donna, una festa che quest'anno è anche uno sciopero globale delle donne a cui hanno aderito più di 50 paesi con lo slogan "Se le nostre vite non valgono, noi ci fermiamo", una chiara allusione alle tante donne vittime di violenza degli ultimi anni.

Per contribuire alla discussione sulla parità di diritti oggi parte l'iniziativa #davveropari: per tutto il mese di marzo si parlerà di donne, di maternità, di formazione, di educazione, di relazioni...e di molti altri temi, girando a tutto tondo nell'universo femminile per riflettere insieme. 

Conciliazione maternità-lavoro?

Oggi parliamo di conciliazione maternità-lavoro, due parole che ricorrono spesso nei titoli di giornale e che a me fanno salire subito il sangue al cervello.

Com'è possibile che ancora parliamo di conciliare la maternità con il lavoro come se avere un figlio fosse una questione che riguarda solo le donne?

Perché non si parla mai di conciliazione paternità-lavoro?

E poi perché si parla solo di lavoro? Oltre a fare figli e lavorare non sarebbe ora di prevedere anche degli spazi personali di realizzazione?
OK forse sto correndo troppo, sono ancora un'inguaribile idealista.

Torniamo con i piedi per terra e iniziamo a risolvere la questione di come conciliare la sacrosanta voglia di avere dei figli con la sacrosanta voglia di realizzarsi a livello professionale ed essere economicamente indipendenti.

La scelta impossibile

Per tutta la mia prima gravidanza ho pensato a come avrei potuto conciliare la mia voglia di crescere mia figlia dedicandomi e prendendomi cura di lei con la mia voglia di realizzarmi professionalmente e ogni volta mi veniva da piangere, da qualunque prospettiva girassi il problema non vedevo via d'uscita.

Dovevo fare una scelta, o di qua o di là, non c'erano molte vie di mezzo possibili. 

Alla fine ho fatto ciò che sentivo giusto e ho mantenuto il mio lavoro al minimo sindacale per poter investire tempo ed energia nella mia famiglia mentre mio marito provvedeva a mantenere tutta la famiglia.
Non mi sento né migliore né peggiore delle donne che hanno fatto una scelta diversa, anzi mi sento triste per tutte perché credo che le soluzioni per conciliare le due cose esistano, solo che prevedono una genitorialità condivisa e un supporto alla famiglia che non esiste.

I ruoli e i compiti all'interno della famiglia

Una volta i compiti in una famiglia erano chiari, la donna si prendeva cura della casa, dei figli e del marito mentre il marito lavorava e portava a casa lo stipendio per mantenere la famiglia. 
Una divisione pratica e che funzionava bene, peccato che annullasse completamente la possibilità di realizzazione di quelle donne che avrebbero volentieri passato la giornata fuori casa impegnate sul lavoro (e i padri che avrebbero scelto di ribaltare i ruoli) e che, in una cultura in cui chi porta a casa i soldi conta di più, questa divisione dei compiti avallasse la visione della donna come subalterna rispetto al marito.

Con l'avvento del femminismo negli anni '70 i ruoli classici dell'uomo e della donna sono stati stravolti, improvvisamente le donne non solo volevano decidere cosa fare della propria vita ma si sentivano anche padrone del loro corpo. sfruttato per anni solo come generatore di figli. Per reazione a tutti gli anni in cui il corpo delle donne è stato usato (e abusato), le donne hanno iniziato a delegare la cura dei propri figli per poter essere più libere e indipendenti.

Il ruolo della donna nella maternità

Oggi, a differenza delle femministe degli anni '70, noi donne abbiamo la piena consapevolezza dell'importanza del ruolo che madre natura ci ha donato: la capacità di partorire e allattare i nostri bambini. E sappiamo, dagli innumerevoli studi scientifici, che la qualità del legame che il bambino sviluppa nei primi anni con la madre è uno dei fattori determinanti per il suo benessere psicofisico.

Quindi ci troviamo tutte, chi più chi meno, ad un bivio in cui dobbiamo dividerci in due, vogliamo vivere appieno il ruolo di madre, vogliamo prenderci cura dei nostri figli al meglio possibile, vogliamo mettere le basi fin dall'inizio di una relazione profonda con i nostri figli, non crediamo più (se mai ci abbiamo creduto) al tempo di qualità, sappiamo che i bambini hanno bisogno di tanto tempo e di tanto impegno, soprattutto nei primi anni.

