E anche se il nostro percorso non è ancora concluso in nessun senso (siamo ancora nella proroga dell'anno preadottivo) credo che alcune cose che abbiamo imparato possano essere utili a tutti.
Nel 2001 siamo andati in India (Bangalore) a prendere R. , che allora aveva 6 anni e mezzo. Noi abbiamo già una figlia biologica di 11 anni.
R., nonostante una storia tremenda di maltrattamenti e abbandoni, è una bambina affettuosissima, sveglia. allegra, con voglia di imparare,...
E allora? vi chiederete, qual è il problema? Il problema è che in me, mamma (più che nel resto del sistema familiare) è nato un forte rifiuto, apparentemente in parte inspiegabile, verso nostra figlia.
Una parte di me voleva questa seconda maternità con tanta forza da aver superato gli anni di attesa e trafile che tutti noi genitori adottivi conosciamo bene. E un altra parte di me rifiutava questa bambina (con tutti i sensi di colpa collegati): il suo essere autocentrata, prepotente, furba, manipolatrice... (come tanti bambini poi) mi mandava in bestia.
Mi sono detta che probabilmente lei doveva rifare in se l'immagine distrutta della "mamma", dopo i maltrattamenti, e mi provocava per quello; mi sono anche scoperta molto simile a lei nel carattere, e forse in competizione; mi sono anche detta che con il tempo ci saremmo avvicinate, che mi sarei affezionata piano piano.... Mi sono fatta tante domande e il tempo passava senza che ci fossero miglioramenti, anzi, R. mi irritava sempre di più e io prendevo le difese della prima figlia. Sono arrivata ad odiarmi per la mia incapacità di amare questa cucciola stupenda che abbiamo avuto la fortuna di ricevere in dono. Ho cominciato a pensare che il problema era veramente mio e non suo.
Per qualche motivo mi sentivo minacciata da questa personcina e mi chiudevo in un angolino piena di tristezza. Sono arrivata a ignorarla, quando non a trattarla male, per difendermi da non so cosa. Ho pianto tanto, ma tanto in questi due anni. E dopo una delle mie "discese agli inferi" (come io chiamo le mie crisi di angoscia) mi sono decisa a chiedere aiuto. Mi è sembrato che ormai non fosse soltanto questione di tempo ed era ora di agire diversamente (in aggiunta alle visite dell'equipe dell'Asl, che con grande comprensione, ci ha prorogato l'anno preadottivo).
Per fortuna ho trovato una bravissima psicoterapeuta, con la quale sto facendo un lavoro impegnativo su di me, che spero incida in positivo su tutto il nostro sistema familiare. Nel frattempo, anche R. riceve un sostegno psicologico da parte dello psicologo infantile dell'ASL (anche lei avrà bisogno di anni per elaborare le sue ferite che nasconde così bene). E così durante quest'anno ho imparato alcune cose che voglio raccontarvi. Non tanto per quanto riguarda me (le mie paure, le ragioni per cui mi sento minacciata e altro di ambito personale) ma soprattutto per quanto riguarda R., bambina abbandonata, adottata e immigrata. Spero che possiate trovare anche voi, come me, ragioni per comprendere quello cha accade a nostri figli.
ABBANDONO E SOPRAVVIVENZA
Se molti dei nostri figli adottivi sono arrivati a noi, dopo essere stati abbandonati e maltrattati, è grazie alla loro capacità di difendersi, di districarsi nelle difficoltà, di sopravvivere nelle avversità. Per fare ciò, hanno dovuto sviluppare abilità "da grandi" per manipolare, fuggire, adattarsi a contesti difficili. Ci vuole molto tempo prima che i nostri figli "abbassino la guardia", si fidino completamente, e accettino di non tirare fuori la loro parte "adulta" che è servita per sopravvivere.
I nostri figli, anche se non sembra, hanno una grande paura di perdere tutto nuovamente. Di vedere svanire la fiaba. Promuovere la fiducia non è facile, ma sembra la strada giusta.
Le ferite dei bambini abbandonati sono come delle crepe in una brocca: li rendono insaziabili rispetto all'affetto che ricevono. Sembra che niente sia sufficente a calmare quella sete. A questo possiamo riferire il frequente protagonismo esasperato che vediamo in molti dei nostri figli (almeno credo): essere sempre al centro dell'attenzione come richiesta di amore.
