Due anni fa quando mi accingevo proprio in questo periodo, ad iniziare l'inserimento di mia figlia avevo la sensazione che la questione "inserimento alla scuola materna" fosse perlopiù trattata (e quindi percepita dalle mamme) come una cartina al tornasole del loro essere delle "buone mamme" cioè affettuose ma non troppo attaccate, attente ma che lasciano libertà ai propri figli di fare le loro esperienze, spingendoli nel mondo "proprio come le mamme degli uccellini li spingono fuori dal nido per farli imparare a volare".
La cosa, inutile dirlo, mi metteva una certa pressione, mia figlia non si era mai dimostrata incline ad un distacco sereno da me, tutt'altro, non aveva frequentato l'asilo nido e i miei tentativi di lasciarla ai nonni o ad alcune amiche erano stati spesso costellati di grandi pianti. Ricordo in particolare verso i suoi 9 mesi l'incubo di doverla lasciare ad una amica per qualche ora due volte la settimana e lo strazio nel lasciarla disperata e nell'allontanarmi sentendo il suo richiamo "mammaaa, mammaaa".
Nella riunione che aveva preceduto l'estate mi era stato consegnato un libretto in cui veniva spiegato il programma formativo che avrebbero svolto durante l'anno, l'attenzione con cui ogni bambino veniva trattato come individuo e l'importanza dell'inserimento come passaggio graduale dalla casa-mamma alla scuola-maestra.
Bene, pensai, è proprio il tipo di approcio che desideravo, mi scrissi alcuni consigli che avevo appreso dal web e da altre mamme: oggetti per la nostalgia, regalo del folletto, fiori di bach...OK, sono pronta... prontissima... speriamo in bene!
Primo giorno
Davanti a scuola cominciavano ad affollarsi le mamme dei bimbi di 3 anni, tutte con uno sguardo tra il "sono agitata" e il "andrà tutto a meraviglia". I bambini si stringevano alle mani, alle braccia e alle gambe delle mamme, guardando con occhi incuriositi e impauriti questo posto nuovo con tanti bambini.
Al "via", io, mia figlia e tutti gli altri entrammo nella classe assegnata, mi colpì subito il rumore e l'agitazione che vigeva nella classe, la maestra si affaccendava tra le mamme e i bambini, compresi subito che i genitori a scuola si dividono in due categorie, quelli che lavorano e sono quindi sempre di fretta e quelli che invece dopo aver salutato i bimbi si ritrovano al bar a prendere il caffè (tra mamme solitamente). Appena la situazione mi sembrò un po' più sotto controllo mi presentai alla maestra, staccai mia figlia dal mio fianco destro, la misi seduta vicino a me e cominciai a giocare con lei chiacchierando anche con gli altri bambini.
La cosa sembrava funzionare, tanto che nel giro di poco cominciai a uscire dalla classe per qualche minuto con la scusa di fare una telefonata...UAO, è più facile del previsto, bene...e dentro di me eccheggiava un consolante "sei una di quelle buone mamme".
Poi cominciai a notare che le altre mamme salutavano in tutta fretta e sparivano all'orizzonte lasciando bambini piangenti, nella classe era tornato il caos, almeno 5 bambini stavano piangendo, qualcuno cercava di uscire dall'aula trattenuto dalle maestre, gli altri bambini ridevano e parlavano a voce alta. Nel giro di 10 minuti tutte le altre mamme erano andate via, mi si accese un campanello d'allarme, sapevo che mia figlia non era ancora pronta a lasciarmi andare, il luogo e le persone erano per lei completamente sconosciuti e aveva bisogno di tempo per riporre la sua fiducia sulle maestre. Ma mi ricordai delle parole "passaggio graduale" del libretto e mi rilassai.
Di lì a poco la maestra fece calmare i bambini e li fece sedere tutti su un grande tappetone, poi si rivolse a mia figlia e, prendendola in braccio, disse perentoriamente "E ora la mamma va a casa perchè noi dobbiamo fare dei giochi insieme ed è finito il tempo che può stare qui". Io sgranai gli occhi, mia figlia si lanciò in un urlo e protese le braccia verso di me, la ripresi in braccio, la calmai e chiesi alla maestra di rimanere ancora un po'.
Quello fu l'esatto momento in cui l'inserimento all'asilo divenne un'esperienza da incubo, per me e per mia figlia. Mi concessero 5 minuti in più dopo grandi discussioni, venni a sapere che avevano fatto una riunione di cui io non ero venuta a conoscenza ("Signora, c'era l'avviso sulla bacheca della scuola") in cui avevano detto che le mamme possono stare a scuola la prima settimana di inserimento per 30 minuti e non di più. SGRUNT! 30 minuti NON è la mia idea di passaggio graduale e soprattutto 30 minuti NON sono sufficienti per mia figlia per un distacco sereno e, a giudicare dai pianti che ho visto, non lo sono per la maggior parte dei bambini.
