Approfondendo l'argomento con il dr. Giuseppe Battistella, Medico Epidemiologo presso il Servizio di Statistica ed Epidemiologia dell'Azienda ULSS 9 di Treviso (Veneto), con la sua collega d.ssa Patrizia Riscica, e con la d.ssa Bazzo, ricercatrice del Dipartimento Materno Infantile dell'Università di Trieste, che studiano da anni a fondo il tema, scopriamo che una condotta preferenziale esiste, anche se è poco propagandata.
La verità è che l’alcool passa rapidamente dal sangue materno a quello del bambino attraverso la placenta. Quello che la donna beve, lo assorbe anche suo figlio. Non esistono attualmente degli studi scientifici che permettono di determinare la soglia al di sotto della quale il consumo d’alcool di una donna incinta è senza conseguenze per il nascituro. Di conseguenza durante la gravidanza si raccomanda di non bere alcoolici. Si eviti in ogni caso di consumare delle grandi quantità d’alcool in una sola occasione. Bere troppo, anche una sola volta durante la gravidanza, può provocare dei danni irreversibili al bambino. Il consumo potrebbe intervenire in un momento decisivo dello sviluppo dei suoi organi. Una conseguenza possibile per il bambino è che le differenti parti del corpo non si sviluppino né allo stesso momento della gravidanza, né alla stessa velocità. A dipendenza del periodo nel quale interviene un abuso di alcool, dei modi e della durata del consumo della madre, le lesioni del bambino possono avere forme e gradi differenti: da ritardi nello sviluppo a malformazioni fisiche e psicologiche gravi, fino alla morte nell’utero.
Ecco un'intervista al dr. Battistella, co-fautore, all'interno di un team interfunzionale della asl veneta, della campagna "Mamma beve- Bimbo beve".
1.D. In gravidanza, un bicchiere di vino, o qualche sorso di alcolico o superalcolico è sconsigliabile? …In genere si dice “basta non esagerare”, o “se sei in gravidanza, giusto una volta ogni tanto”, ma dalla campagna lanciata dalla asl del Veneto “mamma beve, bimbo beve”, la questione sembra più grave...
1.R. Il feto non ha gli enzimi per metabolizzare l’alcol. Inoltre i suoi effetti su un cervello in rapida crescita sono molto diversi di quelli che ha su un cervello adulto.
Quello che si sa è che quando una donna in gravidanza beve alcol questo passa la placenta e va al feto in quantità proporzionale. Se la mamma beve un bicchiere il feto ne beve un bicchierino. Non si sa se vi sia una dose priva di rischi per un feto. Per la mamma due bicchieri sono sicuri, per il feto due bicchierini no. Vi sono osservazioni ecografiche in cui si vede che anche un solo bicchiere causa spasmi prolungati al feto. Sono stati fatti studi su animali ma non credo che questi possano dire quale sia la quantità priva di tossicità nelle gravidanze umane. In tossicologia parliamo di “organo bersaglio” e, se vogliamo trarre delle conclusioni per l’uomo da esperimenti su animali, questo deve essere comparabile nelle due specie. Il cervello umano è peculiare, è proprio quanto ci differenzia da qualsiasi animale, soprattutto nella fase di sviluppo. Ed è proprio il cervello l’ “organo bersaglio” degli effetti tossici dell’alcol nel feto. È lì che avvengono i danni.
Una regola in tossicologia, è che il rischio è proporzionale alla dose. Qual è il rischio tollerabile? Non è certo una risposta che può dare un epidemiologo o un ginecologo. La percezione della tollerabilità del “rischio/pericolo” è legata ai valori ed alla visione del mondo delle singole persone.
Facciamo un esempio. Se costruissero una centrale nucleare vicino a casa vostra, e vi dicessero che il rischio di avere una leucemia nella vostra famiglia sarebbe solo di 1 su 10.000, quindi piccolo, voi sareste d’accordo con la costruzione della centrale? Ci sarebbe differenza se vi dicessero che sarebbe trascurabile, di 1 su 1.000.000? In genere no, perché se quel caso accadesse a voi, poco v’interesserebbe se quelli che non hanno avuto la leucemia fossero cento, diecimila o un milione. Generalmente non si vogliono rischi aggiuntivi, non controllabili, d’una malattia grave. Anche l’esposizione all’alcol di un feto può dare disturbi molto gravi ed irreversibili.