Rosy vuole più di ogni altra cosa al mondo una mamma, e non si fermerà finché non riuscirà a trovarla. Probabilmente si "calmerà" in parte quando avrà la sicurezza di "avere me". Ancora non si rende conto che la sua pressione mi spaventa, che l'esigenza/pretesa non è la strada "più efficace" per avere qualcosa.
E ancora: nel nostro caso l’immagine della mamma è tutta da rifare, dopo tanti colpi, e sento che R. mi mette costantemente alla prova. Io a volte ho paura di non riuscire a passare la prova. E’ come se mi dicesse: e se anche ti faccio questo, mi vorrai bene? E a me viene da rispondere: No, non mi puoi fare qualsiasi cosa. Ancora no. Non ti amo abbastanza (e mi sento una m…).
PUNIZIONI/LIMITI
Molti dei nostri figli adottivi, quando arrivano da noi, sono abituati a riconoscere i limiti attraverso le punizioni e i castighi corporali. A noi occidentali queste pratiche sembrano assurde e facciamo molta fatica a marcare i limiti con le punizioni, e ancora più fatica con i castighi corporali. Eppure per i bambini è tutto uno stravolgimento cambiare di colpo i codici imparati durante anni e passare a codici molto più ragionati, razionali, difficilmente riconoscibili da parte loro. Ad un tratto il NO che veniva espresso con una botta adesso viene soltanto spiegato a parole. A loro risulta tanto difficile riconoscerlo, e noi ci innervosiamo di doveri ripetere mille volte la stessa cosa.
Devo dire di essere stupita dal fatto che a volte mi è parso chiarissimo che R. stesse chiedendomi un castigo. Mi sono sentita in colpa per l'utilizzo di punizioni e sculacciate (non necessarie con la figlia naturale) finché mi è stato fatto capire come per R. il fatto di ricevere punizioni potesse essere la possibilità di riconoscere la genitorialità: "qualcuno si occupa di me, del mio bene, qualcuno ci pensa, non sono sola".
Ma altre volte non riuscivo a capire come fossimo arrivati nella nostra famiglia (che per 9 anni tranquilla) ad un livello così alto di disagio: urla, punizioni, rimproveri… Ad un certo punto ho chiesto a mio marito: dobbiamo smettere di rimproverare e punire, almeno per noi, perché non possiamo vivere in questo clima. Lo psicologo di R. ci ha spiegato che probabilmente R. ha una grande rabbia dentro di sé, contro il mondo, contro tutti… Ma nella nostra famiglia “non è permesso” tirarla fuori nei modi in cui lei vorrebbe: urlare, picchiare… Per cui lei trova altri canali per “toccare” dentro di noi il tasto giusto perché siamo noi ad urlare, a tirare fuori la sua rabbia. Per questo a volte facciamo fatica a riconoscere in noi questa modalità che finora non ci è appartenuta. A volte sono tanto stanca di essere il canale della sua rabbia.
Infine, la punizione è anche la possibilità di riscattarsi, di pagare un pedaggio e rimanere dentro al nucleo famigliare. Per la prima volta, dopo aver combinato un casino, non viene cacciata via. Mi ricordo una volta in cui aveva combinato un macello dopo l’altro. Io ero sfinita e alla scoperta del 4 casino semplicemente non ho più reagito. Mi sono seduta e guardavo al vuoto, triste, impotente, senza sapere come comportarmi, sentendo che tutto era inutile…. E allora arriva R., piangendo, dice: Mammi, dammi una punizione! Tenera, direte… E’ vero. Tranne quando diventa una specie di gioco e lei mette già “in conto” il pedaggio da pagare per arrivare al suo scopo.
MENZOGNE
Molti bambini "mutilati" come R., soffrono di un certo ritardo nel contatto con la realtà. Manifestano sintomi che bambini solitamente esprimono intorno ai tre anni: un senso di onnipotenza che esprime il bisogno di credere che la fantasia è la realtà. Confondono la realtà con l'immaginazione, con i sogni e desideri . Con pazienza verranno riportati verso la realtà. Ma per noi genitori non è facile distinguere fra questo e la "furbizia", o la menzogna per cavarsela comunque, per raggirarci ancora una volta.
