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Premessa: non è stato un parto né veloce né "senza dolore", magari se state per partorire e pensate di impressionarvi un po' tenete in conto che ogni parto è diverso dall'altro e che il vostro potrebbe essere velocissimo e molto meno stressante.
Ognuna di noi dovrebbe essere libera di scegliere il parto che preferisce, per cui questo racconto non vuole affatto essere una diatriba cesareo/parto naturale o cesareo/vbac. Solo mi preme urlare al mondo che, contrariamente a quanto orde di medici male informati, codardi e incapaci di prendersi un minimo di risponsabilità vanno in giro a dire, un parto naturale dopo uno, due, tre cesarei è cosa fattibilissima, i rischi rimangono comunque bassi e comunque minori rispetto ad un cesareo ripetuto. Basta solo volerlo e crederci ed essere seguiti dalle persone giuste. Quindi, mamme precesarizzate, se lo volete davvero, non esitate a farvi questo "immenso regalo". Ed ecco il racconto...
Avrei dovuto capirlo subito. Da quel giorno in cui Sarah, improvvisamente alla 37ma settimana, dopo essere stata da sempre cefalica, si è messa di sedere davanti al primario dell'ospedale, avrei dovuto capire che a mia figlia quell'uomo, quell'ospedale non piaceva proprio. Così come avrei dovuto capire che, quando alla 38ma settimana, si è rimessa cefalica dopo una seduta di polarity sotto le mani gentili dell'ostetrica G., Sarah aveva già deciso con chi voleva venire al mondo.
Ma, fino a ieri, quella dell'ospedale di M. mi sembrava l'unica strada percorribile per provare ad ottenere il mio vba3c (vaginal birth after 3 cesareans, parto vaginale dopo 3 cesarei), nonostante il primario, dopo essersi preso in prima persona la responsabilità del travaglio di prova, fosse andato in ferie proprio a cavallo della mia DPP, nonostante il vice alle cui “cure” mi aveva lasciato mi avesse da subito detto che lui non era d'accordo ma comunque non poteva costringermi a fare nulla, quindi, se proprio volevo, mi avrebbe lasciato tentare il travaglio.
Già dalla mattina del giorno prima avevo iniziato ad avere contrazioni più frequenti e dolorose, ma avevo le pagelle del bimbo più grande da andare a ritirare e poi la festa di compleanno della seconda da fare nel pomeriggio. Ho fatto la spesa per la festa, ho preparato le torte, gonfiato palloncini, addobbato la casa e poi nel pomeriggio i bimbi a casa e le loro mamme, carinissime nel supportarmi visto che, oramai era evidente, il travaglio stava iniziando e io ero sofferente.
La notte pressocché in bianco, con contrazioni prima regolari ogni sei minuti per diverse ore, poi un po' più diradate ma più forti.
La mattina alle 7, senza aver chiuso occhio, decido che forse è il caso di andare in ospedale a farsi dare una controllata. Arriviamo, c'è di guardia una dottoressa che non ho mai visto, mi fa attaccare il tracciato. All'inizio una contrazione media, dopo parecchio un paio più leggere, poi l'attività si ferma (guarda un po'), ma il battito della bimba è regolare. Mentre sono ancora attaccata al monitoraggio si ripresenta la dottoressa di guardia, seguita dall'altra ginecologa “stronzetta” che avevo già avuto modo di incontrare qualche giorno prima quando mi aveva paventato le sciagure più incredibili rispetto al mio vba3c (parto vaginale dopo 3 cesarei), e un altro gine e, senza troppi giri di parole, mi comunicano che i ginecologi del reparto si erano riuniti e, dopo aver sentito anche il parere del medico legale, avevano deciso di rifiutarsi di farmi fare un travaglio di prova per cui, in quella struttura, o cesareo d'elezione (che mi fissa per la mattina dopo alle 7) oppure potevo anche andare altrove.
Io e mio marito ci guardiamo allibiti.
Provo la linea morbida, dicendo che ognuno ha il diritto di fare la scelta che crede, ma non potevano comunicarmi questa informazione a 40+2, in pretravaglio, quando per nove mesi il primario dr. X mi ha assicurato il contrario, quando il dott. Y a cui ero stata affidata dieci giorni prima, pur manifestando il suo dissenso, mi aveva detto che mi avrebbe seguito nel tentativo di travaglio, quando oramai non sono più in grado di scegliere alternative.
"Niente da fare: il dr. X non c'è quindi non conta, il dr. Y (con cui io non sono più riuscita a parlare) è d'accordo con noi".