Attualmente non si conosce la “curva del rischio” dell’esposizione all’alcol del feto (questa “curva” associa la quantità alla probabilità del danno tramite una funzione matematica costruita con studi sperimentali). Non si conosce la quantità “a rischio zero”. Dal punto di vista fisiopatologico è verosimile che questa quantità sia molto, molto piccola. In pratica assimilabile allo zero. Se una donna vuole il “rischio zero” basta che dal concepimento alla fine dell’allattamento non beva nulla. Solo l’opzione “zero alcol” dà rischio zero. La crescita del rischio in funzione della quantità richiederebbe studi sui tessuti neurali fetali o sui feti. Ne vale la pena?
Nessuno comunque criminalizza una donna che fuma o beve in gravidanza. Non vi sarebbe libertà se non vi fosse la libertà di rischiare. A basse dosi gli eventi sono più rari, ma anche le cose rare accadono. E potrebbe accadere proprio a quello che sarà il tuo bambino. Perché rischiare?
2.D. Dunque l’alcol arriva al feto in utero?
2.R. L’alcol dallo stomaco-intestino passa rapidamente nel sangue, transita per il fegato e quindi al circolo sanguigno generale. Supera senza problemi la barriera che isola il cervello dal resto del corpo, arrivando al cervello di chi lo beve. Dove fa effetti più o meno desiderabili, a seconda della dose e del contesto. Supera, allo stesso modo, la barriera placentare e si diffonde nel sangue del feto, arrivando in brevissimo tempo al cervello fetale. Dove fa solo danni. Viene metabolizzato lentamente dal solo fegato della madre, con un sistema d’enzimi che si satura molto rapidamente. Pian piano la concentrazione nel sangue della madre scende e, successivamente, anche in quello del feto.
3.D. Cosa vi ha portato a decidere che fosse indispensabile la campagna di sensibilizzazione "Mamma beve - Bimbo beve": quali sono i numeri dell’uso di alcol in gravidanza?
3.R. L’Istituto Superiore di Sanità (organo scientifico del Ministero della salute, ndr) su Epicentro riporta che il 50-60% delle donne in gravidanza assume bevande con alcol. Non mi stupisce. È poco meno della percentuale che beve normalmente. Semplicemente nessuno dice alle future mamme e ai futuri papà che l’alcol che si beve finisce proporzionalmente al feto, e, sul suo cervello in rapido sviluppo, anche piccole dosi possono avere effetti nefasti. Le donne non lo sanno e non cambiano abitudini. Non lo dicono neppure gli operatori del percorso nascita. In un nostro studio il 53% degli operatori dà informazioni sull’alcol, ma di questi solo il 12% dice d’evitare completamente di bere alcolici, e solo il 17% dice che è meglio evitare di bere, al massimo un bicchiere occasionalmente. Quindi uno su due dà informazioni, e queste sono corrette meno d’una volta su tre. In uno studio condotto sui medici di medicina generale i risultati sono simili. Il 59% degli operatori però sa bene che non vi è una quantità sicura in gravidanza. La comunicazione del rischio da alcol in ambulatorio è però molto problematica e difficile. Serviva uno strumento diverso per far passare l’informazione. Da questa constatazione è nata la campagna informativa “mamma beve – bimbo beve”.
4.D. Il consumo di bevande alcoliche in gravidanza, secondo lei e’ aumentato negli ultimi 10 o 20 anni?
4.R. L’alcol consumato è pari all’alcol che viene venduto. Il trend quantitativo di vendite delle bevande contenti alcol è desumibili da dati ufficiali. Si è diversificato nel tempo dal punto di vista qualitativo, più che quantitativo. I consumi di vino sono calati molto, mentre sono aumentati quelli di birra e di altri alcolici. La globalizzazione dei consumi e la forza del marketing delle grandi aziende sono ben visibili anche in questo segmento di mercato. Purtroppo i nuovi consumi sono più pericolosi. Il marketing delle multinazionali è privo di etica. Mai un produttore di vino ne darebbe da bere, nelle mie terre, ad una gravida o a un preadolescente. Le multinazionali ragionano in modo diverso. Le giovani donne, tradizionalmente poco amanti del vino, sono diventate un target molto gettonato tra i produttori di bevande alcoliche. Il marketing funziona e i loro incassi aumentano. Noi ci stiamo misurando con loro con le stesse armi, grazie al supporto di un’agenzia di marketing tra le più quotate al mondo, agenzia che fa parte del grosso gruppo privato che finanzia il progetto. La nostra “potenza di fuoco” è, però, enormemente inferiore. Speriamo d’aver centrato con precisione il nostro obiettivo con la campagna “mamma beve – bimbo beve”. Se Davide non centrava al primo colpo Golia le cose per lui si sarebbero messe male.
