Si pensi agli “skinhead”, giovani esaltati nella loro forza fisica, forti nella solidarietà del proprio gruppo d’appartenenza, in esasperata opposizione verso ogni forma di diversità minacciante la propria identità.
Nello stadio appaiono leciti comportamenti che in altre situazioni sarebbero inaccettabili e quindi nascosti: si pensi al fumo (non solo di sigaretta) oppure a quei comportamenti violenti come il lanciare oggetti in qualche caso anche incendiati. Oppure ai frequenti episodi di razzismo sia nei confronti dei giocatori che della squadra avversaria, espressi con slogan di cui gli stessi sbandieratori ignorano il significato più profondo.
Le cariche nei confronti delle forze dell’ordine, che invece di essere viste quali garanzie di sicurezza, vengono provocate e attaccate in quanto rappresentanti di autorità con cui stare in eterno conflitto.
La trasgressione non si limita allo stadio ma anche alle trasferte: durante il tragitto questi gruppi disseminano aggressioni con furti e saccheggi nei punti di ristoro.Essere membro di un gruppo estremista consente a chi ne fa parte come tifoso, di vivere un profondo senso di aggregazione intorno alla dicotomia amico-nemico. Questo andrà ad aumentare l’autostima e a dare un senso di appartenenza, dove ritrovare un ruolo per se stessi.
Forse questi giovani non sanno che “per praticare la non-violenza, bisogna essere intrepidi e avere un coraggio a tutta prova”, proprio come comunicava Gandhi, conosciuto con l’appellativo di “grande anima”.
Dott.ssa Luisa Marchionni
Psicologa, Specialista in Psicodiagnostica, Docente dell'Università Cattolica del Sacro Cuore.
Le aree di intervento sono rivolte prevalentemente all’infanzia e all’adolescenza, con riguardo al contesto familiare e alla riabilitazione psichiatrica.
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