Nel frattempo un paio di contrazioni belle fortine (che Sarah si fosse incavolata??). La tipa di guardia stacca il tracciato, mi visita trovando collo raccorciato dell'80% e mi saluta dandomi appuntamento all'indomani mattina (le ostetriche hanno trovato grave anche questo comportamento, perché dal tracciato e dalla visita si evinceva che ero in pretravaglio e, secondo loro, se ne sono lavati le mani, sperando, in cuor loro, che uscissi da quell'ospedale per non metterci più piede).
Con mio marito pensiamo subito all'ospedale di V.: chiamo Simona che mi dà i recapiti; telefono sperando che il primario sia così in gamba da farmi andare anche se non mi ha mai visto, ma è in ferie fino a lunedì.
Rimane l'ospedale di M., a parte il mio dubbio nel presentarmi a lei a 40 +2 senza contatti preliminari di sorta, mi rendo anche conto che le contrazioni si fanno sempre più forti e io, ad ogni modo, non sarei in grado di affrontare un viaggio per arrivare in nessun posto.
Torno a casa, chiamo l'ostetrica e continuo il mio travaglio da sola, nella mia stanza, assistita da Marco, in realtà piuttosto preoccupato: conta i minuti che ci separano dall'arrivo dell'ostetrica.
L'ostetrica arriva attorno alle 14.00. Sono in travaglio ma appena appena dilatata. Sta lì con noi ma il clima è un po “ambiguo”.
Lei butta lì l'idea di tentare un parto in casa e mio marito, con cui non avevamo mai accennato ad una possibilità del genere anche perchè non rientrava proprio nei piani, va nel panico.
Ha paura, ma non perché non si fidi dell'ostetrica, piuttosto ha paura che se succede qualcosa l'ospedale più vicino non sia affatto in grado di affrontare in tempi rapidi un'emergenza. Inizia a calcolare tempi e percorsi. Ha paura di quell'1% di possibilità di rottura d'utero: parla con con l'ostetrica, cerca rassicurazioni, gli diciamo per l'ennesima volta che la rottura d'utero dà dei segnali preventivi, ma la certezza non gliela può dare nessuno, né l'ostetrica né io.
Rimaniamo da soli, gli chiedo cosa vuole fare, gli dico che abbiamo solo due alternative, o cesareo quel pomeriggio stesso (sapevo che non sarei arrivata alla mattina dopo) o parto in casa, se non se la fosse sentita sarei stata disposta ad accettare il cesareo. Ma no, mi dice che quel che è successo con Camilla, la mia terza figlia finita in cesareo solo per la paura dei medici ed il cedimento psicologico di mio marito, gli ha insegnato qualcosa. Ok, proviamo parto in casa ma con il patto che al minimo contrattempo si va in ospedale. Ma questo era già chiaro sia per me che, ancora prima per l'ostetrica.
E qui comincia l'avventura....
Mentre aspettiamo l'arrivo della seconda ostetrica, iil travaglio continua, in camera. Sento i bimbi di sotto con le nonne che fanno un gran caos, ma tutto sommato sono contenta che le tengano occupate, almeno avranno meno tempo per preoccuparsi.
L'ostetrica G. mi definisce “imbottita di endorfine” ed ha ragione. Appena finisce una contrazione vengo pervasa da una sensazione di benessere tale che sembra mi sia fatta una canna, assumo una espressione ebete e continuo a dire “come sto bene” (o ad appisolarmi), durante la contrazione un po' meno, ma riesco ancora a tenerle a bada con vocalizzi vari.
Comincio, come è un classico, a perdere i freni inibitori, mi tolgo praticamente tutto quello che ho addosso anche perché tengo la porta chiusa per evitare che i bimbi si spaventino dei miei rumori e fa un gran caldo.
Mentre per tutte le prime contrazioni ero rimasta stesa sul letto (mi sentivo un po' stanca, anche perché ero già in ballo da 24 ore prima), comincio a trovare quella posizione assolutamente scomoda: provo prima su un fianco, poi mi alzo in piedi e inizio ad ondeggiare il bacino, poi metto a quattro zampe sul letto, quando diventano ancora più pesanti mi accuccio in terra a mo' di ranocchia. Sembra che il mio corpo sappia esattamente cosa fare a secondo dei diversi momenti, e io eseguo mossa da qualcosa che sento dentro.
