2 gennaio
La giornata scorre tranquilla. Le solite cose: la casa, i bimbi, la passeggiata con il cane. Nel pomeriggio tante chiacchiere con una nuova amica, una mamma italiana che si è trasferita qui in NZ da alcuni anni e, da un anno, ha iniziato il suo percorso universitario in ostetricia. Tanti pensieri ed emozioni da condividere. Anche progetti... L’idea di farsi accompagnare anche da lei durante la tua nascita. Già, sta per arrivare il momento. La dpp si avvicina e sono certa che tu non tarderai molto. Nessun segnale, le solite contrazioni, eppure, in qualche modo, lo so. Ma non sono pronta. Non ancora. Ho ancora bisogno della mia pancia, dei tuoi movimenti dentro me, del nostro contatto esclusivo. So che questa sarà l’ultima volta, l’ultima pancia. Lo so, piccolo mio, sono io ad averne bisogno, non te. Ma tu ascoltami e dammi ancora un po’ di tempo......
Ho già deciso, dentro di me, che voglio un travaglio “solitario”. Con Sarah non mi ero posta il problema: il parto in casa è stato un inaspettato e meraviglioso “ripiego”. Ma con te è diverso: ho scelto un altro parto in casa e, inevitabilmente, sento attorno a me la preoccupazione e la pressione di chi mi sta attorno. So che lo fanno per amore, ma so altrettanto bene che è una sensazione che non mi fa bene e non fa bene al “nostro” parto. La mia parte razionale ha scelto di “comunicare” il travaglio solo quando sarò già molto, molto avanti. In realtà tu, piccolo cucciolo, avevi già deciso per me.
La notte, nel silenzio del sonno dei bimbi, iniziano delle contrazioni più decise, ma ancora irregolari nella durata, nell’intensità, nell’intervallo. E le ore trascorrono così, un po’ cercando di riposare, un po’ passeggiando, un po’ giocando con Luna, la nostra cagnolotta (stranamente molto molto irrequieta, lei che normalmente la notte ronfa come un ghiro!), un po’ chiacchierando su skype con gli amici italiani (il vantaggio delle dodici ore di fuso orario!) e girovagando nel web. Con la luce del sole e il risveglio dei bimbi le contrazioni spariscono.
3 gennaio
L’ostetrica mi ha chiesto di andare a rifare il “group and save”, un prelievo del sangue i cui risultati vengono inseriti in una banca dati accessibile da tutti gli ospedali per tre giorni. L’ho fatto già il 31 dicembre e ora i risultati stanno per scadere. E’ una precauzione che molti chiedono per un homebirth.
Verso le 12 vado in laboratorio per scoprire che è chiuso per le vacanze di Natale. Mando un messaggio all’ostetrica che mi richiama dopo 5 minuti. Mi dice di non preoccuparmi, non le pare il caso che io vada fino in ospedale per fare il prelievo. Mi chiede di andare l’indomani mattina che il laboratorio sarà aperto. “Solo”, dice ancora, “se il travaglio dovesse partire tra oggi pomeriggio e domattina, chiamami subito, così ho il tempo di venire a farti il prelievo, portarlo in ospedale e tornare da te”.
Decido allora di andare a fare la spesa al supermercato e poi il pieno alla macchina. Guido piano, tornando a casa, sono sola in macchina. C’è un bel sole caldo e ascolto la musica. Le contrazioni tornano e, d’un tratto, mi rendo conto che è dal mattino che una contrazione torna ogni volta che mi trovo da sola, basta anche un minuto. Ci siamo, oramai manca davvero poco. Accarezzo ancora una volta il pancione e, con le lacrime agli occhi, ti saluto. E’ arrivato il momento, cucciolo mio, di conoscere la vita qui fuori. E’ arrivato il momento di separarci. Grazie per i nove mesi di emozioni che mi hai donato. E’ arrivato il momento di lasciarti andare.... Piango, ho tanta malinconia, ma ora sono pronta.
Nel pomeriggio ancora una visita di amici, ancora il cane da far passeggiare. Un bagno con il marito ed i bimbi in piscina. Mi rendo conto che sto iniziando a perdere il tappo. Strano, penso, con Sarah e Camilla ho iniziato a perdere il tappo quando la dilatazione era già molto avanti e questa volta lo perdo che non ho neanche iniziato a dilatarmi..... Ma forse non era proprio così.
La cena, il silenzio, la notte.