5.D. Che effetti può avere un consumo eccessivo di alcol in gravidanza sulla gravidanza e sul bambino?
5.R. Bisogna ben distinguere i danni che l’alcol fa nella mamma da quelli che lo stesso fa al feto. Se una mamma beve due bicchieri di vino avrà probabilmente un piacevole senso di relax e nessun danno. Il feto invece avrà delle convulsioni. A lungo termine gli effetti sul cervello del feto sono imprevedibili. Gli studiosi hanno messo insieme un insieme di disturbi, che si manifestano durante l’età evolutiva, associati all’esposizione all’alcol intrauterina e li hanno chiamati Disordine dello spettro feto-alcolico (FASD), una sindrome neurologica causata dall’esposizione fetale all’alcool. . I due principali sintomi sono: problemi cognitivi con lentezza nell’apprendimento, difficoltà a controllare il comportamento. Purtroppo questi problemi sono irreversibili. Ci saranno degli individui con problemi: nel gestire il denaro, d’imparare dall’esperienza, di ragionamento astratto, di comprendere le conseguenze delle loro azioni, di ricordarsi le cose, di relazionarsi con gli altri, di mantenere un lavoro. Anche in età adulta.
6.D. Che effetti puo’ avere su di loro un consumo moderato di alcol?
6.R. Se esiste un consumo moderato per la donna non c’è un consumo moderato per un bambino o per un feto. È moderato metter un bicchierino di vino nel biberon del lattante? Non credo proprio. Ricordiamoci: quello che mamma beve lo beve anche il feto. Per un feto l’alcol è sempre troppo.
7.D. E durante l’allattamento, qual e’ il comportamento adeguato?
7.R. L’alcol diffonde dal sangue al latte. Dareste da bere un bicchierino al lattante? Se mi dite di no, allora non bevete se allattate.
8.D. Esistono evidenze scientifiche, e quindi studi, sugli effetti dell’alcol in gravidanza o allattamento? Può darci indicazioni dei principali e delle principali evidenze?
8.R. Quando ho chiesto ai ricercatori dell’Università di Trieste di produrmi le evidenze in letteratura scientifica sul tema alcol-gravidanza-allattamento ho avuto modo di pentirmi rapidamente. Mi hanno procurato circa un metro cubo di articoli. Una quantità enorme, fatta di studi di qualità e di articoli più scarsi. C’è anche una revisione sistematica fatta dai Neozelandesi, ma non mi fido delle revisioni, a meno che non conosca bene i revisori.
Mi sono letti un bel po’ di articoli. Le evidenze abbondano in tutte quasi tutte le lingue, con una importante eccezione: la lingua italiana. Qui c’è il deserto. I pochi studi pubblicati in lingua italiana sono qualitativamente modesti e talvolta ambigui. La letteratura internazionale è però sconfinata, e non solo anglosassone. Numerosissimi gli articoli in francese ed in tedesco (qui mi fermo … non conosco altre lingue).
Ricordo che dal 2007 in Francia in tutte le bottiglie che contengono bevande con alcol c’è una chiara indicazione che è dannoso in gravidanza. Anche nelle etichette degli champagne più rinomati.
Una sintesi delle evidenze scritta in modo semplice? Non occorre ve la faccia io. La trovate su Wikipedia: http://en.wikipedia.org/wiki/Fetal_alcohol_syndrome. Il nostro gruppo sta sviluppando il tema per pubblicare la voce nella Wikipedia italiana. La dott.ssa Bazzo, dottoranda del Dipartimento materno – infantile dell’Università di Trieste, ha preparato una bozza e la stiamo rivedendo. Appena sarà pronta ed inserita in Wikipedia potremo leggere una sintesi delle evidenze in italiano. Questa ricercatrice sta lavorando gratis. Noi siamo un piccolo gruppo di lavoro in una piccola Azienda ULSS della campagna veneta e facciamo quel poco che possiamo nei ritagli di tempo. Supporto e contributi sono ben accetti!
