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Ballerina o amazzone? Il cavallo è una scuola!

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Il mio sogno da bambina era fare la ballerina di danza classica. Subito dopo, c’era quello di avere un cavallo (non ho vinto il premio originalità nell’infanzia, in effetti). Bianco, nero, a macchie, con la criniera liscia, riccia o pure senza. Non aveva importanza, purché fosse tutto mio e che accorresse ai miei fischi salvandomi dalle situazioni più sgradevoli, tipo le verifiche di matematica.

Ecco, credo che avere un cavallo sia un desiderio che accomuna moltissimi pupi e adolescenti, perché saltarci in groppa ti dà quella sensazione impareggiabile di libertà, coraggio e potere che lévati, i tuoi amichetti possono soltanto guardarti da sotto in su.
E i cavalli poi sono animali così maestosi e fieri che sembrano usciti da una fiaba, proprio quella dove hanno aiutato l’eroe a sconfiggere il drago. Solo che non è come avere un cane o un gatto, e a meno che non si parli di Pippi Calzelunghe tenere un destriero in salotto non è proprio da tutti.

Da grande ho avverato gran parte di quel sogno (no, non faccio la ballerina alla Scala) perché in un maneggio ci vivo. E mi piace vedere l’approccio dei piccoli ospiti al mondo equino.
Ci sono quelli, come mio figlio che ha solo 17 mesi, che una volta buttati in sella dalla mamma (nel mio caso proprio issati, vista la sproporzione di lunghezza di gambe mie e della bestia in questione) non vogliono più scendere nemmeno in cambio di promesse mirabolanti.

Ci sono bambini che i cavalli non li temono per nulla e li torturano di fiocchetti sulla criniera, tirate di coda e dita negli occhi. Altri sono più timorosi e preferiscono ammirarli da lontano, tra le braccia rassicuranti di genitori spesso più intimoriti di loro. Altri ancora prendono confidenza poco alla volta e imparano il rispetto e l’amore per questi giganti buoni.

In ogni caso, qualunque sia l’approccio, l’interazione bambino-cavallo è decisamente interessante. E arricchente. Soprattutto, io credo, fuori dalla logica della gara e della competizione. In un ambiente sereno il bimbo si avvicina al quadrupede per conoscerlo, per imparare a rispettarlo e a farsi rispettare. E non per primeggiare o farsi bello davanti agli amichetti.

Così il maneggio non è un posto dove mamma e papà di marmocchi troppo agguerriti si guardano sottecchi per stabilire quale sia l’infante più dotato come fantino. I cavalli non vengono sfruttati per correre più veloce o saltare più alto.

Il maneggio è il luogo degli incontri, del gioco, il posto in cui si stabiliscono legami interessanti coi propri simili e con gli animali. Si va a casa sempre senza medaglie, ma con un bagaglio di esperienze BELLE, dopo aver trascorso giornate IMPARANDO qualcosa sui nuovi amici a quattro zampe.

Questa filosofia l’ho imparata qui al Pom Granin, un maneggio dove i bimbi cominciano la loro avventura con qualcuno che gli insegna a gestire un cavallo e a volergli bene, prima che a cavalcarlo. Giocano insieme a loro, li puliscono, li strigliano, li accarezzano, imparano l’equilibrio sulla loro groppa. E i risultati sono superiori alle aspettative.

Gli animali hanno molto da insegnarci e i bambini pure. Basta guardarli interagire per imparare qualcosa anche noi grandi.

 

di Fioly Bocca

mamma di due maschietti e autrice del blog Bodò

*Se vi interessa, al Pom Granin (Piagera di Moncestino - Alessandria - Piemonte) ogni sabato c’è Campacavallo, un pomeriggio di avvicinamento al cavallo per bimbi dai 4 anni in su con insegnanti qualificati (e bella gente che ha voglia di stare all’aria aperta). Per informazioni chiamate Federico (3479243259) o sbirciate il sito

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