E’ affar nostro?
Lo vediamo ovunque. Un genitore stanco alla fine di una giornata stressante perde la calma e un bambino soffre. Vorremmo fare qualcosa, ma esitiamo. Sono faccende che ci riguardano? E se reagiamo mettiamo in imbarazzo e provochiamo il genitore, mettendo ancor più a repentaglio il bambino? Sbagliamo se diciamo con severità al genitore che deve trattare il figlio con gentilezza? È meglio passare facendo finta di niente? In fondo nessun genitore è perfetto.
Sembra ci sia un comune pregiudizio nella società, e cioè che intervenire in difesa di un bambino in un luogo pubblico debba necessariamente mortificare il genitore. Ma c’è una gran differenza tra una mortificante contestazione (“Come si permette di trattare così suo figlio?”) e un intervento che cerca di aiutare (“A volte non è facile stare dietro ai loro bisogni se si ha da fare, posso aiutarla in qualche modo?”). Intervenire non implica necessariamente modi offensivi. Agire per aiutare un genitore o difendere un bambino non è di per sé offensivo.
Sono intervenuta con successo in più occasioni: aiutando una madre a scegliere la verdura, aiutando un bambino a raccogliere i giocattoli che gli erano caduti, aiutando una mamma a vestire un bimbo irrequieto. Tutte le mamme erano sinceramente grate, mi hanno ringraziato per l’aiuto e hanno ricominciato subito a trattare i loro bambini con gentilezza. Porto sempre con me degli adesivi colorati: ho scoperto che distraggono un bambino annoiato, stanco o irrequieto, i cui genitori sono troppo affaticati e poco pazienti.
Quando un bambino è contento per il regalo inaspettato (non solo per l’adesivo ma anche per gli sguardi e le attenzioni affettuose che riceve) il genitore molte volte si sente più rilassato, addirittura rigenerato: possiamo intervenire in modo positivo comunicando che ci importa sia del bambino che del genitore.
Tante persone nella nostra società fanno una seconda supposizione comune, ossia che la scelta che abbiamo sia tra trasmettere un messaggio al genitore (e al bambino) e non trasmetterne alcuno. Però "non trasmetterne alcuno", di fatto, non è un'opzione. Noi trasmettiamo comunque un messaggio, sia passando solo davanti a un bambino affranto, sia intervenendo. Passandogli davanti, diamo al bambino il messaggio che a nessuno importa della sua sofferenza e ai genitori che approviamo le loro azioni.
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