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Per approfondimenti, oltre ai link citati nell'intervista:
http://www.mammabevebimbobeve.it/
Immagine principale: pregnant woman with a glass of wine... on Shuttestock.com
Commenti
Ricercatori, fate infomazione seria, non spauracchi senza pezze giustificative.
Cristiano
Gli effetti dell'esposizion e fetale all'alcol sono stati ben visti in Lazio, dove è stato realizzato uno studio di prevalenza sui problemi in età pediatrica correlati all'uso di alcol in gravidanza (www.mdpi.com/.../pdf).
Se si cerca una breve sintesi in italiano sull'argomento vi è un intervento sul Bollettino Epidemiologico Italiano a fine 2010(www.epicentro.iss.it/.../2.asp).
Per una trattazione più ampia, sempre in italiano, si può accedere ad una recente Tesi di Dottorato di Ricerca dell'Università di Trieste (openstarts.units.it/.../4491).
Fonti autorevoli: un esempio è il CDC: cdc.gov/.../womens-health.htm.
UCL: sulla pagina il link all'articolo scientifico (del BMJ) è invalido.
Diversi erano convinti che "il fondo del bicchiere" facesse bene anche ai bambini, alla gravida ed al feto.
Questi sono aspetti culturali profondi e radicati.
Le conoscenze derivate dalle osservazioni però sono chiare. L'alcol è tossico per il feto e nell'età dello sviluppo. Tutte le voci autorevoli di sanità pubblica concordano su questo fatto.
Chi ha interessi economici usa le sue strategie di controinformazi one. Per il tabacco a suo tempo puntavano sulle 'sigarette light che fanno bene'. Per l'alcol oggi puntano sul 'consumo moderato che fa bene'.
Gli interessi economici e politici legati a tabacco ed alcol sono enormi. Il consumo di alcol problematico è diffuso anche tra gli studiosi e i professionistic i di sanità pubblica. Le difficoltà sono molte.
Lasciamo stare gli interessi economici: nessuno qui né altrove promuove il bere attivamente per donne in gravidanza - non conosco né ho mai visto pubblicità in tal senso.
L'aspetto culturale va migliorato, ma con corretta informazione a persone intelligenti, colte e preparate, non con spauracchi senza fondamento e fonte. [continua]...
Non esistono al riguardo studi conclusivi: il piu' accurato che ho trovato in materia è quello che ho già citato di UCL di Londra, dove non solo non si osservano effetti alcuni, ma addirittura in alcuni casi si sono visti effetti positivi! Solo che questa è una tesi scomoda, meglio lasciare la popolazione al buio e creare uno stato di paura e ignoranza. L'atteggiamento è simile per quel che riguarda il consumo di sale, dove fonti autorevoli suggeriscono *a tutti* di ridurre il proprio consumo di 15gr al giorno.
[continua]
Saluti, Cristiano
Invece il sig. Cristiano Bianchi conduce, in questa sede, un attacco personale. Visto che dico di aver fatto il medico di base e do un mio parere sull'argomento direi il falso e giocherei con l'ignoranza delle persone.
Non capisco il perché di questo attacco. Non credo di conoscere il sig. Cristiano Bianchi. Se ha qualche motivo di livore nei miei confronti me ne parli personalmente. Se ha del livore contro la categoria dei medici che fanno sanità pubblica non so che farci.
Lui può anche ritenere che l'UCL abbia la Verità in tasca e tutti gli altri non capiscano nulla. Siamo in un paese libero.
Accusare però qualcuno, gratuitamente, di dire il falso e giocare con l'ignoranza delle persone significa insultarlo. Chi ha necessità di ricorrere agli insulti non ha certo la ragione dalla sua. E non insulta solo me. Insulta anche chi legge questo forum.
Chi legge questo forum però ha il diritto di avere informazioni documentate sullo studio segnalato dal sig. Bianchi.
La scienza non può fornire verità conclusive. La ricerca per piccoli passi aggiunge conoscenza all'esistente o modifica/falsif ica quanto già si sa.
