Ecco, questa era più o meno la mia borsa. Se non avete mai allattato artificialmente forse non vi rendete conto del peso e delle dimensioni di cui stiamo parlando. Uscire con un tale ammasso di roba non era per niente facile, anche perché spesso ero da sola, e c’era da guidare il passeggino (che non era assolutamente in grado di sostenere una tale borsa appesa ai manici, e quindi tutto sulle mie spalle), e spesso bisognava anche coprirsi dalla pioggia dato che la Pupattola è nata ad Ottobre.
Una volta ho tentato la strada del thermos, ma anche in quel caso non è stato facile. Stavo andando a vaccinare la Pupattola per la prima volta, era piccolissima, ed io ancora molto impacciata. Ricordo che mi accompagnò Aprovadinonno per sostegno morale (e della borsa). L’appuntamento all’ambulatorio cadeva proprio in orario di poppata, mannaggia. Ci sarebbero stati bambini urlanti e mamme scalpitanti, non avevo nessuna voglia di imbastire il rito dello scaldabiberon (trova una presa di corrente… ci vuole l’adattatore?... mettilo lì, per terra… aspetta che doso l’acqua… attenzione che poi si sporca…), quindi ho optato per un biberon di acqua calda messo nel thermos, dove far sciogliere il latte in polvere al momento.
Quando siamo usciti dalla stanza delle vaccinazioni la Pupattola aveva le cosciotte bucate e urlava come una forsennata. Tutte le altre mamme prima di me, con bambini della stessa età, li avevano prontamente attaccati al seno, e nel giro di pochi minuti si erano calmati. Anche la Pupattola aveva certamente fame a quell’ora (oltre ad essere particolarmente arrabbiata con l’infermiera dell’iniezione…). Tutti ci guardavano, ma io non avevo poppa da darle. Dovevamo restare in ambulatorio almeno mezz’ora per scongiurare reazioni allergiche, quindi tiriamo fuori dal thermos il biberon per preparare il latte, ma l’acqua ancora scottava, e io non avevo preso la bottiglia di acqua fredda per aggiustare la temperatura. Bisognava aspettare.
La povera Pupattola sbraitava come non mai, le altre mamme di figlioletti angelici attaccati al seno mi guardavano come se stessi tentando di appestare anche i loro pargoli con il virus dell’agitazione. Guardavano me e quel biberon appoggiato alla finestra, al fresco: mi sentivo quella strana, quela che voleva fare la “tecnologica” con tutta la sua attrezzatura da allattamento. Ma io ero solo quella che latte non ne aveva, non ne aveva mai avuto, e quel biberon era lì per salvarmi, me e la Pupattola. Alla fine abbiamo deciso di andare a casa, la piccola in auto si è calmata, e una volta nella tranquillità casalinga le ho preparato un nuovo biberon di latte.
Da allora credo di aver allattato fuori casa un altro paio di volte al massimo, e solo in casi di estrema necessità. Alla fine non biasimo chi mi guardava storto, anche perché forse era la mia mente da “mamma di serie B che allatta al biberon” a vedere cose che forse neanche c’erano. Ma allattare artificialmente fuori casa è davvero un’avventura, ci vuole pratica e pianificazione. Sono certa che se fossi stata più sicura di me, più organizzata, nessuno si sarebbe accorto del mio biberon. In fondo cosa importa cosa pensa la gente? Io devo dare da mangiare a mia figlia.
Marica Pieralli è giornalista freelance e mamma a tempo pieno. Da poco ha aperto il blog www.aprovadimamma.net, dove effettua assieme ad altre mamme e papà test e recensioni di prodotti per bambini, per aiutare i genitori a fare le scelte più 'azzeccate' per i propri bimbi