Poi ci sono le menzogne di “sopravvivenza”. Mentire, nascondere, fingere…è stata una strategia utile durante tanto tempo che adesso si fa molta fatica ad abbandonare. E poi perché dovrebbe? Chi l’ha detto che questo “paradiso” non scomparirà di nuovo, come è già accaduto altre volte? Perché dovrei fidarmi?
TERREMOTO EMIGRAZIONE
Alle molte difficoltà che trovano i nostri bimbi nel cambiare persone di riferimento quando vengono adottati da noi, dobbiamo aggiungere le difficoltà di cambiare cultura. Sinceramente credo di aver sottovalutato questo fatto nel pensare all'adozione internazionale. Il problema è più grave quanto più alta è l'età alla quale li adottiamo. R. ha vissuto quasi sette anni della sua vita "allenandosi" per sopravvivere in una società/cultura che ad un tratto scompare. E quelle abitudini/abilità nella nostra cultura vanno spesso ad urtare (mangiare con le mani, camminare scalzi, picchiare per punire, i diversi ruoli....) con le regole del luogo. Ad un tratto viene richiesto di imparare altre regole, e in fretta...
Possiamo immaginare cosa questo significhi per la sicurezza primaria di un bambino: niente di quello che serviva finora per sopravvivere serve più. Anzi. R., da quando è arrivata, sta cercando di capire cosa significa nel nuovo contesto occidentale e italiano "essere una bambina, di 8 anni, sorella, figlia, nipote, studente,...", cosa ci si aspetta di lei adesso. Una grandissima fatica!
Poi ho scoperto ancora una cosa. R. ha portato una forte dose di "diversità" nella nostra famiglia. Una diversità culturale e una modalità "rozza" di pretendere, esigere, manipolare, ... per ottenere. Nella mia superficialità e presunzione preadottiva, credevo di non dover trovare grandi difficoltà nell'adozione di R. Noi, "una coppia solida, colta, socialmente impegnata e politically correct" ce l'avremmo fatta sicuramente.
E proprio lì ho scoperto una delle difficoltà nel rapporto. Non contavamo con la nostra rigidità dal punto di vista ideologico, etico e intellettuale. La povera R. è capitata nella nostra famiglia, che esercita su di lei un grande controllo e aspettative "esigenti". Probabilmente famiglie più "flessibili" fanno meno fatica ad adottare una persona "diversa", sono più elastiche e meno rigide di noi. Immagino che non era facile valutare questo nell'intervista preadottiva, ma considero che sia sicuramente un aspetto da tenere presente. Per noi intanto è significato un bel bagno di umiltà, e per lei una difficoltà aggiuntiva.
Lo psicologo di R. ci dice che lei ha una grande rabbia dentro, contro la vita, contro il mondo. Che si sente in credito. Nella nostra famiglia non è “permesso” fare a botte, urlare,… esprimere la rabbia in quel modo. Per cui lei trova altri canali per tirarla fuori: provocarci affinché qualcuno di noi (spesso la sorella o la mamma) saltino e urlino, si arrabbino… Ma sono così stanca di fare da canale per la sua rabbia…. A volte sento di voler arrendermi.
L'ETA': ADOTTARE BAMBINI GRANDI
Spesso ci siamo chiesti se sarebbe stato più facile adottare un bambino piccolo. La risposta è certamente sì, ma non solo. Durante la terapia ho scoperto che io (o noi) non avrei dovuto ricevere l"idoneità" per adottare, e men che meno per adottare bambini grandi. E io sono d'accordo. Non tutti siamo capaci di adottare, e l'età è una difficoltà aggiunta. Di fatto tutti i genitori proviamo ad adottare bambini piccoli, in seguito l'agenzia di turno ti propone di alzare l'età ("perché nessuno vuole adottare i grandi") tu accetti perché ti senti in colpa e non osi dire di no. Ma io dico che, conoscendo le statistiche (il 15% dei bambini adottati in Italia vengono restituiti!) non si deve fare adottare bambini grandi a chiunque. La responsabilità è molto seria: sia per i danni al bambino che per la sofferenza dei genitori. I genitori andrebbero preparati e seguiti molto bene.
