Mentre mi trovavo nella mia condizione semisferica di assoluta e incosciente felicità mi è caduto un macigno sulla testa, uno di quelli che non si dimenticano: è capitato l'ennesimo fatto di cronaca spiacevole, uno dei tanti, purtroppo, che nascono con uno sciocco pretesto e finiscono in botte, tragedia e morte. Se facessi un qualunque riferimento a certi aspetti di quel caso, subito tutti lo riconoscerebbero e forse lo commenterebbero col mio stesso sdegno, con la stesso rassegnato dolore, ma non è questo che voglio.
Quando hanno dato la notizia, durante il telegiornale, stavo mangiando: ho mollato la forchetta e non l'ho ripresa più in mano fino al pasto successivo. Mi sono accucciata sulla mia pancia come una chioccia sulle uova e ho pensato a quella mamma, al dolore, quello vero, che le ha attraversato il cuore, la testa, l'anima; ho voluto farmi ancora più male e ho proseguito nei miei pensieri: che effetto deve fare ad una mamma pensare al proprio figlio indifeso, ferito e stremato sotto una scarica di colpi efferati e scellerati. Le ossa che si spezzano, il sangue che sgorga e il suo cuore che si sgretola. E quello di sua madre con lui.
Che illusione tenerli nella pancia e pensare di poterli proteggere, custodire! Il primo vero scherzo che una mamma subisce: pensi di essere un piccolo universo e invece non sarai mai in grado di dare un riparo sicuro al tuo cucciolo.
Ho capito di essere davvero diventata una mamma, uno di quegli esseri speciali che hanno un amplificatore montato da madre natura alle proprie emozioni e ho ripensato a mia nonna quando ascoltava una qualunque tragedia al telegiornale. Che fosse stato ucciso un innocente, un assassino o un efferato criminale, che ci fosse stata un'esecuzione, un'omicidio premeditato o un incidente stradale, mia nonna sospirava, rivivendo forse un po' i tanti aborti spontanei che le erano toccati e che le davano la sensazione di essere la madre di tanti bambini mai nati e diceva:
“Era sempre un figlio di mamma”
Pensavo che sbagliasse a fare di tutta l'erba un fascio, soprattutto nel corso della mia adolescenza idealista. Ma non era degli uomini e delle loro azioni che lei si preoccupava, ma del dolore di una madre che non avrebbe mai visto tornare ciò che aveva atteso con tanto amore.
di Monia Scarpelli, autrice di “Mani di vaniglia: nascita di una mamma in 40 settimane”