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Un faticoso parto naturale dopo cesareo

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Il racconto di un parto voluto e sudato, dopo un primo cesareo Francesca (www.equazioni.org) ha scelto un parto naturale ma durante il faticoso travaglio attraversa momenti di sfiducia e momenti di fatica per poi arrivare incredula ad avere in braccio suo figlio. Godetevi il racconto!

***

10-04-2011
La giornata trascorre come molte altre a casa. Io cerco di sfruttare questi ultimi giorni, forse ore per qualche lavoretto o regalo per i miei piccoli. Con il trapano buco dei cubetti di legno per il piccolo Ale da infilare con una stringa e li dipingo. Cucio una mini fascia equAzioni in lino cosicchè Ale possa portare la sua bambola “Maschio” come io e il suo papone porteremo Federico.
Dopo cena guardiamo tutti insieme una puntata dei Simpson al computer e poi mettiamo a letto Ale. Noi invece decidiamo di finire di leggere le ultime pagine del libro “Parto di testa” che avevamo iniziato e mai finito quando ero in attesa di Ale e alle 23.45 andiamo a letto.

11-04-2011
Io, al contrario di Davide, non riesco a prendere subito sonno e dopo neanche mezz’ora si rompono le acque!
Essendo ancora sveglia riesco ad alzarmi tempestivamente dal letto e a correre in bagno e nel mentre chiamo Davide, più volte, perché dorme talmente profondamente che lo sveglio a fatica. E una volta aperti gli occhi non capisce bene che cosa gli stia dicendo.
Bene, sacco rotto, acque chiare ma nessuna contrazione. Che si fa?
Mando un sms alla cara ostetrica Martina nella speranza che sia ancora sveglia e le chiedo se posso aspettare a correre in ospedale e rimettermi un po’ a letto a riposare. Lei mi risponde che non c’è fretta e di aspettare pure qualche ora prima di andare in ospedale (la mattina seguente avrei comunque avuto la visita per gravidanza a termine) e magari di andare presto in modo da evitare il traffico del mattino, considerando che noi abbiamo almeno un’oretta di macchina. Questo anche perché devo iniziare quanto prima la terapia antibiotica per lo streptococco.
Arriviamo in ospedale da dove chiamo anche i miei genitori in modo che, con calma, possano venire a prendere Ale e dove mi fanno la prima visita: collo chiuso, posteriore e ancora nessuna dilatazione. Insomma, ancora tutto fermo.
Avendo rotto le acque non pensavo di essere ancora così indietro. Chiedo di poter tornare a casa in modo tale da poter  fare la prima parte del travaglio “tranquilla” ma mi rispondono che con la rottura del sacco il ricovero è obbligatorio. Mi ritornano in mente le interminabili ore (30!!)  prima della nascita di Ale e mi sento decisamente demoralizzata.
Davide porta Ale dai nonni e io vengo portata in sala parto per fare monitoraggio e terapia antibiotica. Nel frattempo mi viene assegnato un letto in reparto dove porto tutte le mie cose e finalmente riesco a ottenere il permesso di poter scendere nell’atrio per salutare Ale, dirgli quanto gli voglio bene e che di li a poco dovrà tornare a prendere me, papà e il fratellino.

