L'anno scorso noi di GenitoriChannel.it abbiamo affrontato la perdita di 3 nonni ed erano nonni con cui i bambini avevano una quotidianità molto assidua.
Tutti e tre sono stati portati via dal cancro in un momento della loro vita in cui erano ancora attivi, lucidi e presenti, una perdita quindi un po' più difficile di quella di una bis-nonna novantenne che è sempre stata percepita dai bambini come "alla fine della sua vita".
Anche se la morte di un nonno è una morte più "naturale" di quella di un fratello o di un genitore, la gestione emotiva di questo passaggio dalla vita alla morte non è banale per nessuno della famiglia (la gestione pratica non è da meno...) soprattutto in questo momento storico in cui la famiglia mononucleare e la vita cittadina ci priva spesso del confronto con la morte come parte della vita.
Questo è un articolo scritto a 4 mani ed è quindi la somma delle nostre esperienze, speriamo che sia ricco di stimoli per affrontare questo momento con i bambini come un processo di crescita di tutta la famiglia.
1. Raccontare la morte ai bambini: il bruco Paolino e il nonno con la valigia
Quando la morte è preceduta dalla malattia, questo vi dà il tempo di preparare i bambini. Fatelo, non teneteli all'oscuro, date loro la possibilità di fare domande, elaborare ed esprimere le loro paure, i dubbi, le idee.
Nella nostra cultura la morte è qualcosa di brutto, definitivo, pauroso e piuttosto osceno. Tendiamo a non parlarne, non mostrarla, non chiedere.
Noi abbiamo deciso di tentare di renderla per quello che è: una parte della vita di cui sappiamo poco, sappiamo che ne segna sicuramente la fine almeno della parte che noi possiamo vedere.
Abbiamo visioni della spiritualità e della vita dopo la morte abbastanza diverse nelle nostre famiglie ma entrambe abbiamo cercato di raccontare che la morte è una trasformazione, non sappiamo cosa vi sia dopo, non abbiamo certezze ma abbiamo la sensazione che non sia la fine di tutto, perciò abbiamo creato delle storie, un linguaggio simbolico con cui i bambini potessero comprendere concetti così difficili, storie che contribuiscano a dare un senso alla morte.
Storia del Bruco Paolino
di Barbara Siliquini
Un giorno il bruco Paolino, che aveva tanti amici bruchi e una bella famiglia, si sentiva davvero stanco e affaticato, pensò di appendersi ad una bellissima foglia e farsi un nido soffice di seta per dormire un po' e ristorarsi.
Quando si svegliò e sgusciò fuori dal confortevole letto che si era preparato, scoprì di avere ali stupende, colorate e variopinte, e di poter volare.
Con le sue nuove ali poteva vedere cose meravigliose che fino a poco prima non aveva idea esistessero. Il suolo aveva mille colori: sfumature di verde, di grigio, di marrone, superfici di specchio, e migliaia di bottoni colorati di ogni forma e colore: i fiori.
Ad un certo punto Paolino vide il suo caro amico Poldo, la sua fidanzata Gisella, i suoi fratelli e le sue sorelle più piccoli.
Erano tutti così tristi e mogi... non capiva.
Si avvicinò per rallegrarli con le nuove scoperte che aveva fatto. Ma quando fu vicino li udì dire: “Povero Paolino! Povero Paolino! Ci ha lasciati... ora non può più godere delle mille belle cose della vita, e come sarà triste senza di lui!”
Paolino a sentire quelle parole capì che non l'avevano visto, non guardavano in alto, allora volò in mezzo a loro e tutto soddisfatto atterrò in tutta la sua nuova bellezza e disse “Sorridete ragazzi!!! Io sono ancora qua, solo che ora volo, sono ancora più bello e posso godere di una vita e di uno spettacolo di cui non avete idea. Non vedo l'ora che anche voi mi raggiungiate!”
Ma sentì i suoi cari dirsi fra loro: “Che bella farfalla, e sentite che strano suono emette... forse sta cantando. Lei sì che è fortunata... forse è venuta a cantare un addio al povero Paolino.... oh.. guardate è scomparsa”.....
Paolino li vedeva, li capiva, ma loro non potevano capirlo e lo vedevano solo se lui gli si piantava proprio davanti e quando spiccava il volo verso l'alto per i bruchi era scomparso...
Il nonno con la valigia
di Barbara Motolese
Il nostro nonno è morto in casa, al piano di sotto, giorno per giorno i bambini l'hanno visto cambiare, velocemente ma anche gradualmente e hanno capito in fretta che la sua malattia non era una delle solite influenze, volevano sapere cosa sarebbe successo da lì in avanti e così abbiamo cominciato a dire che il nonno si stava preparando, stava facendo la valigia, stava sistemando tutte le sue cose per poter partire per un viaggio, stava "traslocando" in un'altro mondo, un mondo dove avrebbe incontrato la nonna-bis, un mondo dove si entra solo dopo essere stati chiamati.