Avevo l'idea che l'asilo potesse essere un'esperienza positiva, che potesse arricchire mia figlia ed avevo sistemato anche il figlio più piccolo in modo da poter lavorare qualche ora la mattina MA non ero disposta a trasformare l'inserimento all'asilo in un incubo per tutta la famiglia.
Portai a casa mia figlia con l'idea di riprovarci il giorno successivo, contravvendendo ad uno dei comandamenti scritti sul foglietto dell'inserimento che mi consegnò la maestra mentre uscivo "NON portare mai a casa il bambino con sè". Tornai a casa con una sensazione di fallimento, e anche con molta rabbia verso un'istituzione su cui non potevo agire in alcun modo, decisa però a trovare una qualche via percorribile che in quel momento mi appariva decisamente oscura.
Nel tragitto di ritorno incrociai altre 3 mamme, che gironzolavano nei dintorni della scuola e che si informarono se i loro figli avevano smesso di piangere subito, quanto avevano pianto, se la maestra li aveva conscolati...in evidente stato di agitazione e che vedendomi tornare a casa con mia figlia per mano sentenziarono "Hai fatto male! Così non si abituerà mai!".
"Signora, il problema di sua figlia è lei!"
Dopo il primo giorno feci altri 2 giorni molto simili al precedente, anzi peggiori, la mia ansia era salita, la maestra mi aveva già catalogata come "madre apprensiva" e sostanzialmente mi ignorava presa dall'incombenza di gestire 28 bambini di cui almeno 4-5 in lacrime contemporaneamente.
Tentai la carta del papà che tornò a casa anche lui con la bimba per mano, telefonai a molte amiche mamme che mi raccontarono esperienze abbastanza simili e mi feci prendere dallo sconforto. Passare un altro anno con entrambi i figli a casa (perchè non lavorando non avrei potuto pagare l'aiuto per il più piccolo) e rinunciare ai miei progetti lavorativi e personali mi rendeva molto scoraggiata e continuavo ad essere convinta che mia figlia si sarebbe potuta inserire bene all'asilo se fossero stati rispettati maggiormente i suoi tempi.
Pensavo che anche io avevo bisogno di tempo per dare fiducia ad una sconosciuta che mia figlia avrebbe incontrato tutti i giorni per 8 ore al giorno, che anche io avevo bisogno di un distacco sereno, di sapere che a scuola stava bene, che era in grado di gestire la mancanza mia e di relazionarsi bene con i suoi coetanei e con la maestra.
Da tutte le parti mi arrivavano pressioni, ogni volta che uscivo con mia figlia l'argomento principale era l'inserimento a scuola, se uscivo la mattina qualunque conoscente, commesso, panettiere, impiegato di banca mi chiedeva "E lei...come mai non va all'asilo?". Alcuni si rivolgevano direttamente a mia figlia dicendole "mi ha detto la signora tal dei tali che ti ha visto fare un sacco di capricci a scuola...eh eh non si fa... la mamma ha da fare e tu DEVI andare a scuola". Oppure incontravo mamme che mi dicevano che i loro figli avevano avuto questo comportamento per tutto l'anno ma che loro non si erano mai fatte "fregare", che dovevo essere dura e che non le stavo facendo del bene, che "i piccoli uccellini se rimangono nel nido muiono".
Decisi di provare a modo loro, di stare alle regole, di lasciarla dopo i 30 minuti canonici tra le urla di disperazione e andarmene fiera a testa alta e tutte le viscere aggrovigliate. La mattina diventò la parte peggiore della mia giornata, oltre a colazionare, lavare e vestire 1 bimbo di 1 anno e una di 3 dovevo stanare mia figlia che si nascondeva ovunque, trasportarla in braccio piangente mentre spingevo anche il passeggino, passare 30 minuti con lei che alternava momenti di tranquillità a momenti di disperazione totale, poi arrivata l'ora X la maestra la prendeva in braccio, io prendevo in braccio il fratellino che invece avrebbe tanto voluto restare a scuola e mi allontanavo nel pianto contemporaneo di entrambi i miei figli.
NON POTEVA FUNZIONARE, mia figlia si era trasformata in una isterica bambina piangente, non mangiava più, faceva fatica ad andare in bagno, non mi mollava un attimo. Anch'io ero in profonda crisi, al colloquio con le maestre da me richiesto, ne era venuta fuori una lunga sequenza di consigli su come IO avrei dovuto comportarmi, su come IO non permettevo a mia figlia di vivere serenamente il distacco, su come IO ero troppo attaccata a mia figlia. Alle mie richieste invece ricevetti risposte incomprensibili "non è possibile" "abbiamo un iter" "la struttura non permette" e infine la risposta che più mi fece arrabbiare "E poi Signora, non pensa agli altri bambini, le cui mamme vanno via subito? Vedendo lei avrebbero sicuramente delle crisi di pianto nel ripensare alla mamma!"