VEDERE LUCE
Dopo il secondo anno ci hanno confermato l’adozione, si vede che chi doveva giudicare ha visto comunque dei progressi. R. allora ha detto: “Mmm, non so’, quasi quasi vorrei provare un’altra famiglia” (l’avrei strangolata!). Anche questo è stato un momento che ci hanno dovuto aiutare a gestire, perché non sapevamo come reagire: “Voi dovete dire “no”, questa è la tua famiglia. Anch’io a volte avrei voglia di cambiare figlia, nonno, marito,… ma tu sei nostra figlia per sempre!”
Adesso, dopo quasi quattro anni di “travaglio” (e io che pensavo di risparmiarmi almeno il travaglio e il parto) stiamo un po’ meglio. R. ha fatto un grande sforzo, ma anche noi. Dobbiamo ringraziare tanti amici, psicologi, consulenti, familiari, che ci stanno sostenendo sostenendo (anche nella nostra Asl). Non che siamo arrivati al parto ancora. Ma possiamo paragonarci un po’ ai pellegrini di Santiago, che quando vedono la punta della cattedrale in fondo, lanciano il berretto in aria per la gioia. Anche se ancora ci sono km, tempeste, giorni e notti da superare. Ma il peggio sembra passato e noi possiamo dire di aver intravisto il nuovo volto di questa famiglia, e di cominciare a godercela, almeno a periodi. (e come sono belli!) Nei momenti peggiori io vorrei avere una pillola, un rimedio, un placebo… una magia… un rituale, che mi faccia calmare, placare il rifiuto. Mi chiedo se dovrò convivere per sempre con questi momenti bui oppure se potrò godermi con pace la mia maternità, la fortuna di avere ricevuto una figlia in dono. E’ ancora una strada da scoprire.
Novembre 2007
Dopo cinque anni di faticosa convivenza, cercando aiuto in diverse terapie ed altro, e non vedendo migliorare, per quanto mi riguarda, l’atteggiamento insofferente verso nostra figlia R., nell’estate del 2006 mi sono decisa ad andare dallo psichiatra chiedendo esplicitamente un farmaco per poter reggere “le provocazioni, gli imbatti di R.”. Dopo un mese ha cominciato a fare effetto il tale farmaco, un leggero antidepressivo, e ho cominciato a sentirmi molto meglio. Mi sentivo meno minacciata da R., riuscivo a creare situazioni di complicità, a giocare, a passare del tempo solo con lei, ad abbracciarla, a pettinarla (cosa che non sono riuscita a fare per ben 5 anni se non saltuariamente).
R. ha detto spesso durante quest’anno: Mami, da quanto che non litighiamo vero?
Ho/abbiamo trascorso il nostro primo anno sereno. Dopo un anno ho chiesto di abbassarmi la dose, ma quando ho provato, ho sentito di nuovo la mia fragilità mascherata da aggressività verso R., e siamo tornate a prendere la dosi iniziale.
Eppure……
Dicembre 2008
So’ che sto meglio perché tutto quello che stiamo vivendo da settembre del 2007, non lo avrei potuto sopportare prima del farmaco. L’ingresso nella scuola media è stato lo scatenante per molte difficoltà nuove che si sono aggiunte alla storia del nostro rapporto.
Fra le diverse novità si trovano scoprire per caso che fuma da un anno (12 anni), scappa dal treno di ritorno dalle vacanze, si fa rimorchiare da un adulto, ruba soldi alla nonna e a noi, continuare a mentire, a nascondere, a fare quello che vuole in ogni minuto della sua vita tenendo però tutti sulla corda costantemente e intorno a lei …
Inoltre R. soffre di un mal di testa fortissimo e costante che le impedisce di frequentare la scuola, svenimenti frequenti (4 o 5 al giorno) simil epilessia (diagnosticati come sintomi isterici)…
Nell’autunno del 2008 quella che ha cominciato a dare segnali di sofferenza è stata l’altra nostra figlia, parcheggiata durante 7 anni per la costante “emergenza R.” Con diversi segnali (canne, non venire mai a casa, non sapere dove era, atteggiamento inusualmente rabbioso….) ci ha fatto capire che non era disposta a reggere più l’essere ignorata e dover sempre mettersi da parte di fronte ai bisogni della sorella. Che anche lei aveva dei bisogni e che aveva deciso di “essere egoista”, e voleva solo essere felice. Quando abbiamo spiegato a R. le nuove difficoltà e di aver bisogno di energie anche per la sorella, R. non ha potuto accettare che ci occupassimo anche di lei e allora ha alzato il livello di provocazioni e autolesionismo. E allora che abbiamo dovuto fare il primo test di gravidanza (13 anni) e sentire minacce, non agite, di suicidio.