Arriva la seconda ostetrica M., che non ho mai visto, ed è feeling a prima vista. Le ostetriche si muovono e parlano a bassa voce, si alternano nel massaggiarmi la schiena ed i fianchi durante le contrazioni, ogni tanto sentono per qualche minuto il battito della bimba, sempre regolare (e questo ci dà una gran forza), all'incirca ogni due ore verificano la dilatazione, costante ma lenta molto molto lenta. Strano, più lenta rispetto a quella di Camilla.
Giulia sostiene che i bimbi sanno cosa devono fare per tutelarsi e tutelare la mamma e su un utero precesarizzato tre volte il fatto che il travaglio proceda così lentamente è una fortuna. Io sono razionalmente d'accordo con lei, ma al momento il fatto di vedere una dilatazione così lenta mi pesa davvero. Nel contempo penso che, se anche avessi provato il vbac in ospedale, con una dilatazione così lenta sarei durata sì e no 4 ore prima di finire con la pancia tagliata e sono contenta di come sono andate le cose.
La stanchezza si fa sentire, nonché il fatto che negli ultimi due giorni ho mangiato davvero troppo poco. Mi preparano delle bibite energetiche a base di agrumi, sale e zucchero, ma i miei bruciori di stomaco non mi hanno abbandonato neanche durante il travaglio, anzi, e ogni sorso è il fuoco nell'esofago. Mi sforzo comunque, sapendo che mi fa bene, ma al contempo due volte ho conati di vomito. Riesco a mangiare a stento una banana.
In tutto questo mio marito, nonostante tutti i suoi avvertimenti preventivi in cui mi aveva detto che, essendo impressionabile, non mi assicurava la sua presenza in tutto il travaglio, è invece una presenza costante. Mi massaggia, mi sostiene la schiena quando decido di stare sul letto, mi conforta, mi dice che mi ama, ma si vede che è in grossa tensione. Continua a chiedere alle ostetriche quanto sono dilatata visto che gli abbiamo detto che la fase più pericolosa sarebbe stata quella dilatante e, quando sente che in due ore mi sono dilatata di un cm, si rifà pensieroso. Ma non molla: sempre presente, ad un certo punto mi porta una gardenia del nostro giardino profumatissima. In quei momenti, nonostante il dolore, sento il grande amore che ci unisce.
Al piano di sotto le nonne sono meravigliose: ero preoccupata della loro presenza, pensando che mi avrebbe pesato la loro ansia e inibito il saperle lì. In realtà mi rendo conto che durante un travaglio ci può essere anche il papa davanti a te che non avresti il minimo indugio a prendere posture “sconce” se queste ti alleviassero un po' il dolore e comunque sono insostituibili nel seguire i bimbi fino al momento della nanna spiegandogli tra l'altro di non preoccuparsi se sentivano la mamma urlare, preparando la cena alle ostetriche e, addirittura, spiegando ai vicini che si erano preoccupati delle mie urla (i vocalizzi oramai avevano lasciato il posto a ben altro...) cosa stava succedendo.
Ogni tanto so che o una o l'altra esce a fare due passi fuori, mia suocera, che ha avuto una pessima esperienza di parto, si fa una lacrima a sentirmi urlare, mia mamma che ha al suo attivo 4 parti vaginali belli tosti mi manda a dire che mi vuole bene e che mia sorella (missionaria) con tutte le sue suore stanno pregando per me. Piccole cose, ma un grande conforto.
E le ostetriche, quando magari scendono in cucina per un caffé, da parte loro le rassicurano su quanto sta succedendo e non finiscono di lodarle per quanto sono brave e discrete. Non c'è dubbio, siamo un gruppo ben affiatato.
Nel frattempo io sono entrata nella fase “leonina” come dice l'ostetrica G., nel senso che ho iniziato a ruggire, nel vero senso della parola, durante le contrazioni. Prima della nascita di Sarah avrò emesso i suoni degli animali di uno zoo intero...
Passa ancora un po' e io mi sento allo stremo: inizio a ripetere, come in un mantra, “non ce la faccio, non ce la faccio più”, e a nulla valgono gli incoraggiamenti delle ostetriche e di mio marito. Mi dicono che sto andando benissimo, che sono brava, che sto facendo tutto nel migliore dei modi, che Sarah mi sta aiutando, mentre io continuo a ripetere che non sono abbastanza forte a sopportare il dolore, che non sono brava, e ad essere percorsa da un brivido di panico ogni volta che una contrazione si affaccia: oramai non passano più di due minuti tra una e l'altra e io non riesco più a recuperare.
Mi calmo solo quando Giulia mi guarda negli occhi e mi dice: cosa vuoi, vuoi fare un cesareo ora? Rientro in me e continuo.
