Mia moglie e io potremmo non intenderci su molte cose, ma sull'educazione di Sofia e su come crescerla non abbiamo mai avuto incomprensioni. Continuiamo a trovare conferme sulla nostra comunione di intenti.
Uno dei punti che riteniamo fondamentali è quello di aiutare Sofia ad ascoltarsi, riconoscendo le emozioni e gli stati d'animo che vive quotidianamente.
Spesso le chiediamo “Come ti senti?” (Domanda ben diversa da “Come stai?”). Stimolandola all'auto ascolto. Cerchiamo di aiutarla ad andare oltre le superficiali risposte “bene” e “male”.
“Bene” e “male” non dicono molto. Vorremo che ogni volta lei scoprisse cosa significa “bene” in quel preciso momento.
Pensate a quanti stati d'animo possono farci sentire “bene”: allegria, serenità, spensieratezza, rilassamento, gioia, euforia, soddisfazione, ecc... Lo stesso vale per “male”.
Ma torniamo a Sofia che, sempre con i suoi tre anni e mezzo, comprende più facilmente concetti “concreti”. Ecco, quindi, il respiro: una “cosa” invisibile, ma concreta e tangibile (il respiro si può sentire sulla mano e si può ascoltare con le orecchie).
Sofia sente il suo respiro e può riconoscere quanto sia diverso, in ogni istante della giornata. Può imparare e riconoscere le sfumature del suo respiro dando un nome a ciascuna di esse.
A questo punto vi potrà sembrare comprensibile lo scambio di battute che da' il titolo a questo articolo, se associato a un momento di rabbia di Sofia.
Tenete presente che Sofia è abituata ad ascoltare il respiro da “sempre”. Inizialmente le sue risposte erano vaghe, oggi sono più precise.
“Com'è il tuo respiro?”
“Brutto!”
“Perché?”
“Perché mi sento arrabbiata!”
E appena riconosce l'emozione, questa perde di intensità. In altre parole, appena riconosce la rabbia, Sofia si sente meno arrabbiata.
Sofia, oggi, è capace di riconoscere se stessa grazie al respiro, che la accompagna dal primo istante della sua vita.
Vorrei aggiungere alcune considerazioni generali.
Il respiro è fedele compagno della nostra vita, ci invia costanti messaggi “dicendoci” come ci sentiamo e quali emozioni stiamo provando, il fatto è che non siamo abituati ad ascoltarlo. Spesso ci nascondiamo dietro a scuse tipo “non ho tempo” oppure “ ho tante cose da fare” e altre. Ma quanto tempo ci vuole per ascoltare un respiro? Un istante!!! Ed è obbligatorio fermarsi per ascoltare il respiro? No, anzi, se riuscissimo a farlo durante le attività quotidiane sarebbe ancora meglio.
Credo che per educare i nostri figli all'ascolto del respiro sia fondamentale che noi, per primi, si sia capaci di ascoltarlo. Per cui: alleniamoci!!!
Non so se Sofia, crescendo, manterrà questa abitudine, ma sono certo che questa esperienza sarà un semino che in un modo o nell'altro germoglierà.
Grazie a tutti e buon respiro!!!
Matteo Manzini, Insegnante di Rebirthing e Meditazione, riceve a Milano e Varese, www.ilrebirthing.it, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo., 347-8702112