l'utilizzo della rete in modo consapevole e sicuro, soprattutto per i nostri figli. (Nel 2017 cade il 7 febbraio)
In questo articolo le risposte della psicologa ai dubbi dei genitori su quali limiti porre ai ragazzi su smartphone, internet, e social network, come aiutarli se sono vittime di cyberbullismo, quali regole stabilire, quali informazioni dare loro.
Quanti ragazzi hanno il cellulare e per cosa lo usano?
il 90% dei ragazzi italiani delle scuole medie o superiori ha uno smartphone con abbonamento a internet così da non rimanere mai senza Facebook, WhatsApp, Snapchat, Twitter, Instagram.
La Polizia di Stato ha condotto un'indagine attraverso Skuola.net su circa 10.000 studenti di scuole medie e superiori, ecco cosa è emerso:
- 59% dice di usare internet per informarsi
- 51% per sapere cosa accade ai propri amici e conoscenti
- 44% per spendere meno in telefonate e sms
I ragazzi dichiarano di essere sempre connessi, rispondendo prontamente a ogni notifica proveniente da smartphone, tablet o pc. Per questo bisogna sempre disporre di una connessione, senza internet 1 su 6 andrebbe in ansia.
Le risposte alle più frequenti domande dei genitori dell'esperta in prevenzione, formazione e trattamento delle nuove dipendenze, la psicologa e psicoterapeuta Serena Valorzi, in un'intervista del Centro Studi Erikson.
A quale età dare il cellulare ai ragazzi?
Dopo che abbiamo condiviso con loro il modo in cui va usato
- Prima di tutto dobbiamo chiederci se intendiamo fornire un mezzo potentissimo di contatto con il mondo virtuale a nostro figlio perché ne ha bisogno e gli sarà utile davvero o se lo facciamo perché siamo molto ansiosi, vogliamo “proteggerlo” o abbiamo paura che ci ritenga genitori cattivi. L’attenzione va posta su cosa fa bene a loro, non su cosa sembra far bene a noi.
- Senza dubbio, prima di dare uno smartphone, dovremmo aver vissuto un periodo di transizione in cui usiamo insieme il nostro, anche per comunicare con WhatsApp. In questo modo è più facile commentare insieme ciò che va bene scrivere e condividere, che linguaggio usare e via dicendo.
- Dobbiamo sempre cercare di essere buoni modelli: spegnerlo di notte o ai pasti, non lasciarci interrompere dalle notifiche se stiamo parlando con qualcuno.
- quando penseremo che nostro figlio sia abbastanza grande e abbia fatto un’adeguata “gavetta” condivisa con noi, informato di tutti i rischi in cui si può incorrere e con la raccomandazione di parlare subito se ci fosse qualche problema, possiamo regalarglielo.
- È importante fare però un accordo: ogni tanto guarderemo i contenuti e fisseremo degli orari per evitare un accesso continuo. Ricordiamoci sempre che sono oggetti molto distraenti e molto più attraenti dello studio!
Quanto posso fare giocare mio figlio ai videogiochi?
Stabiliamo prima alcune regole e facciamo attenzione ai campanelli d'allarme
- Prima di tutto possiamo pensare che avere la possibilità di giocare ai videogiochi (soprattutto se online) è molto più attraente che leggere un libro o fare i compiti. Dunque avere una console in casa deve essere una scelta fatta consapevolmente ed è altrettanto necessario che si impostino subito delle regole precise in termini di tempo.
- Mezz’ora, un'ora al giorno possono non essere dannose se nostro figlio fa molte altre esperienze di relazioni dal vivo e va volentieri fuori a tirare due calci al pallone con gli amici.
- Meglio non giocare ai videogiochi prima di fare i compiti perché alla fine si è tesi e si perde qualsiasi motivazione allo studio. Quando si gioca, meglio farlo assieme a un amichetto o con mamma e papà.
- Se nostro figlio vuole giocare per molto tempo, si arrabbia quando lo chiamiamo a pranzo o a cena, sembra cupo, infelice, non ha amici con cui uscire, va male a scuola, non ci parla più… allora questi sono segnali chiari di uno stato di dipendenza. Prima ve ne accorgete e prima risolverà il suo problema. Non esitate a chiedere aiuto a chi è specializzato in questo campo.
Cosa posso fare se mia figlia mi racconta che la prendono in giro sul gruppo WhatsApp?
E' un'ottima partenza, ascolto dialogo e richiesta di aiuto a vostra volta sono gli ingredienti giusti.
- Se vostra figlia vi racconta di sentirsi offesa e umiliata o esclusa deliberatamente dalle conversazioni di gruppo su WhatsApp potete già rassicurarvi di aver fatto un buon lavoro. Vi sta chiedendo aiuto, si fida di voi, sa esprimere un disagio e questa è un’ottima occasione per insegnare come si gestisce una crisi.
- Accogliete il suo racconto, il pianto e la rabbia, e gestite prima di tutto la vostra reazione emotiva. Se vi impaurite o vi fate prendere dall’impulso di scrivere subito a vostra volta sul gruppo genitori dimenticandovi di lei e di confortarla, aumenterete la sua confusione e il disagio e probabilmente continuerete a chiedervi poi se avreste potuto reagire diversamente e vostra figlia non vi racconterebbe più niente.