Vediamo cosa aggiunge lo studio citato come "il più accurato" dal plurilaureato sig. Bianchi. E' stato pubblicato nel Journal of Epidemiology & Community Health e si trova all'indirizzo Internet jech.bmj.com/.../.... L’articolo intero non è disponibile gratuitamente on-line ed io non lo posso diffondere gratuitamente. Sarà questo onere di chi lo propone come fonte di evidenza conclusiva, se lo ritiene.
L'articolo ha avuto un'ampia risonanza mediatica ma non ha convinto il mondo della ricerca. Perché?
La risposta è facilmente disponibile per chiunque voglia approfondire con un minimo di serietà la cosa. Basta che legga le risposte che seguono l’abstract dell’articolo e disponibili a tutti in Internet.
Le principali debolezze sono metodologiche. I test psicologici utilizzati dagli sperimentatori non sono in grado di identificare i deficit causati dall’esposizion e fetale all’alcol. La metodologia utilizzata per stimare il consumo materno di alcol produce risultati notoriamente non accurati. Il disegno di studio non è sperimentale e non può produrre considerazioni di tipo causa-effetto.
Basterebbe questo ma c’è dell’altro.
Le conclusioni di questo studio sarebbero che il “light drinking” fa bene al nascituro e l’ “heavy drinking” comunque non gli fa male. Quindi perché negare la bottiglia di vino alla mamma? Uno studio Coreano, presentato ad EUROEPI2010, sosteneva che il consumo di sette unità alcoliche (una bottiglia di vino) riduce il rischio di osteoporosi!
Molti media hanno dato ampia risonanza proprio all’articolo di YJ Kelly amplificando a dismisura conclusioni perlomeno discutibili. Se osserviamo i loro inserzionisti, magari, potremo trovare qualche conflitto d’interessi. La mia collaboratrice, che ha fatto quel dottorato di ricerca, lavora come volontaria e si mantiene con un lavoro part-time che poco ha a che vedere con la sua attività di ricerca.
Allora, la pubblicazione che io cito non identifica effetti negativi, né positivi? Io non mai sostenuto che esista letteratura scientifica che prova che l'alcol non faccia male o addirittura bene.
Quel che io ho detto e continuo a dire è che non esiste letteratura scientifica che provi in maniera conclusiva che l'alcol in gravidanza, in quantità moderata, faccia male al feto. Questa è la tesi che lei, senza pezze giustificative conclusive e scientifiche, sostiene a spron battuto. Nessuno degli articoli da lei citato lo prova, lei non può che concordare, se ha lei un minimo di serietà scientifica.
Credo anche io che chi legge queste note possa costruirsi un suo giudizio, non sono sicuro che sia a suo favore, come lei sembra sicuro che sia... E smetta di pensare di essere lei l'unica persona seria, come se io non avessi letto 'con un minimo di serietà' gli articoli pubblicati. Accetti il dibattito e risponda con argomenti fattuali, non facili prese in giro. E qui chiudo, la discussione non è seria e ho da fare con le mie due figlie di 3 e 6 anni, tutte sane e intelligenti, nate da una madre che se ne aveva voglia non si è negata un bicchiere di vino una o due volte la settimana.
E' possibile leggerlo al sito cedostar.it/.../... .
Battistella è un medico molto bravo e scrupoloso che ha condotto un lavoro importante di analisi in una zona di Italia dove il consumo di alcol è elevato a tutte le età e c'e' poca sensibilità sul tema.
I fatti oggettivi che lui vuole trasmettere sono che l'alcol arriva al feto in gravidanza, anche quando il consumo è minimo.
In realtà al feto arrivano anche le emozioni, come ci sentiamo, ciò che mangiamo e anche come noi abbiamo trattato il nostro corpo e noi stesse prima del concepimento.
Noi pensiao che sia importante prendere consapevolezza delle cose e fare le proprie scelte avendo tale consapevolezza.
Nella vita non possiamo nè vogliamo fare sempre la scelta più salutare, però è bene sapere come stanno le cose.
L'alcol in gravidanza è controindicato come il fumo. Una sigaretta non uccidera' il bebè in utero, se una mamma lo ritiene può concedersela e decidere che è meglio quella, che una giornata di stress e nervosismo passata al figlio... ma non può dire che una sigaretta le fa bene.
Il punto e' conoscere, poi si sceglie.
Perché accusare di terrorismo chi diffonde le informazioni, tanto piu' quando sono basate su evidenze scientifiche?