“Tu mica tieni paura di morire, tu tieni paura di vivere!”
Una frase che in momenti diversi dovrebbe far riflettere ognuno di noi. E’ proprio questa la cosa più bella di questo film, In viaggio con Adele: lasciarti piccoli semi di riflessione e di pensiero, facendoli cadere con leggerezza, spesso anche dietro una risata.
E’ con quella frase che Adele nella sua modalità semplice e vera, mette Aldo davanti a se stesso…
Adele è una giovane donna “neurodiversa”, come si definisce, probabilmente affetta da una sindrome dello spettro autistico; lei è insieme: bambina con la testa fra le nuvole, donna fuori di testa, arguta, veloce all’apprendimento, ingenua, testarda, priva di filtri, coquette ed esuberante.
Gira vestita come un coniglione rosa, in compagnia di una gabbietta in cui trasporta un gatto che solo lei vede.
Parla, ma si accompagna con dei post it rosa shocking che le servono per dare un nome un po’ a tutto: dalle cose che danno un senso alla quotidianità, alle parole che rivelano le sue sensazioni più vere e le cose innominabili… Adele è una strana!
Rimane orfana di madre nella prima scena del film, il padre non l’ha mai conosciuto.
Aldo è cinico, ipocondriaco e centrato solo su di sé, è nei suoi 70, ma non fa pace con la sua età. Fa l’attore e deve partecipare ad un provino che rilancerà la sua carriera. Si scopre padre della giovane Adele, mentre lei non sa nulla.
Se Adele all’inizio è una patata bollente di cui disfarsi, nel corso di un lungo viaggio in auto, grazie a lei Aldo fa un viaggio dentro se stesso riscoprendo che l’amore di un figlio, per quanto complicato, da un senso più profondo alla nostra vita.
Il film è bello, nonostante il tema importante, è leggero, spesso anche divertente ed ironico. In modo delicato e attraverso le stranezze di Adele e le ossessioni di Aldo ci porta a scoprire:
- che i figli sono un incredibile strumento di crescita.
- Che le stranezze e le diversità, il modo di essere a volte instabile è una condizione che, patologia a parte, ci consente di vedere le cose con lenti profonde, che spogliano le cose del superfluo e ci mostrano la verità, più profonda, più aderente al lato emotivo, una verità che ci permette di fare i conti con chi siamo, chi vogliamo essere, chi possiamo essere.
- Che i nostri figli a volte hanno comportamenti che sono come doni preziosi incartati male. Il comportamento a volte bizzarro, indisponente, problematico, non è altro che la carta brutta e consunta dietro la quale si cela il dono: una dichiarazione di amore e una richiesta di aiuto, di attenzione.
- Che spesso la nostra vita di genitori ci fa vivere un dualismo tra il bisogno di dedicarci a loro e il bisogno di dedicarci alla nostra vita professionale; a volte ci costringe a scegliere e scegliere non è mai facile.
Il film è bello, lo consiglio. E’ un film da adulti, non un film per la famiglia.
Bravissima l’attrice Sara Serraiocco, nella parte di Adele, calata perfettamente nel personaggio, nel dialetto pugliese, in una recitazione vera e credibile, davvero eccellente.
Il film si conclude con una piccola magia, secondo me… così per ricordare che forse l'incanto esiste, forse quando non vediamo le cose è solo perché i nostri occhi sono meno abili di quelli di altri, forse la follia è solo una sfumatura più accesa della normalità.
di Barbara Siliquini