Torno in stanza, mi metto la mia splendida camicia da notte mi sistemo. Alle 12 ho già delle “buone” contrazioni, mi portano il pranzo e non appena inizio a mangiare mi viene chiesto di tornare in sala parto per un altro monitoraggio. Dalla visita però non c’è stato un grande cambiamento. Le contrazioni però sono dolorose e regolari e io trovo sollievo solo stando in piedi. Un’ostetrica mi invita però a sedermi  dicendomi che il travaglio sarà ancora lungo e che ho bisogno di riposarmi tra una contrazione e l’altra e che non posso pensare di potercela fare sempre e solo in piedi.
Io e Davide veniamo portati nuovamente in camera e dopo un po’ ancora in una terza sala parto (sono tutte molto calde ed accoglienti con pareti colorate, doccia, sedia a dondolo, sgabello, …). Io inizio ad accusare la stanchezza e il fatto che le contrazioni non corrispondano ad un progredire del travaglio mi butta sempre più giù. Davide mi sta vicino,mi fa forza ma di li a poco scendono le prime lacrime: sento che non ce la posso fare. Sono troppo stanca sia psicologicamente che fisicamente.
Le contrazioni aumentano d’intensità .Inizio a maledire il giorno in cui ho deciso di volere un parto naturale quando tutti mi proponevano un secondo cesareo. L’ ostetrica mi dice di riposarmi tra una contrazione e l’altra ma la cosa è decisamente impossibile: è vero, le contrazioni non sono continue ma il dolore che sento nella zona lombare si e come se non bastasse Federico non smette un secondo di muoversi e si vede che  punta questa o quella parte del suo corpicino nella mia pancia facendomi vedere le stelle. Nel frattempo sono arrivata ad una dilatazione di circa…. 1 cm!!!! In media per un primo parto si calcola 1 cm/ora…dunque,con la prospettiva di altre 9 ore di travaglio,il morale a terra e la forza sotto i piedi prendo la mia decisione: a quel paese il parto naturale, voglio il cesareo, devono tirarmelo fuori subito perché io mollo il colpo, non ce la posso fare.
Comunico la mia decisione a Davide che non sa che fare, ne come aiutarmi anche perché conoscendomi bene sa che quando mi metto in testa una cosa difficilmente cambio idea.
Nel  frattempo Martina,la mia amica ostetrica fa la sua comparsa in sala parto nonostante non fosse in turno. E’ venuta a trovarmi e …. non mi ha trovata come si aspettava. Cerca di tirarmi su di morale, di farmi forza, di caricarmi e mi massaggia la schiena. Ritrovo un pochino di forze e mi faccio convincere da lei e da Davide ad infilarmi sotto la doccia per vedere se riesco a rilassarmi un pochino. Alla faccia del mio animo ecologico resto sotto la doccia un’ora e mezza, fino a che non sento che la pressione mi sta abbandonando.
Uscita dalla doccia mi sento meglio ma ancora troppo troppo stanca. Il termometro nella stanza segna i 30 gradi. Le contrazioni sono dolorose, il mal di schiena persiste e Federico non smette di agitarsi nella pancia. Decidono di attaccare un sensorino alla testa di Federico, così mi staccano anche l’altro monitoraggio, molto più scomodo e che si scollega spesso per via dei movimenti di Federico e miei.
Ricomincio a chiedere il cesareo. Le ostetriche mi propongono l’epidurale, con la quale dicono riuscirei a riposare e a recuperare le forze per andare avanti. Inizio a delirare dal dolore e dalla stanchezza e a innervosirmi: ho chiesto di avere un cesareo, è una mia scelta e nessuno mi ascolta: non ce la faccio più!
Mi dicono che essendo arrivata a 2 cm (!!) possono chiamare l’anestesista, ma io so che non arriverebbe prima di una 40ina di minuti. Che ci vuole il tempo per sistemare il cateterino e un quarto d’ora perché faccia effetto. Non posso resistere tutto quel tempo. Voglio il cesareo. Firmo tutto quel che c’è da firmare. Insistono. Le mando a quel paese. Mi dicono che poi avrei tempo di riposare. Rispondo che non è vero e che comunque in genere l’epidurale rallenta il travaglio e io non ce la faccio più. Voglio il cesareo. Ad ogni contrazione mando a quel paese le ostetriche, per poi scusarmi a fine contrazione spiegando che non ce l’ho con loro ma che non ne posso veramente più. Loro capiscono e immagino non sia nemmeno la prima volta che capita loro una situazione del genere. Quando riesco a riprendermi un attimo ho anche le forze di spiegar loro, “ridendo” che gli è andata davvero male con me perché sono una gran testona.
Supplico Davide di aiutarmi, di insistere perché mi tolgano subito Federico dalla pancia. Lui sa quanto tenessi ad un parto naturale, quanto ho lottato per poter avere quel che volevo, per trovare l’ospedale giusto. Gli dico che mi dispiace ma che non ce la faccio proprio più. Piango. Piange anche Davide che non sa che fare, combattuto nel vedermi soffrire ma consapevole del fatto che avrei potuto farcela.