Il nonno ha cominciato a non parlare più molto e poi a non alzarsi quasi più dal letto, doveva conservare le forze per il suo viaggio, doveva concentrarsi a pensare se aveva preso tutte le sue cose. Tante persone venivano a trovarlo perchè il nonno aveva tanti amici e tutti volevano salutarlo prima che partisse.
Gli ulitmi giorni il nonno ha cominciato a dormire sempre più spesso, i bambini l'hanno vegliato insieme a noi perchè così il nonno non sarebbe stato solo alla sua partenza, gli hanno preparato disegni e messaggi, gli hanno raccolto fiori e pietroline, gli hanno accesso candele e incensi, l'hanno salutato quando ha espirato per l'ultima volta, il nonno è partito, il suo corpo è rimasto qui perchè nel'altro mondo non gli servirà, ha oltrepassato la porta con la sua valigia piena ma ogni tanto torna a farci visita, ha fatto un nido sull'albero davanti a casa, è intorno a noi, a volte ci fa gli scherzi dando alle nuvole forme strane, altre volte è nel rosso del tramonto che cinge la casa e ci protegge.
2. “Ma nonno può morire?” - preparare i bambini mettendoli a parte delle informazioni
Nonno Franco l'abbiamo lasciato per le vacanze che era normale, e siamo tornati che non si alzava più dal letto, a stento riconosceva, aveva perso più di 10 kg, non aveva più i capelli, non poteva usare la dentiera (quindi era senza denti) ed era una persona diversa da quella di 15 giorni prima: invecchiato di 20 anni di colpo.
Prima di portare i bambini da lui (e prima di sapere che sarebbe morto) abbiamo raccontato loro che cosa era successo, cercando di essere molto specifici nel descrivere cosa era avvenuto nel suo corpo, anche dal punto di vista medico.
I più grandi (9 e 11) volevano sapere dettagli come la conta dei globuli del sangue quotidiana, per monitorare se la situazione si riprendeva; volevano sapere se e cosa aveva mangiato, etc.
Abbiamo cercato di raccontare loro le cose in modo onesto.
Per tutti i nostri figli la morte del nonno è stata la prima vera esperienza di lutto e una delle domande più ricorrenti era proprio
“Ma nonno può morire?!”
A questa domanda abbiamo sempre cercato di rispondere senza mentire, soprattutto quando ancora non sapevamo con certezza come si sarebbe evoluta la situazione, dicevamo loro “Tutti possono morire, anche nonno prima o poi morirà. Non sappiamo se morirà fra tanto tempo o no. Se il suo corpo reagirà alle cure, allora non sarà ancora il suo momento”.
3. Preparare i bambini alla trasformazione fisica
Nel poco tempo in cui i bambini non avevano visto il nonno Franco, questo era diventato un'altra persona. Nell'ultimo incontro erano andati in auto a comprare i dolcetti, poi al parco, era il nonno di sempre, ora lo avrebbero ritrovato senza denti, senza capelli, pelle e ossa, che parlava a fatica e non camminava né si alzava dal letto.
Li abbiamo preparati alla trasformazione fisica facendo al nonno un video in cui li salutava. Il video è stato di fortissimo impatto per loro, hanno pianto molto e si sono preoccupati. Ma hanno potuto esprimere liberamente queste emozioni a casa, non davanti al nonno o alla nonna, con la preoccupazione della loro reazione.
Noi ci siamo resi disponibili a rispondere a tutte le loro domande... abbiamo affrontato il tema della morte raccontando la storia del bruco Paolino (vedi sopra).
Nei due mesi nella struttura di hospice, abbiamo portato spesso i bambini dal nonno. Ci eravamo procurati fogli, colori, pennelli, plastilina, forbici, colla. Quando andavamo dal nonno, mettevamo un tavolo affianco al suo letto e i bimbi disegnavano, coloravano, creavano.
Dopo un paio di visite la stanza sembrava un museo contemporaneo: piena di colori, disegni, pupazzi. Il nonno era molto felice di averli intorno. La nonna, che lo assisteva, anche.
I bambini hanno rapidamente fatto propria questa nuova normalità.
4. Parlare della morte, ma non uccidere la speranza
Durante i 2 mesi di malattia i bambini spesso mi facevano domande. Il loro obiettivo era sempre quello di trovare una speranza: “Mamma ma nonno può non morire? Tipo, può succedere un miracolo?” .
Io ho sempre tenuto una linea di onestà dicendo loro che il nonno sarebbe morto e che i miracoli sono sì miracoli, dunque possono accadere, ma che non ritenevo che sarebbe avvenuto un miracolo questa volta.