- Commentare: “Lasciali dire, smetteranno” e non parlarne più, equivarrebbe a lasciarla sola e ad insegnarle che non vale la pena parlarne e che nessuno può aiutarla.
Fermi. Si ascolta, se ne parla insieme al papà, perché nessun genitore sarà deluso (spesso è la maggior paura dei ragazzini), può succedere a tutti e tutti ne soffrirebbero (per questo è un’occasione per evitare che vostra figlia da vittima si tramuti in carnefice e porti avanti “per difesa” la stessa modalità aggressiva che sta ora patendo). - Ricordate che non siete soli, potete chiedere a vostra volta aiuto, come vostra figlia ha imparato a fare.
Mia figlia in prima media continua a cambiare la foto del profilo di WhatsApp, è normale?
Si, ma dovremmo porci alcune domande
E’ normale che una ragazzina stia cercando di costruire la sua identità modificando l’acconciatura o l’espressione del viso o provando vestiti diversi. E che faccia delle foto di sé e delle amiche è una cosa carina se sono foto che non vogliono ridicolizzare nessuno.
- Ma dobbiamo porci altre domande prima. Dato per assodato che dovremmo sapere che potrebbero avere un profilo WhatsApp solo le persone di 16 anni e nostra figlia è molto più piccola…
- Perché ha la necessità di mostrare in rete queste prove di identità? (ha bisogno di essere vista? e da chi?)
- Prima di avere il suo smartphone, le è stato spiegato che quell’immagine una volta inviata rimarrà per sempre e potrebbe andare ovunque e può essere salvata da chiunque?
- Noi genitori abbiamo pensato di darle la regola che, poiché è ancora piccola, il telefono è a nostro nome e ne siamo responsabili, e si sta affacciando a un mondo complesso, per il momento concordiamo insieme quali siano foto appropriate da pubblicare?
- La stiamo aiutando a distinguere tra diversi stili di comunicazione del gruppo (in modo che sappia bloccare eventuali offese e non le utilizzi lei stessa)
o ci siamo già arresi di fronte a una pretesa di privacy? - esiste davvero questo diritto alla privacy su ciò che accade con il telefonino a 11/12 anni? allora non dovremmo neppure andare a udienza a scuola… non cadiamo nella negligenza educativa
Se abbiamo pensato a tutto questo, nostra figlia è proprio fortunata perché ha dei genitori che si sono informati e le danno conferma ogni giorno, con le regole, il dialogo e le riflessioni condivise, di quanto tengono a lei.
L'utilizzo della tecnologia può compromettere le relazioni familiari
Oggi la comunicazione digitale completa quella della vita reale. Viviamo in un mondo globalizzato e sempre più mobile, che spesso porta ad avere relazioni a distanza con partner e familiari. La comunicazione digitale è un’opportunità per colmare le distanze che caratterizzano le nostre vite, tuttavia non può sostituire la comunicazione faccia a faccia, o almeno non del tutto e non sempre.
La comunicazione digitale è infatti meno ricca in termini di canali sensoriali coinvolti, comportando una minore qualità sensoriale della conversazione.
In questo una corretta "alfabetizzazione" digitale è indispensabile per i nostri figli, ma anche per noi stessi.
Una nuova indagine condotta negli USA da Kaspersky Lab, un’azienda di sicurezza informatica a livello globale, ha svelato che una persona su tre ha meno rapporti faccia a faccia con i propri cari e che il 21% dei genitori ammette che la loro relazione con i figli sia peggiorata dopo essere stati scoperti in una situazione compromettente sui social media.
Con la crescente tendenza a pubblicare foto proprie o di amici, a volte non adeguate ad essere rese pubbliche, solo per ottenere più “mi piace”, è sempre più evidente come i social network possano danneggiare le relazioni offline. Mentre ci aspetteremmo che siano i genitori a non approvare la condotta online dei propri figli, spesso accade il contrario. Più di un genitore su cinque ha infatti ammesso che la propria relazione con i figli è stata rovinata dall’essere stato visto in situazioni compromettenti sui social network, mentre il 14% dei genitori ha affermato di trovare noioso il comportamento online dei propri figli. Inoltre, quasi una persona su cinque (16%) ha ammesso che la propria relazione con il partner si è incrinata dopo essere stati scoperti in situazioni compromettenti sui social.
Le relazioni con familiari, amici e colleghi stanno cambiando e si stanno spostando sui social media: un terzo degli intervistati ha ammesso di comunicare di meno con parenti (31%), figli (33%), partner (23%) e amici (35%) nella vita reale, preferendo invece mantenere i rapporti attraverso i social media.
Per proteggere noi stessi e le nostre relazioni, noi genitori per primi dovremmo essere più attenti alle informazioni e immagini nostre e di altri (specie dei bambini) che condividiamo sui social network. Questo ci aiuta a ridurre i rischi di internet, a diventare dei modelli positivi per i nostri figli, ma anche a evitare danni alle relazioni del mondo reale.
di Barbara Siliquini
Immagine ragazza con smartphone di Nejron Photo su Shutterstock