Gennaio 2009
Ieri abbiamo dovuto prendere una delle decisioni più difficili della nostra vita famigliare, quella di separarci temporaneamente da nostra figlia R. dopo 7 difficilissimi anni. Alcuni di voi sapete dei problemi che abbiamo vissuto, in parte dovuti al passato di abbandono e maltrattamenti della storia di nostra figlia.
Da un anno e mezzo R. no frequenta regolarmente la scuola e manifesta costantemente malattie di origine psicosomatico, una grande rabbia e la difficoltà di vivere il presente senza lasciarsi soffocare dal suo passato. Dopo alcune terapie (ci siamo passati tutta la famiglia) psicologiche e farmacologiche, la situazione no solo no migliora, ma è addirittura peggiorata. R. è sempre più infelice, chiede in continuazione di andare via dalla nostra famiglia (che un giorno ama ed un altro odia), tutto il nostro amore è insufficiente, ha comportamenti autolesionisti... e peggiora ogni giorno. Anche noi soffriamo con lei. Ci sentiamo impotenti e, dopo 7 anni, anche sfiniti. Così, in mancanza di altre idee, abbiamo pensato che l'allontanamento temporaneo dalla nostra famiglia potrebbe essere una soluzione per lei e anche per noi, anche se è sofferta.
Ieri, dallo psicologo, abbiamo preso tutti insieme la decisione, e anche se sappiamo che è la cosa migliore, oppure l'unica possibile, anche se sentiamo di aver fatto il possibile e anche se in parte ci da sollievo, nessuno ci toglie il buco nello stomaco. Un po' ci si sente falliti, ci si rende conto che la montagna era più alta di quanto avevamo calcolato e che non bastava la buona volontà. E guardi la tua famiglia soffrire , nel silenzio di quella stanzetta dello psicologo, e ti chiedi dove ci porterà tutto questo dolore.
E in fondo voglio sperare che questo dolore non sia sterile, che ci porti qualcosa di buono, che ci faccia diventare più dolci, più accoglienti, più misericordiosi e comprensivi con la sofferenza altrui... che dia tanto frutto come il chicco che cade in terra e muore. Questo spero e intanto piango.
E con il mio pianto inizio ad innaffiarlo.
Dopo 6 mesi in una comunità educativa (con un Decreto del Tribunale), dalla quale R, continuava a scappare, minacciava di buttarsi dalla finestra, sveniva continuamente, sentiva voci che le dicevano di farsi del male, è stata ricoverata nel reparto di neuropsichiatria infantile di Monza. Dopo un mese è uscita con una diagnosi molto grave e, non potendo più tornare nella comunità educativa, è stata collocata in una comunità terapeutica, lontano da Milano. R. sta malissimo, vuole tornare a casa, è imbottita di farmaci, dorme moltissimo … La possiamo vedere solo una volta al mese. Non sappiamo come evolverà la cosa, visto che ogni volta che pensavamo di aver toccato il fondo scoprivamo che l’inferno era ancora più giù. Speriamo tanto che loro riescano ad aiutarla.
In compenso la nostra famiglia ricomincia a vivere, anche l’altra figlia è rinata e tornata “a casa”. Con dolore riconosciamo la realtà che ci è toccato vivere, e continuiamo a farci aiutare per capire come aiutare R.
Mercedes
Leggi la lettere di Merche a sua figlia adottiva
immagine Surian Soosay
Commenti
Un grande abbraccio
Isa
traspare in quel poco che racconti di te una storia personale dolorosa, mi dispiace molto, ora sei una giovane donna e puoi riprendere in mano la tua vita e prenderti cura delle ferite emotive e affettive inferte a te bambina. Fallo.
Questo scritto è un diario delle sensazioni di una madre adottiva, una persona che conosco e posso dirti che è una bellissima persona, ciò nonostante l'adozione nella sua esperienza è stata un viaggio molto diverso da ciò che immaginava e molto molto difficile.