Finalmente la dilatazione è completa. Io mi rinfranco un po', mio marito diventa di colpo più sereno. Penso che siamo vicini alla fine (non avendo vissuto la fase espulsiva di Camilla) e non so che sta iniziando uno dei momenti per la mia esperienza più dolorosi.
La bimba deve mettersi nella giusta “direzione” per uscire, deve scendere, e per farlo deve passare nella zona del retto.
Beh, è stata per me orribile. Ci sono volute due ore di contrazioni per riuscire a scavallare quella zona, due ore in cui mi sembrava che mi stessero aprendo in due. In cui ad un passo avanti ne corrispondeva un altro indietro.
Le ostetriche non hanno smesso un momento di farmi impacchi di acqua tiepida e credo calendula in tutta la zona del perineo per aiutare a rilassarmi e per evitare, nella fase successiva, che mi lacerassi. Mio marito mi ha incoraggiato senza sosta, ma io non vedevo la fine.
Ero esausta e terrorizzata. Ho fatto quasi tutte queste due ore in ginocchio, appoggiata alla spalliera del letto con le mani, appiattendomi giù come un pollo alla diavola durante la contrazione, con il mio bacino che emetteva scricchiolii preoccupanti.
Ogni tanto monitoravano il battito della bimba, che però si sentiva oramai con difficoltà vista la posizione, ed ogni volta io e mio marito rimanevamo in ansia fino a quando il suono oramai familiare del “cavallo al galoppo” non ci faceva tornare il sorriso.
In un unica volta i suoi battiti erano un po' rallentati, ma era appena passata una contrazione e Giulia e Maria ci hanno rassicurato che era normale. Due minuti dopo, infatti, ho chiesto di risentirla e la mia cavallina galoppava già regolarmente.
Le ostetriche mi chiedevano se sentissi dove fosse la testa di Sarah ma io riuscivo solo a rispondergli che sentivo solo il male; mi hanno incoraggiata però, dicendomi che la fase successiva sarebbe stata meno dolorosa: non sapevo se fosse una balla, ma in quei momenti volevo crederlo.
E finalmente la fase successiva è arrivata. Ad un certo punto, mi ero messa distesa su un fianco sul letto perché non riuscivo più a tenermi in piedi, Giulia prende uno specchio e dice a me e a Marco di vedere dove fosse la testa di Sarah. Guardo e vedo appena appena dalla mia vagina spuntare fuori un pezzo di testina, ancora chiusa nel sacco amniotico. Ok, ho pensato, ci siamo, devo trovare le forze.
Neanche a dirlo, anche questa fase è stata lentissima.
Sarah si affacciava durante la contrazione per poi tornare indietro nella pausa, oppure più avanti, rimaneva lì avanzando di pochissimo alla volta.
Giulia mi ripeteva “Ti ricordi l'ultima lezione del corso? Ti ho spiegato perchè fa così. Ti sta proteggendo, sa che se esce di botto ti lacera, sta allenando il tuo perineo”, ma, non so perché, quelle parole che mi erano sembrate così ovvie al corso pre-parto, ora mi sembravano un supplizio. Gli ho fatto cenno con la testa che sì, ricordavo, ma ripetevo, anzi urlavo, solo brucia brucia brucia.
Poi sono arrivate le parole che aspettavo. Maria mi ha detto, alla prossima contrazione la testa è fuori. La contrazione è arrivata e io, pur nel dolore, ho spinto, combattuta tra la voglia che tutto finisse e la consapevolezza che se avessi spinto troppo mi sarei lacerata davvero.
La testa è uscita, una prima sensazione di “compiutezza” indescrivibile, ne ho potuto seguire il contorno rotondo con la vagina, anche aiutata dal fatto che il sacco integro l'ha fatta scivolare fuori più dolcemente.
Ho guardato mio marito in lacrime e, di nuovo, ho pensato a quanto lo amo.
“Alla prossima il corpo è fuori”, non so chi me l'ha detto. So solo che quel minuto che ho aspettato la contrazione successiva, carponi sul letto, mi è sembrato lunghissimo. E quando la contrazione è arrivata non c'era più dolore che mi tenesse, ho spinto con tutte le ultime energie che avevo in corpo.
L'ho sentita scivolare fuori con una sensazione meravigliosa. E di colpo, tutto il dolore che mia aveva squassato in quelle lunghissime ore è scomparso. Sarah era lì, sotto di me. Ho aspettato con trepidazione che le ostetriche rompessero il sacco, gli chiedevo di farla piangere, di farla respirare.