Devo dire che ex post, avendo osservato le loro reazioni, mi sono chiesta se non fosse stato meglio lasciare loro un appiglio. Perché i bambini spesso mi rispondevano arrabbiati "Stai zitta!!!" oppure quando li vedevo molto sconsolati e dicevo loro "Piangere così non ti aiuta e se nonno lo sapesse non aiuterebbe neanche lui: pensa a qualcosa di bello, se senti che ti fa bene datti una speranza" Aylin mi rispondeva "Io vorrei avere una speranza, ma tu me le distruggi tutte!".
In realtà la loro reazione alla morte, quando è arrivata, è stata "serena". Ovviamente ha avuto un impatto di tristezza e di nostalgia, ma ho notato che i bimbi diversamente da noi, tendono a vivere stando nel quotidiano, nelle loro attività, non con il pensiero fisso della perdita come capita a noi adulti. Quindi mi sono chiesta se un po' di speranza prima, non li avrebbe aiutati ad essere meno spaventati dall'idea indefinita che il nonno non ci sarebbe stato più.
5. I bambini, la camera mortuaria e il funerale
Alcune volte quando la morte arriva deforma la salma, in questo caso forse portare i bambini nella camera ardente non è consigliato, negli altri due casi invece i nonni avevano un viso sereno, quasi lieto, come se dormissero, ecco perchè ci è sembrato naturale far partecipare i bambini anche a quest'ultimo saluto e non avevamo alcun dubbio che avrebbero preso parte ai funerali.
Lasciare che i bambini partecipino alla cerimonia funebre è cosa fondamentale: la ritualità è importante per aiutare ad elaborare il passaggio e la perdita. Tra l'altro spesso i funerali diventano momenti di gioia inaspettata: si incontrano persone che non si vedono da tanto, a volte la celebrazione continua perché ci si incontra con i parenti venuti da lontano per cenare insieme, si raccontano aneddoti, si respira comunque l'amore e la comunione con chi sta passando il momento di lutto.
Impedire ai bambini di vivere questo passaggio è come privarli di un tassello: il nonno non c'è più, nascondere il dolore, o la celebrazione della morte non aiuta, anzi dà ai bambini il messaggio che è meglio celare i nostri sentimenti di dolore e tristezza... e questo è molto doloroso, il bambino si ritrova da solo con le sue paure e le sue sensazioni.
Se potete attivate qualcuno per i canti al funerale, meglio se sono canti che tutti conoscono e di cui hanno il testo. La celebrazione con i canti diventa molto più intima, sentita e gioiosa e i bambini potranno parteciparvi cantando. Se decidete di non fare una cerimonia religiosa trovate comunque il modo di farne una in cui siano coinvolti anche i bambini, in cui magari possano scrivere dei biglietti da bruciare in un falò, lasciar volare dei palloncini, accendere una candela...sono tutti piccoli gesti che aiutano i bambini a lasciar andare la persona.
6. Come vivono i lutti i bambini
Accettare la morte come evento possibile, non solo nelle storie o nei film, ma anche nella vita reale, e soprattutto accettare che possano morire le persone a cui si vuole bene è una cosa veramente difficile, non so quanti adulti possano dire di aver veramente accettato questa eventualità. Il primo lutto è proprio quel momento in cui la paura della morte diventa tangibile e reale e i nostri figli, a seconda della loro età hanno reagito tutti in modo diverso.
La nostra prima sorpresa è stata scoprire che i bambini sembrano avere più strumenti di noi per affrontare il dolore della perdita.
Più sono piccoli, meno prospettica è la loro visione di ciò che sta accadendo: Giada Lien e Lorenzo, che hanno 5 anni, ad esempio, sono quelli che hanno affrontato le fasi terminali della malattia dei nonni e la notizia della morte come se fossero cose che accadono nella vita: te le dicono e per te poco cambia.
Il loro dolore è arrivato più avanti, quando la vita avrebbe dovuto tornare ad essere come prima, ma sono momenti sporadici, non sono la tristezza continua che sperimentiamo noi adulti per la perdita di una persona cara.
Allora ogni tanto a distanza di un paio di mesi Giada Lien ha delle crisi di pianto e dei momenti in cui dice “Voglio nonno Franco, io lo voglio vedere. Mi doveva portare dai cavalli e poi al parco...”, oppure Lorenzo si intristisce all'improvviso dicendo "ti ricordi quando il nonno Aldo mi ha regalato questa bici?"