Pausa e nuovo inizio
Qualche giorno dopo andai a comunicare alla maestra la mia intenzione di ritirare la bambina dalla scuola. Quello fu il momento esatto in cui l'inserimento prese la giusta piega, la maestra cambiò atteggiamento, diventò molto più possibilista e mi consigliò di prenderci una pausa per valutare come riprovarci garantendomi la loro disponibilità. Forse fu da parte sua una scelta diplomatica per non avere problemi con la direzione o forse capì che davvero per noi così non poteva funzionare ma a me in fondo bastava un pochino della sua disponibilità a non vedermi come la mamma apprensiva che non insegna ai figli a volare (ma sarà poi così azzeccato questo paragone con gli uccellini???). Mia figlia si rilassò a casa per qualche settimana, pian piano tornò quella di sempre. Tornammo a scuola con un clima più disteso, gli altri bimbi erano più tranquilli, la maestra aveva maggiore attenzione delle nostre esigenze, cominciava a capire di cosa avesse bisogno mia figlia per sentirsi al sicuro, lasciava a me la scelta del momento adatto per andarmene e mi diede autorizzazione per riprendrerla dopo circa due ore, prima del pranzo.
Finalmente avevamo imbroccato la strada giusta, ci furono ancora alcuni pianti ma erano pianti "di distacco" e non di disperazione, la mattina era sempre faticosa ma non dovevo più stanare mia figlia, le raccontavo tanti episodi divertenti che ricordavo della scuola, chiedevamo insieme quale attività era prevista per la mattinata, e la lasciavo dicendo "ci vediamo tra qualche ora dopo che hai fatto la pittura/pasta di sale/disegno/ecc.".
Da lì in avanti fu tutto in discesa, con qualche scossone ogni tanto ovviamente ma nella normalità, già prima di Natale cominciò a chiedermi di fermarsi alla mensa, quando fui sicura di non farle fare un passo più lungo della sua gamba e compromettere quindi tutto il lavoro fin lì fatto, la portai a tempo pieno.
Un altro inserimento è possibile?
L'anno dopo cambiammo casa e regione e mia figlia dovette andare in una scuola nuova con maestre e compagni sconosciuti e inoltre avrebbe dovuto inserirsi a novembre quindi ad anno già iniziato, misi subito le mani avanti e andai a colloquio con le maestre che mi diedero carta bianca per l'inserimento con grossa disponibilità e cortesia. Mia figlia si trovò subito a suo agio e nel giro di qualche ora si appassionò all'attività mattutina tanto da permettermi di uscire dalla scuola per una mezz'oretta e dopo una settimana mi chiese di fermarsi a pranzo. Durante il corso dell'anno attraversò diversi periodi, in alcuni giorni il distacco era triste, mi salutava con occhi rossi e qualche volta con un labbrino da pianto. Il distacco è rimasto per lei difficile ma ha anche preso sicurezza in se stessa e sa di poter essere ascoltata. In questi giorni sento che non avrebbe voglia di ritornare a scuola, ma nella sua voce non c'è più disperazione, solo un po' di nostalgia per quel che lascia a casa. L'inizio dell'anno sarà, come per tutti, una fase faticosa ma gestibile.
Cosa era cambiato tra i due inserimenti? Di sicuro lei era cambiata e anche io lo ero ma mi sono chiesta a lungo quanto avesse contato la capacità di accoglienza delle maestre, il minor rapporto maestre/bambini (4 maestre anzichè due e quindi sempre almeno 2 in compresenza), la loro disponibilità a personalizzare il loro intervento educativo sul bambino.
Sono convinta ancor oggi che non ci fossero davvero problemi organizzativi nel permettere alle mamme di rimanere di più i primi giorni, piuttosto si trattava di una consuetudine dettata da una cultura in cui il pianto del bambino è solo sinonimo di capriccio e la mamma ha il compito di essere attaccata ma non troppo, affettuosa ma severa, vigile ma non apprensiva, presente ma libera...in una parola PERFETTA!
di Barbara Motolese
Commenti
potrebbero aiutarti.
Facci sapere come va l'inserimento, se hai la possibilità di rimanere a scuola con lui, e' ottimo.
ciao
bs
prendere i bambini alle spalle senza farsi vedere mi sembra un pessimo metodo per metterli a proprio agio. Mi piacerebbe sapere che reazione avrebbe la Sig.ra in questione se si sentisse prendere alle spalle improvvisamente .
capisco la tua frustrazione...
non capisco perché alla scuola materna si considerino i bambini degli adulti rimpiccioliti. a 3 anni o meno (la mia li compiva dopo 2 mesi), devono essere pronti a lasciare il genitore per stare in un posto estraneo con degli estranei avendo 10 minuti per abituarsi. La trovo una follia...
se i genitori potessero trascorrere in aula 2 o 3 giorni 1 o 2 ore, come al nido, le cose sarebbero molto più a misura di bambino e anche 2 insegnanti potrebbero accogliere 5-7 bambini insieme...
che dire, per fortuna che ora i miei sono più grandi
barbara Siliquini di GenitoriChannel .it