Sono le 11 di sera quando le contrazioni ricominciano la loro danza. Sono a letto a guardare un film stupido con il papà, tanto per passare il tempo. Proviamo ogni tanto a misurare la regolarità: per un po’ ogni cinque minuti (e Marco è già pronto a chiamare l’ostetrica), poi ogni dieci, ogni quindici, ogni venti, ogni tre, ogni sette... Niente, ancora irregolari. Anche nell’intensità: magari ce ne sono una decina più intense, poi altre dieci molto più lievi; alcune lunghissime, altre durano pochi secondi. Attorno all’una il papà crolla dal sonno e decido di lasciarlo dormire. Nei miei pensieri ero sicura che saresti nato attorno al pomeriggio/sera del giorno seguente e rifletto che è molto meglio che il papà riposi piuttosto che arrivi distrutto a domani sera. Lo lascio già addormentato e salgo al piano di sopra. Ancora una volta gironzolo sui “miei” forum, parlo un po’ su skype, facebook. Le contrazioni continuano, solo ogni tanto una più forte mi costringe ad alzarmi e a dondolare il bacino, appoggiandomi al tavolo del computer. Ma la maggior parte sono ancora sopportabili e io me le godo tutte. Sono sola, è proprio il travaglio che volevo...
Mando un sms a Giulia, la mia ostetrica italiana, l’”artefice” della nascita di Sarah e mi risponde con un messaggio affettuoso che mi dà ancora di più la carica. Arrivano le 5 e, ricordandomi della questione del prelievo del sangue, decido che non è più un’ora così “improponibile” per chiamare l’ostetrica. E’ una telefonata scherzosa e tranquilla la mia. Le dico che ho avuto contrazioni tutta la notte ma molto irregolari e assolutamente sopportabili. Sono convinta, soprattutto facendo il paragone con il travaglio di Camilla e di Sarah, di essere ancora nella fase prodromica. Le dico quindi di non affrettarsi perché c’è ancora tanto tempo, ma magari di cominciare a considerare l’idea, fra un pochino, di venire a farmi il prelievo, considerando che ci vorrà un po’ di tempo prima che arrivi in ospedale e torni indietro. Ok, mi risponde tranquilla, magari comincio a mettermi in moto e tu tienimi aggiornata se ci sono cambiamenti.
Sono le 5 e 5, solo cinque minuti dopo la telefonata e qualcosa succede. E’ come se qualcuno avesse improvvisamente girato l’interruttore: le contrazioni sono diventate molto forti, non riesco a trattenere i lamenti nonostante la mia volontà di non svegliare nessuno. E vicine, molto vicine. Resisto da sola 5 minuti, poi, alle 5 e 10 (l’ultima volta in cui guardo lo schermo del pc) scendo a svegliare il tuo papà. Poveretto, devo averlo colto nel bel mezzo di un sonno profondissimo, perché, già parecchio provata dal dolore, lo sveglio investendolo con una sfilza di comandi (sì sì, sembravo un generale dell’esercito) e lui per qualche minuto mi guarda inebetito senza fare nulla. “Metti il telo a protezione della moquette”, “Vai a prendere le buste dell’immondizia”, “Prendi degli asciugamani”, “La bacinella che è in bagno” .... Niente, nessuna risposta.
Sono oramai già appiattita nella “nota” posizione del pollo alla diavola. Arriva una contrazione e, inequivocabile, riconosco la sensazione: il mio corpo sta iniziando a spingere. “Marco, chiama l’ostetrica e dille di venire, ORA!” Chissà, sarà stata la paura di dovermi fare lui da ostetrica, fatto sta che il papà si risveglia all’improvviso e velocemente fa quello che gli avevo chiesto. L’ostetrica è già per strada, mi dice, non preoccuparti, sarà qui tra poco (peccato che so benissimo che c’è una mezzora di strada tra la nostra casa e la sua... spero solo che Luise, che si è rivelata, nonostante i miei timori iniziali, una persona ed un’ostetrica eccezionale, abbia avuto più lungimiranza di me e si sia messa in macchina appena l’ho chiamata....). Da quel momento il tuo papà non mi ha lasciato più un secondo...
