Ripetendo un rituale iniziato alla tua nascita, quando hai segnato il territorio sulla tua mamma facendole pipì addosso, hai deciso di dare subito segno della tua presenza anche sul lettino della pediatra, come a dire: “Non so dove sono, non so perchè mi ci avete portato, ma se devo starci tanto vale che sia casa mia!”
La pediatra mi ha chiesto di spogliarti e da ranocchio ti sei trasformato in girino, tanto eri pelle e ossa; quando mi ha chiesto di sistemarti pancia sotto, però, con uno sforzo che ti ha fatto arrossire tutto, hai puntato i piedi e tirato su il sedere:
“E' piccino ma è forte!” ha detto lei: “Ma dove credi di andare piccolo Rambo?” ha poi chiesto a te. Tu hai arricciato le labbra come in un ricamo e dopo meno di due minuti hai iniziato a piangere. E che cavolo, adesso basta! Anche il mio esibizionismo ha un limite.
In definitiva, il tagliando è andato bene. Sei nato piccolo, né troppo lungo né troppo corto, sicuramente non eccessivamente pesante, ma avevi occhi grandi e scuri, profondi come il segreto che si porta con se' ogni nascita. Sotto le tue ciglia lunghe hai nascosto i primi sogni e con le dita sottili e raggrinzite hai afferrato forte la vita dei tuoi genitori.
Se mai capiterà che nella tua vita qualcuno si permetta di dirti che “ti manca qualcosa”, tu ricorda a te stesso che in realtà hai avuto sempre tutto, fin dal primo giorno e che hai portato con te anche qualcosa che era sconosciuto al piccolo mondo familiare in cui sei arrivato: la felicità perfetta che crea solo l'amore puro.
di Monia Scarpelli, blogger, scrittrice e autrice di “Mani di vaniglia: nascita di una mamma in 40 settimane”
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