Ma vogliamo anche avere la possibilità di realizzare le nostre aspirazioni professionali, quelle per cui abbiamo tanto studiato, abbiamo fatto la nostra "gavetta" e ci troviamo quasi sempre nel pieno della nostra età fertile proprio nel momento in cui anche il lavoro richiederebbe un investimento in termini di tempo, vogliamo essere indipendenti economicamente anche per poterci svincolare da situazioni difficili, sappiamo di avere le stesse possibilità potenziali degli uomini in tutti i campi e non ci basta dedicarci solo alla cura della casa e dei figli (e se ci basta vogliamo che sia riconosciuto come un lavoro prestigioso).

Ma questo figlio l'ho fatto da sola?

Quante volte avete sentito frasi come queste:
 
"Mio marito è bravo, mi aiuta sempre con il bambino",
"io sono fortunata, il mio compagno non si fa problemi a cambiare i pannolini",
"certo per lei è facile, è sempre il marito ad alzarsi di notte"...

Le stesse frasi si dicono anche per quel che riguarda la cura della casa ma secondo me nel caso dei figli sono ancora più gravi perché i figli non sono solo una cosa da fare, sono esseri umani e hanno bisogno di cure e il papà ha un ruolo fondamentale nella crescita dei figli.

Per quale motivo un papà non dovrebbe alzarsi di notte a consolare suo figlio? Non saranno mica tutti camionisti che rischiamo di addormentarsi alla guida il giorno dopo sul lavoro no?
Per quale motivo un papà non dovrebbe cambiare il pannolino di suo figlio? 

Abbiamo mille stereotipi, sono incisi profondamente nelle nostre teste, se mi osservo ne colgo tantissimi anche se quando ci crediamo dei grandi progressisti in materia di parità di genere abbiamo tutti questi preconcetti, donne e uomini.
Ci vorranno intere generazioni perché le cose cambino, soprattutto se pensiamo che in molte parti del mondo alle donne mancano i più elementari diritti umani.

Una parità di genere nell'ambito della cura dei figli potrebbe iniziare dando ai papà almeno 15 giorni di permesso retribuito per la nascità di un figlio, non sarà risolutivo ma intanto dà la possibilità fin da subito di dividersi equamente i compiti e lascia alla famiglia un tempo per riadattarsi alla nuova situazione.
Orari di lavoro ridotti e flessibili sarebbero un buon proseguimento...

Avere dei figli è una questione personale o collettiva?

Qui si apre una questione complessa e controversa. Se è vero che i genitori sono responsabili dei propri figli e scelgono se avere figli e quanti, è anche vero che un paese a crescita zero va incontro a una serie di problemi economici e strutturali non da poco.
I bambini sono il futuro, questo ce lo dicono tutti ma l'onere di crescerli è a carico dei genitori e se si parla di conciliazione si nominano sempre e solo gli asili nido ma gli asili nido risolvono solo una piccola parte del problema.

Ci sono molte altre cose che lo Stato potrebbe fare per facilitare la vita delle famiglie e non parlo solo degli incentivi economici: è necessario ricreare quel tessuto sociale e connettivo che una volta era formato dalle mamme, dalle zie e dalle nonne. 
C'è bisogno di un aiuto esterno alla famiglia che possa arrivare laddove i genitori non arrivano, creando strutture, spazi e tempi fin dai primi mesi.
Per cominciare si potrebbe estendere la maternità obbligatoria fino ai 7 mesi di vita del bambino visto che in tutte le campagne a favore dell'allattamento si sostiene l'importanza di allattare almeno 6 mesi in modo esclusivo.

E' solo coinvolgendo il papà e la società tutta che si potrà arrivare ad una vera conciliazione e per favore smettiamo di chiamarla conciliazione maternità-lavoro, iniziamo a chiamarla conciliazione genitorialità-realizzazione professionale (e personale).

 

di Barbara Lamhita Motolese

 

Immagine principale: happy family on Shutterstock

Barbara Lamhita Motolese

Amo l'innovazione in tutti i campi, e come mamma mi sono scoperta innovativa facendo scelte del passato!
Vivere la mia genitorialità ricercando la coerenza con il mio sentire e con il mio pensiero, mi ha portato a esperienze poco comuni e molto felici: il parto in casa, il co-sleeping, il babywearing, e l'homeschooling... per citarne alcune.
Sono un'appassionata custode della nascita e della genitorialità consapevole.
Ho dato vita a Lallafly.com e al suo blog GenitoriChannel.it per coniugare la mia passione dei temi genitoriali con quella per il web.

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Commenti  

antonella
# antonella 2024-08-27 20:40
Un genitore non può lavorare fuori casa.
Nessun genitore può delegare la cura dei propri figli.
Non esistono asili nido, e nessun bambino potrebbe andare al nido
Perché parli solo del vecchio lavoro come dipendente dell'era industriale, con orari e un luogo di lavoro esterno alla casa? La nuova economia offre tantissime altre possibilità!
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