L'ho vista fare qualche smorfia con la bocca, un piccolo starnuto, e poi piano piano gonfiare i suoi polmoni ed emettere il primo vagito.
Solo in quel momento, con la consapevolezza che Sarah stava bene, ho pensato “è finita” e mi sono abbandonata alle lacrime, stringendo a me il viso di mio marito, in lacrime anche lui.
Sarah non è stata né lavata, né visitata, né stressata con nessuna delle pratiche “barbare” ospedaliere. E' rimasta in braccio alla sua mamma, attaccata al cordone, fino alle quattro e mezza, ora in cui, non senza qualche difficoltà, ho espulso la placenta.
E' stato l'unico momento in cui mi sono davvero "preoccupata un po": sarà stata la stanchezza di tutti, ma la placenta, che pur sembrava essersi staccata dal mio utero già da un po', appariva incastrata in qualcosa e nonostante i tentativi delle ostetriche e le mie spinte durante le contrazioni, non riuscivamo a farla uscire.
Ho pensato: no, non posso andare in ospedale per questo!! Giulia ci ha scherzato su, dicendomi che se andavo in ospedale, visto che la bimba era ancora attaccata al cordone, sarebbero stati capaci di rimettermela dentro pur di farmi un cesareo!!
Ci abbiamo riso, ma in realtà ero un po' preoccupata.
Poi alla fine, grazie ad una contrazione più forte, e ad una mia spinta “disperata” con un plof è scesa giù.
Le ultime medicazioni e alle 5 io, Marco e la bimba eravamo nel letto, felici, orgogliosi, stracolmi di amore, in tutti i sensi.
Dimenticavo: prima di mettermi a dormire ho telefonato al reparto di ostetricia dell'OPA per avvertire che alle 7 non sarei stata lì e che il cesareo potevano metterselo dove dico io.
Telefonata: “Buongiorno, sono la signora tal dei tali, ho chiamato perché stamattina la dr.ssa Zzz mi ha fissato un cesareo per le sette”
L'ostetrica di turno “Sì Signora, so tutto, mi dica”.
“Vi volevo avvertire che la bimba è nata stanotte e quindi io non sarò lì”
“Ah – silenzio glaciale – e dove è nata?”
E io “ A casa”
L'altra “Ah - ancora più glaciale – e con chi è nata?”
“Con l'aiuto di due ostetriche meravigliose”
Silenzio di tomba; dopo 30 secondi “Ah.... be-bene signora, tanti auguri signora”
“Grazie” e riattacco.
Come dice una nota pubblicità: certe cose, nella vita, non hanno prezzo!!
di Federica Tomasi
Commenti
Manuela... chissà, magari il prossimo... un barl vba2c o hba2c!
Intanto sul parto in solitaria, se vuoi: genitorichannel.it/.../...
Paola,
prova a chiedere al dr. Giuseppe Battagliarin, dovrebbe essere il primario dell'ospedale di Rimini, viene da Milano e sua moglie è una bravissima ostetrica di parti a domicilio. Li conosco bene entrambi.
Parlane con lui, mostrati risoluta, fammi sapere,
bs (barbara s di GenitoriChannel )
Un abbraccio e un grazie!
Se no c'e' la d.ssa Regalia, che ora è in pensione, ma visita privatamente a Monza (a prezzi onestissimi)e che può indirizzarti correttamente (studio: 039386644).
Federica ora si e' trasferita in Nuova Zelanda dove ha partorito la sua 5a figlia con un parto in casa seguita dall'ostetrica. Adesso studia per diventare ostetrica lei stessa.
Questo racconto e' della nascita della sua 4a figlia in Liguria.
Puoi trovare molto sostegno e informazioni sul VBAC sia su Genitori Channel che sul forum di www.partonaturale.org che sul gruppo FB "Noi vogliamo un VBAC"
Ho di base la tua stessa situazione: 3. Cesarei e l ultimo andato così a 10 cm.di dilatazione in sala x la paura dei medici.
Mia figlia ed io stavamo bene....dolori a parte ovviamente....
Kg.4,2 alla nascita x cm.54.....
Sono stata malissimo dopo......
Or vorrei,se Dio concede, rifarmi col quinto figlio/a, (ho due gemelle),.....m a bisogna avere a fianco due ostetriche con gli attributi come quelle che hai avuto tu.
Vorrei chiederti info.numeri di telefono.....
Come si può fare?
La mia mail è giumafragipa17@gmail.com
Se mi rispondi te ne sarò eternamente grata.
Congratulazioni e complimenti a tutti e due....anzi....quattro....
Paola.