Dialogare con un figlio: si può? Nell’epoca della grande comunicazione e dell’innovazione tecnologica, in cui siamo sempre più abili nello scambiarci rapidi messaggi, può capitare di sentirci allo stesso tempo in difficoltà nel dialogare costruttivamente con i nostri figli.
Ci sforziamo di parlare il loro linguaggio, di usare i loro strumenti, di calarci nelle loro realtà, ma spesso non riusciamo a raggiungere i risultati sperati. Musi lunghi, sguardi persi nel vuoto, comunicazioni interrotte bruscamente, ecc., sono ormai all’ordine del giorno.
Molte famiglie vivono tutt’oggi di silenzi, di incomprensioni, di omertà, così come di allarmismi e facili tensioni.
Perché mio figlio non mi parla più?
Guardando i nostri figli, siamo soliti osservare: “Perché non mi parla più?” oppure “Perché è sempre arrabbiato?” oppure ancora “Come mai fa così?”. Molti genitori addossano la responsabilità di tale assenza di dialogo esclusivamente alle caratteristiche delle nuove generazioni, alle loro mode, alle tendenze, alla criticità adolescenziale, ecc. Sempre meno sono coloro che si pongono in maniera costruttiva nell'analizzare ciò che la nostra comunicazione può provocare nei loro confronti.
Ormai è un dato di fatto da cui partire: la nostra modalità comunicativa influisce significativamente sulla serenità emotiva dei nostri ragazzi. Cosa diciamo loro, come e in che contesto, fa spesso la differenza.
L’idea che abbiamo di loro, come ce li configuriamo nella nostra mente, influenza la relazione che vi instauriamo. Dietro alla nostra idea di loro si cela come li vediamo, se ciò che stanno facendo è per noi giusto o no, se ai nostri occhi risultano più o meno “sbagliati”, ecc…
La comunicazione non è solo ciò che viene detto
E’ come se dietro ad ogni nostro messaggio risuonasse un assioma ben preciso: “Io ti vedo così”. Non è poco se pensiamo alla quantità di interazioni dirette e indirette che viviamo quotidianamente all'interno del contesto familiare...
Uno degli errori più frequenti all'interno di questo contesto è sicuramente quello di pensare che la comunicazione con un figlio sia esclusivamente ciò che gli viene detto.
Bisognerebbe invece fare un salto, un passaggio di prospettiva e considerare la comunicazione con un figlio come ciò che arriva a lui, come ciò che lui ha percepito, come lui ha inteso questa regola o questo messaggio. Senza questo spostamento, il rischio è di finire spesso ai soliti fraintendimenti o – peggio – ai sensi di colpa.
Già, la colpa. Una delle emozioni, assieme alla preoccupazione e alla rabbia, che va per la maggiore nei nostri sistemi familiari e di cui vorremmo volentieri fare a meno.
In che modo queste tre importanti emozioni risuonano nelle nostre interazioni genitoriali?
Pensiamo ad esempio a tutte quelle raccomandazioni preventive che lanciamo ai nostri figli poco prima che escano di casa: “Fai uno squillo quando arrivi”, “Stai attento!”, “Non parlare con gli sconosciuti!”, “Guida piano!” ecc… Cosa provochiamo realmente in nostro figlio? Cosa gli stiamo trasmettendo? Riuscirà a sentire la nostra fiducia o avvertirà più facilmente la preoccupazione?
Avvertimenti, minacce e atteggiamenti preventivi non aiutano
E' vero, ogni giorno i nostri telegiornali ci dipingono un Mondo sempre più pericoloso e da cui è necessario proteggersi. Allo stesso tempo, la nostra comunicazione quotidiana è troppo facilmente condizionata da avvertimenti, minacce e atteggiamenti preventivi che finiscono per influenzare la percezione della realtà dei nostri ragazzi. Una realtà che spesso diventa minacciosa ancor prima di doverci fare i conti.
Facciamo un altro esempio: espressioni quali “Mi sono sacrificata per te... è così che mi ripaghi?”, oppure “Ho cucinato tutto il giorno per te!”, ecc., potranno suonare familiari ad alcuni. Meno familiari risultano invece gli effetti che tali frasi possono provocare su chi le riceve.
Difatti, queste espressioni sono benissimo in grado di far sentire il destinatario del messaggio totalmente in ostaggio o addirittura ricattato.
In realtà molte espressioni possono apparirci già note o banali, ma il più delle volte proprio tale sottovalutazione comporta l'adottare quotidianamente un linguaggio inadeguato o comunque in grado di far aumentare le distanze fra noi e i nostri figli. A noi spetta questa pesante, ma se vogliamo anche bella responsabilità: cercare di instaurare con loro un dialogo sereno.
Cercare di cogliere quando sono arrabbiati, preoccupati o in colpa; quando si sentono in dovere di fare, quando non si sentono all'altezza, quando hanno bisogno di condividere, o altro ancora.
Insomma, quando con i loro più variegati modi, ci stanno comunicando qualcosa.
Parla con me, il testo che ci insegna a comunicare con i nostri figli
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Molti papà e molte mamme faticano a fare questo passaggio e a capire come comportarsi in determinate situazioni. Si trovano spesso a fare i conti con dei silenzi assordanti o dei muri con cui scontrarsi, o possono perdere il loro status genitoriale per divenire pian-piano gli amici dei figli.
Per rispondere a tutte queste difficoltà, per aiutare il genitore a riconoscere e ad apprendere le varie differenze comunicative, è nato il testo “Parla con me”, disponibile nelle migliori librerie, nonché su Amazon.
Il testo non è da intendersi come il manuale del perfetto genitore, bensì come strumento snello e agevole per provare a correggere le nostre modalità comunicative e relazionali all’interno del sistema famiglia.
D'altro canto, a comunicare si impara. Questo significa, da una parte, che è importante essere di insegnamento ai propri figli, fin dai primi anni di vita. Dall’altra parte, ci suggerisce che “nulla è perduto”, in fondo di imparare non si finisce mai!
Riferimenti Il Dott. Claudio Cecchi è Psicologo e Psicoterapeuta, specialista in Terapia Breve e Formazione. Oltre al testo “Parla con me”, è autore di “E se fosse Amore?” edito da A.G.Editions, in prossima uscita a Marzo 2017. Da anni si occupa delle principali problematiche cliniche e relazionali del singolo, della coppia e della famiglia. Svolge attività di formazione per contesti educativi, aziendali, sportivi ed ospedalieri, nonché coaching per atleti e artisti.
Collaborano con lui Naturopati ed Esperti in Alimentazione, Logopedisti, Mediatori e Specialisti in Psicologia Giuridica.
Dr. Claudio Cecchi
Studi di Psicologia & Formazione
Via C. di Marte 11, Arezzo
www.psicoarezzo.it
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