Per i più grandi il senso di perdita era più evidente: Aylin e Samuel (9 e 11 anni) hanno pianto di più in prossimità della morte e anche quando hanno visto le profonde trasformazioni fisiche del nonno. Ma la possibilità di avere risposte oneste ai loro dubbi sempre, di aver sentito di essere messi a parte delle cose, l'aver vissuto i passaggi di saluto, credo abbia dato loro la possibilità di sentire che possono superare anche autonomamente il dolore del distacco dai nonni.
di Barbara Siliquini e Barbara Lamhita Motolese
Immagine: Plancas67 su Flickr.com
Commenti
Grazie. Davvero.
magari non ti ricorderai ogni cosa, e troverai le tue modalità, ma la cosa importante è ricordarsi che i bambini hanno molti strumenti e vivono questo passaggio in modo più sereno di noi se noi glielo permettiamo.
Non nascondere ed essere onesti è un buon modo per aiutarli
grazie di aver condiviso le vostre esperienze, mi sono molto commossa...
Volevo confrontare con voi la nostra esperienza: mia madre, 57 anni, è morta di cancro due anni fa, quando Chris aveva 3 anni e mezzo e Andreas... solo 3 mesi. La scoperta della sua malattia è avvenuta 4 giorni dopo la sua nascita, per cui potete immaginare come tutto sia stato devastante, per tutti noi (soprattutto per me, poiché le sono indissolubilmen te e visceralmente legata).
Mi madre aveva un rapporto magico, con Chris, che - ovviamente - ha lasciato un vuoto immenso, in lui.
In un primo momento il piccolo mi chiedeva quando la nonna, volata in cielo, sarebbe tornata. Io gli ho spiegato che non sarebbe più tornata come noi eravamo abituati a vederla, in carne ed ossa, perché era ormai diventata un angelo magico: vive su una stellina in cielo e può trasformarsi: diventare quindi un gattino che lo avvicina per farsi accarezzare, o una farfallina che gli svolazza intorno (e di volta in volta inventavo, in base agli "incontri". Lui, un po' consolato, rifletteva qualche attimo e poi mi diceva "Ma io voglio la nonna, quella con gli occhiali, che cammina...".
Inq uesti due anni ogni tanto ancora continua a chiedere perché la nonna non possa tornare, perché la sua malattia non fosse curabile, ecc.
Ma ha ormai acquisito l'informazione - attraverso una esperienza concreta - che la morte ti strappa le persone a cui tieni di più quando meno te lo aspetti. E quindi: "Mamma ma tu quando muori?", "Ma papà può morire?", "A chi vengono queste malattie che non si possono curare?", "Ma se si mangia tanta frutta e verdura, non si muore mai?" Io gli dico che noi dobbiamo pensare alla vita, che non sappiamo quando moriremo, ecc (io stessa mi angoscerei un po', però, sentendo questo).
E questo è il primo punto rimasto irrisolto.
Il secondo: alla consapevolezza che la nonna non possa più tornare, ecco che dice spesso "allora anche io voglio morire, così vado in cielo dalla nonna". Orrore. Gli ho spiegato che lui è piccolo e deve fare tutte le cose belle che la vita ha in serbo per lui, che nessuno può decidere di morire, che si muore quando siamo chiamati in cielo dopo aver fatto tutte le cose belle che la vita aveva previsto per noi.
Ma questi due aspetti mi fanno capire che il piccolo non sia affatto sereno in merito al tema della morte e alla sua imprevedibilità ... non vorrei mai che questo evento lo porti a vivere con l'angoscia dell'incombenza della morta.
Credo che perdere un nonno anziano dia ai piccoli dei "parametri" certi sul sopravvenire della morte e quindi del distacco.
ma perdere un nonno giovanissimo, che nell'aspetto non differisce poi tanto da papà e mamma, ponga delle questioni che non riguardano più il problema della gestione della perdita relativa a quella determinata persona, ma con la morte e con la paura verso di essa in genere....
grazie anche a te di aver condiviso con noi la tua esperienza.
Anche i nostri figli hanno fatto domande simili alle tue e noi abbiamo risposto diversamente anche in base a chi ci poneva la domanda, ai più piccoli abbiamo dato qualche rassicurazione in più, ai più grandi abbiamo lasciato spazio anche per dubbi e riflessioni più profonde.
La morte è una parte della vita, che questo ci piaccia o no, parlarne e accogliere le loro paure (che si riflettono nelle nostre), è una delle cose migliori che possiamo fare. Se poi ci fossero segnali di disagio grave allora puoi rivolgerti ad un professionista. Da quello che racconti ti possiamo dire che anche i nostri figli sono stati tutti colpiti e, ciclicamente, hanno bisogno di parlarne e di esprimere la loro tristezza.
A noi è capitato anche di perdere un amico, un papà della stessa età di mio marito, con figli piccoli, siamo andati al funerale a abbiamo parlato molto anche in questa occasione ma la paura di perdere le persone care vale per tutti, anche per i nostri figli