Questa pratica introdotta nel 19° secolo, viene e veniva eseguita nella convinzione che migliorasse gli esiti del parto. Oggi, grazie ad una cospicua letteratura scientifica, è noto che l'episiotomia non rimane che una gratuita mutilazione dei genitali femminili. Nonostante le evidenze, questa pratica è ancora dilagante nella maggior parte degli ospedali e viene ancora insegnata nelle scuole di ostetricia. Nel 2001 220.000 le donne che hanno subito tale pratica, per nulla affatto priva di conseguenze.
Cos'è l'episiotomia:
Sentiamo il parere del Presidente della Nuova Accademia Europea di Chirurgia, Professor Micheal Stark, che afferma che l'episiotomia non sia efficace nè per accelerare il parto, nè per ridurre le lacerazioni importanti, mentre aumenta le controindicazioni per la donna.
Il parere di Micheal Stark sull'episiotomia (tradotto in italiano)
E' di oggi la notizia che la Suprema Corte (terza sezione civile, sentenza n.11958) ha accolto il ricorso di due coniugi: la donna, durante il travaglio del parto, era stata sottoposta a un intervento di episiotomia riportando lesioni gravi permanenti con un'irreversibile incontinenza anale. Ciò aveva avuto gravi ripercussioni sulla sua vita sessuale e su quella del marito, e entrambi si erano rivolti al giudice contro l'ente sanitario Ausl Roma G per ottenere il risarcimento di tutti i danni, biologico, patrimoniale e non.
Il ricorso accoglie l'istanza sull'esiguità della somma stabilita dai giudici, sottolineando che "deve considerarsi anche il pregiudizio non patrimoniale consistente nella sofferenza morale determinata dal non poter fare e quindi anche la menomazione di quella particolare dignità della affectio coniugalis nelle sue manifestazioni amorose". Infatti, il danno morale va in questi casi riconosciuto perchè il "pregiudizio serio attiene al valore costituzionale del matrimonio e della sua vita comune - osservano i giudici di 'Palazzaccio' - e pertanto non di sola salute si tratta, ma della stessa essenza della vita coniugale, come si desume dall'articolo 29 della Costituzione".
Il risarcimento, infine, spetta, nel caso in esame, anche se con "valutazione autonoma" a entrambi i coniugi, sia per il "gravissimo handicap che quotidianamente affligge" la donna, sia per "la posizione soggettiva, costituzionalmente protetta, del coniuge in relazione al diritto a una vita coniugale completa".