Abbiamo più volte parlato del "mutismo selettivo", una difficile condizione che affligge i bambini rendendoli incapaci di proferire parola quando sono al di fuori della stretta cerchia familiare. E' un disturbo che non si conosce e si sottovaluta. Il bambino quando è al di fuori della famiglia si blocca, e pur volendo interagire, non riesce ad emettere suoni, diventa muto suo malgrado. Immaginate quanto è difficile trovarsi a non poter parlare a scuola, all'asilo, al parco...
Oggi ospitiamo la testimonianza di una mamma che ha affrontato questo problema con sua figlia dai 3 anni alla scuola primaria, poi risoltosi.
Ricordiamo che esiste un'associazione onlus attiva che dà informazioni e sostegno a chi si trova alle prese con il Mutismo Selettivo: l'AIMuSe che ha scritto per noi l'articolo Mutismo Selettivo: un disturbo dei bambini sottostimato.
Un salto nel buio - l'esperienza di una mamma di una bambina che era selettivamente muta
Sono solita paragonare la mia esperienza di mamma di una bambina con un trascorso di mutismo selettivo come un periodo caratterizzato da un: “Salto nel buio”.
Il salto perché presuppone necessariamente uno sforzo, il buio poiché in esso occorre muoversi lentamente, procedere per tentativi, prima di trovare la strada giusta.
È difficile immaginare quanto duro lavoro possa nascondersi dietro ad un silenzio.
Quante lacrime, quanti pianti e perché rendano le notti insonni, poiché se una menomazione fisica è purtroppo subito evidente, esistono disagi che non hanno un’espressione fisica immediata, ma si manifestano in comportamenti che si comprendono solo con una frequentazione.
In questi casi, quando noi genitori ricorriamo alla scusa della timidezza, il nostro non vuole essere un mentire, ma un omettere una verità che per questioni logistiche di tempo e spazio (cassiera al supermercato, il vicino in ascensore) meriterebbe più tempo per essere affrontata, dal momento che l’argomento è poco conosciuto e anche la bibliografia è assai poco generosa.
Tutto è cominciato quando all’età di tre anni, io e mio marito nell’osservare la bimba giocare ai giardini scorgevamo un insolito silenzio, a dispetto di uno sguardo “affamato di vita” ogni qualvolta si trovava ad interagire con altri bambini.
Non conoscendo il mutismo selettivo, ma pensando piuttosto ad una sua componente caratteriale, l’essere timida, decidemmo di iscrivere mia figlia in un centro di pratica psicomotoria con la speranza di sciogliere quella sua socializzazione un po’ “congelata”.
In questo centro la triste scoperta, il famoso “salto nel buio”, il consiglio della psicomotricista di contattare una neuropsichiatra infantile, quindi la diagnosi.
Ricordo che da quel momento in poi fu un continuo informami, documentarmi, il libro della dottoressa Shipon Blum: “Comprendere il mutismo selettivo” lo divorai in pochissime ore, mi iscrissi all’Associazione (AIMuSe); partecipavamo agli incontri da essa organizzati e nei momenti di maggior sconforto trovavo rifugio nel blog di un famoso social network e qui mi si apriva un mondo di comprensione fatto da tanti altri genitori che si trovavano a vivere la mia stessa situazione.
Avvalendomi del supporto della psicomotricista, che vedeva con regolarità la bimba una volta alla settimana, seguimmo un percorso di strategie volte al rafforzamento dell’autostima, privilegiando una totale collaborazione tra noi e la specialista.
Mi trovai anche a prendere decisioni sofferte e contrastate, laddove trovavo interlocutori sordi al problema, nello specifico la prima insegnante della scuola dell’infanzia, a causa della quale ci trovammo costretti, nostro malgrado a cambiare asilo.
È stato un periodo davvero intenso, oserei dire un vero e proprio lavoro familiare, nulla lasciato al caso, al gioco o al semplice vissuto quotidiano che si trattasse, un massiccio lavoro educativo mirante ad incoraggiare, rassicurare e mai sforzare a parlare la bambina.
Un lavoro che non poche volte mi lasciava svuotata, priva di energia, nello stesso modo di quando mi trovavo a spiegare che cosa fosse il “mutismo selettivo” ad un incredulo e sconcertato interlocutore.
Oggi nostra figlia ha sette anni, frequenta con serenità la prima elementare, quando qualcuno mi domanda come abbia fatto a superare il problema sono solita rispondere ciò che invece mi sono limitata a non fare: poiché se è vero che non esiste ancora un percorso univoco da seguire esiste invece una solida certezza, che sono gli errori da non perseguire con questi bambini speciali.
a cura di Monia Balesini
Associazione AIMuSe - Associazione Italiana Mutismo Selettivo