Ci sembrava prezioso pubblicarla, perché altri genitori, avviati in questo percorso, potrebbero trarne delle preziose informazioni e fare delle riflessioni.
Un abbraccio a te,
bs di GenitoriChannel
NON SI PUO' MAI E POI MAI IGNORARE E TRATTARE MALE UN FIGLIO, VERGOGNATI!!!!
I bambini non possono andare dallo strizzacervelli!
NESSUNO PUO' FARE VIOLENZA CORPORALE SUI BAMBINI!!!
SE HAI SCULACCIATO VERAMENTE TUA FIGLIA VAI DENUNCIATA IMMEDIATAMENTE E MESSA AL CARCERE DURO!! E' DA CRIMINALI ALZARE LE MANI SUI BAMBINI!!
NESSUN BAMBINO PUO' ESSERE MAI RESTITUITO, NON ESISTONO BAMBINI RESTITUITI
UNA VERA MADRE DEGNA DI QUESTO NOME NON ASPETTA 5 ANNI PER STARE CON LA FIGLIA O FARE COSE QUOTIDIANE CON LEI COME PETTINARSI
I RAGAZZI NON VANNO A SCUOLA!
I BAMBINI NON SI POSSONO MAI SEPARARE DAI GENITORI
NON ESISTONO COMUNITA' PER RAGAZZI!!!
QUando ti scontri con questa sofferenza atavica, in un figlio che hai accolto, può essere davvero una montagna insormontabile, per il genitore e per il figlio...
Non possiamo giudicare, perché non siamo lì. Possiamo solo mandare un'energia di amore verso questa sofferenza.
NON E' NEMMENO UNA PERSONA, E' UN MOSTRO!
le persone di spessore e valore sono decisamente altre
Ecco il link al sito del libro:
www.mammemad.webs.com
Queste situazioni dolorose non sono cosi' rare, ed e' bene che si sappia che esistono, che si puo' chiedere e ricevere aiuto, e che non bisogna mai perdere la speranza
Per quel che riguarda le storie raccontate nel libro, parlano di mamme che combattono A FIANCO DEI FIGLI, DALLA LORO PARTE, per vincere insieme contro i fantasmi del passato e aiutarli a trovare la loro strada.
Sono mamme coraggiose e piene di speranza e meritano comprensione, sostegno e rispetto.
Mentre leggendo alcuni post mi viene in mente un atro annoso quesito... Se un povero cristo dice che non si è trovato bene con la fam ad. allora è persona problematica... piena di irrisolto ecc ecc glissando sui soggetti che adottano e le problematiche con cui il povero adottato mal capitato deve fare i conti.... Non è cosi falso quando si dice che forse senza la adozione molte persone sarebbero state meglio; solo che in una società come la nostra è inaccettabile che due adulti benestanti per soddisfare il loro egoismo danneggino un innocente.. succede ma non si può dire....
Come dico a me stessa, è già un miracolo essere sopravvissuti.
Se puo consolarti io ero costretta, fra l l altro, a dormire con il piscio della madre di lei, sotto al letto fino ai 16 anni circa
Gli psicologi hanno fatto un grave errore a non allontanare la bambina da questa rigida e fredda famiglia che ha espresso il rifiuto per la bambina . Mi dispiace di essere così dura con questa famiglia ma se loro hanno una possibilità di riprendersi l'hanno tolta tolta per sempre anonimo questa bambina . Forse signora é lei che é una grande manipolatrice per essere riuscita a convincere gli psicologi da esserne in grado o forse lei non ha nessuna colpa perché un aiuto a esperti totalmente incompetenti lo ha chiesto
conosco personalmente la famiglia e la ragazza, ormai adulta.
Posso dirti che le persone con cui è capitata, sono davvero persone gentili, affettuose e molto in gamba. Forse con altri le cose sarebbero andate diversamente, non so. Ma è una persona che riceve molta attenzione, cure ed affetto.
Con ciò non voglio affatto dire che l'adozione non possa essere un grande incubo per i bambini e che spesso le cose non vadano come dovrebbero.
Credo che tu meriti di essere felice e riprenderti da ciò che hai subito, ma so che la via più vera per fare questo, l'unica che può portarti alla felicità e all'equilibrio è lavorare su di te, ora che sei adulta ed hai gli strumenti per farlo.
In bocca al lupo,
bs