Questa mia decisione mi ha senz’altro aiutata nel percorso che ho iniziato ed ho portato avanti, probabilmente se avessi avuto un biberon a disposizione, nella società del biberon... quasi tutti, ne sono certa, mi avrebbero consigliata (senza richieste) di farlo poppare qualche volta con il biberon, per riposarmi, per svagarmi e con tutte le più buone intenzioni, senza dubbio.
Sarei certamente stata più agitata, più infastidita da quest’invasione di consigli, dalle nonne che volevano strapparmi il piccolo per farlo poppare… ci hanno provato anche con la scusa di dargli dell’acqua ma con ostentata sicurezza rispondevo di somministrargli l’acqua con un cucchiaino se vedevano Giacomo molto assetato in mia assenza (in un distacco di un’ora al massimo) in quanto il mio latte lo dissetava a sufficienza.
Il rapporto con mio figlio è partito nel migliore dei modi e anche io mi sono sentita più tranquilla perché ero io stessa ad aver bisogno di lui, di toccarlo, di tenerlo stretto a me, penso sia innato il senso di attaccamento che una mamma sente, rammento sempre quando la mia cagnolina Diana faceva i piccoli e si risentiva se li toccavi, io mi sentivo un po’ allo stesso modo.
Il mio obiettivo, come raccomandatomi dalla pediatra, era raggiungere i 6 mesi, mi aveva detto che la raccomandazione era “fortemente consigliata” nei paesi dove non c’è da mangiare, nel nostro non ci sono problemi, i bambini trovano cosa mangiare se non mangiano più il latte di mamma … a quattro mesi e mezzo circa, con i primi assaggi, andai al consultorio per pesare Giacomo e chiedere delucidazioni su come iniziare lo svezzamento.
La persona che incontrai mi chiese se fossi in procinto di rientrare al lavoro ed io risposi che sì, ai 6 mesi con ogni probabilità sarei rientrata pertanto mi consigliò di “saltare” la poppata del pranzo e solo se proprio il bimbo lo manifestava, porgere il seno post pranzo.
A 6 mesi andai al controllo dalla pediatra che con occhi sgranati mi disse che il latte doveva sempre essere il pasto principale e poi gli assaggi, quando le comunicai che a darmi l’indicazione era stata una sua collaboratrice mi rispose sconsolata che le avrebbe tirato le orecchie e rispiegato per bene il tutto. Considerando la mia PROPENSIONE all’allattamento mi sostenne ed incitò nel proseguire su questa strada.
A posteriori, senza voler difendere le iniziali parole della pediatra considero che evidentemente la sua posizione pro-allattamento a volte viene vista “male” pertanto dimostra il suo pensiero a tutti gli effetti solo alle mamme realmente consapevoli e sicure di ciò che vogliono fare. All’ultimo controllo dei 12 mesi mi ha detto queste parole: Michela continui ad allattare anche fino a cinque anni e se esasperata da qualcuno che la guarda storto risponda pure che è una prescrizione della sua pediatra!
Nel corso di questi mesi mi sono documentata sulla tematica allattamento per rendere assolutamente certe le mie già forti convinzioni, ho letto diversi libri che non hanno fatto altro che riconfermare le mie sensazioni, la figura delle madri che allattano vista come degli animali da circo e che senz’altro, prima di viverla, anch’io consideravo così perché la nostra società non è più abituata a ciò che per logica è il comportamento più naturale, abbiamo bisogno di un sacco di accessori, di renderei bimbi indipendenti, di tornare in forma come se non fossimo diventate madri.
La giornata tipo di Giacomo e mamma Michela, da quando Giacomo aveva 9 mesi, inizia, dopo uno o più risvegli notturni, con la poppata delle 7; lui continua a far nanna sino alle 8.30 – 9.00, salutiamo papà ed i nonni paterni che abitano sotto a noi, partiamo per andare verso casa dei nonni materni che abitano vicino al mio posto di lavoro (15 km), ci facciamo le coccole con poppata. Tanti baci e io vado al lavoro. Alle 13.15/13.30 rientro, Giacomo mi aspetta al parcheggio e si aggrappa come una scimmietta e ancora oggi, quasi sempre si attacca immediatamente al seno. In casa dei nonni mi fa compagnia mentre mangiamo, lui ha già mangiato la sua pappa e poi lo accompagno a far nanna e finiamo la poppata. Io riparto in ufficio e al mio rientro nuova poppata, nuove coccole e rientro verso casa per cena con papà.
Certamente avrei potuto optare, come fanno in molte mamme, per spremere il latte e consegnare il pupetto alle nonne per le ore di lavoro ma considerando la possibilità di avere un orario molto “elastico”, quindi un datore di lavoro molto “elastico” e di ampie vedute ho ritenuto di continuare così e sino a quando Giacomo vorrà la “nena”, come dice lui, anche a pranzo… proseguiamo.
Michela – mamma di Giacomo Marco, 15 mesi.
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