5.40 arriva Luise. Entra in camera e, sorridente come al solito, mi dice: hai tutta l’aria di una che sta già spingendo!! Penso che il mio grugnito di risposta sia stato più che eloquente. Mi visita, eravamo d’accordo per un’unica visita durante il travaglio. Per un attimo mi coglie la paura: il dolore è fortissimo, come nella fase finale del parto di Sarah. Ma io sono appena all’inizio e ho il terrore di sentirmi dire che sono dilatata solo di un paio di centimetri: come faccio a passare altre dieci ore con un dolore così forte??? Ma il “verdetto” di Luise mi destabilizza ancora di più: quasi completamente dilatata. Come? Quando? Ho iniziato il travaglio solo da poco più di mezzora... non sono pronta, non è possibile.....
Ecco un’altra contrazione, il bisogno di spingere... ok, ha ragione lei, razionalizzo, se sto già spingendo non può volerci ancora molto. “Hai solo un bordino” (ancora? mi ha perseguitato per il travaglio si Sarah, penso), “alla prossima contrazione ti aiuto e lo spianiamo”, mi dice Luise. Arriva la contrazione, non so cosa faccia ma non fa male (almeno non fa più male!). Mi chiede di usare l’energia e l’aria che sto impiegando per “vocalizzare” (vogliamo dire ruggire?) durante la contrazione diversamente, indirizzandola più in basso, per aiutare il bimbo. C’è una grossa falda di liquido davanti alla tua testa e mi avverte che, eliminato il bordino, è probabile che alla prossima contrazione, avendo oramai la possibilità di scendere senza impedimenti, si romperanno le acque. Arriva la contrazione e, contemporaneamente, uno scroscio di liquido amniotico investe la povera Luise. Mi mancava questa esperienza, visto che Sarah aveva ancora il sacco intero quando è nata. Sensazione strana, direi, ma non ho tempo di pensarci troppo, arriva ancora una contrazione e ancora la accompagno con il respiro. Inizio a sentire il bruciore: ci siamo, penso, se brucia sta uscendo. Come se mi leggesse nel pensiero Luise, che non ha mai perso il sorriso, mi dice “Alla prossima contrazione la testa è fuori”. Suona il campanello, è la seconda ostetrica, chiamata da Luise, che è arrivata. Papà si allontana per aprirle ma viene richiamato di corsa. La contrazione sta arrivando, così come l’inconfondibile sensazione di sentirti uscire fuori da me. Ed è lì, accanto a me, a sussurrarmi parole d’amore, mentre la tua testolina piena di capelli scuri appare.
Un’altra spinta, l’ultimo sforzo, accompagnata da Luise che mi consiglia la progressione della spinta per evitare lacerazioni. Ed arriva, l’ultima contrazione: questione di una manciata di secondi e sei già appoggiato al mio seno, pronto a cogliere, con il tuo primo sguardo, l’amore infinito e la gioia di mamma e papà. Sono le 6.11 di un assolato e caldo martedì mattina, martedì 4 gennaio 2011. Ti annuso, ti bacio, voglio il tuo viso accanto al mio. E perdermi nei tuoi occhi, che come gli occhi di tutti i bimbi appena nati sembrano sapere cose che non hanno mai visto. Guardo il tuo papà e non posso trattenere le lacrime: abbiamo ricevuto in dono un’altra unica e irripetibile meraviglia.
Il resto è la storia di qualsiasi parto in casa: sei rimasto per tutta la giornata nudo sul mio petto a ciucciare, io e te avvolti nel lettone. Nessuno ha minimamente pensato a lavarti, aspirarti, ecc. La placenta è uscita dopo una mezzora e, solo allora, abbiamo tagliato l’ultimo legame ci univa. Mentre l’ostetrica ha passato dieci minuti a spiegare alle tue sorelle più grandi (6 e 4 anni) come è fatta la placenta, a cosa serve questo e quello. Sorelle che, vista la assoluta tranquillità con cui assistevano alla lezione sulla placenta “dal vivo”, hanno un futuro come ostetriche :) Nessuna lacerazione.
I tuo fratelli hanno dormito imperterriti tutto il tempo (così come la nonna che era nella stanza accanto alla mia e che si è svegliata solo quando è arrivata la seconda ostetrica: il tempo di vestirsi ed uscire dalla camera per vederti già attaccato al seno!) ed è stato meraviglioso vedere lo stupore e la felicità negli occhi di Nicolò, Annalisa, Camilla e Sarah quando ti hanno visto dormire beato addosso a me.
Sei ancora addormentato sul tuo papà. Hai la vita davanti, e che sia meravigliosa. Anche se è stato davvero difficile lasciarti volare...
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