Nel discutere il tempo passa e arriva l’anestesista. Io però ho deciso, non mi interessa fare l’epidurale. Prova a convincermi anche l’anestesista, ma rispondo a tono anche a lei. So il fatto mio, non sono impreparata. Le ostetriche non fanno che ripetermi che con il cesareo butterei tutto nel cesso. Con molta freddezza rispondo loro che lo so bene, che non devono dirmelo e che se ho preso questa decisione l’ho fatto in modo consapevole, ma che non voglio aspettare ancora altro tempo per poi magari arrivare comunque ad un cesareo come era successo con Ale. Non posso sopportare una sola altra contrazione. Nemmeno quel quarto d’ora perché l’epidurale faccia effetto.
E alla fine invece cedo. Credo sia stato lo sguardo di Davide, al quale sto stritolando da ore le mani . Lui è li con me e crede che ce la possa fare. Vada quindi per l’epidurale, poi si vedrà.
Tempo 15 minuti e ho modo effettivamente di riprendermi un attimo. Si son fatte le 22 circa e Davide, che fino ad ora non mi ha lasciato un secondo, approfitta per andare a mangiare qualcosa. E’stremato anche lui. Quando torna sto ancora abbastanza bene e riesce a dormire un po’ sulla sedia accanto a me. Io non riesco a dormire ma mi riposo. Le contrazioni non sono più così dolorose ma le sento ugualmente e sento la testa di Federico che spinge, spinge, spinge.
Vengo finalmente rivisitata e la “seconda” ostetrica dice che sono a 4-5 cm. Mi visita di nuovo l’altra ostetrica la quale conferma 4 cm. Mi viene da piangere, procede tutto troppo lentamente. Forse per via dei miei forti lamenti mi chiede di visitarmi durante la contrazione e li cambia espressione: sente la testa, sono a 7 cm!! Questa notizia mi da la forza di tirare  ancora avanti nonostante senta che le forze mi stanno abbandonando.
Mi danno dell’ossitocina e richiamano l’anestesista per un’altra “dose”di epidurale, il cui effetto è ormai quasi svanito.
12-04-2011
La testa di Federico spinge sempre di più, mi da fastidio stare sdraiata, ma non ho le forze di muovermi. Aiutata dalle ostetriche e da Davide provo a cambiare posizione, a mettermi accovacciata ma mi sento troppo debole, le gambe non mi reggono. Ho bisogno di un po’ di zuccheri:  Davide mi prepara acqua e zucchero e mi infila in bocca qualche cucchiaino di marmellata.
Arriva il momento “espulsivo”, inizio a sentire le spinte e la testa che spinge sempre più forte. Cerco di concentrarmi sul respiro, stritolo le mani, ormai segnate, di Davide e continuo a ripetere ad ogni contrazione che non ce la faccio.
Le ostetriche decidono di farmi un’anestesia locale, nel caso in cui ci dovesse essere bisogno di un’episiotomia. Male e bruciore insopportabili. Non ce la posso fare, continuo a ripeterlo, ho esaurito anche le ultime forze. Ma le contrazioni non mi danno tregua e ora devo spingere. Ci provo ma sono troppo debole. Cerco di variare un minimo posizione e ce la metto tutta. L’ostetrica mi dice che ormai è fatta, manca poco: si vede la testa. So che Davide ha paura di impressionarsi ma è coraggioso, dà una sbirciatina, mi dice anche lui emozionatissimo che si vede e mi incita a spingere ancora con le lacrime agli occhi.
Non ce la faccio, sono stanca ma spingo ancora. Episiotomia. Esterno verbalmente alle ostetriche  il mio disappunto  al riguardo. Ho paura che Davide possa svenire da un momento all’altro. Immagino non sia una bella scena a cui assistere e invece resiste alla grande, sono orgogliosa di lui. Ancora qualche soffertissima spinta e Davide mi dice che si vede un orecchio e poi una mano. Mi chiedo come farà ad uscire il resto del corpo ma non ho tempo di pensarci su troppo, tutti mi dicono di spingere. Spingo ancora e finalmente lo sento, è fuori. E piange. Lo voglio in braccio. Subito. E mi viene dato. Non ci posso ancora credere. Federico è tra le mie braccia. Chiedo che aspettino a tagliare il cordone fino a che non abbia smesso di pulsare e così fanno. Anzi, fa, visto che il cordone lo taglia il papà!

Tempo pochi minuti e con mia grande sorpresa avviene il secondamento accompagnato non da dolore ma da una strana sensazione. L’ostetrica mi chiede se voglio vedere la placenta e ovviamente rispondo di sì: è davvero bella e visto il mio interesse mi viene mostrata bene e da vicino e ci viene spiegato come ha funzionato durante la gravidanza. A questo punto mi viene fatta un’altra anestesia locale e via coi punti. Resisto solo perché ho Davide accanto e il mio bimbo tra le braccia.

Restiamo in sala parto ancora due ore durante le quali il dolore lascia il posto a emozioni intensissime. Federico si  attacca  al seno, Davide ci abbraccia, scopro che mio papà, all'insaputa di tutti, non si è mai allontanato dalla sala d'attesa fuori dalla sala parto, penso ad Ale e a come sarà il primo incontro con il suo fratellino il mattino seguente e poi, appena portata in reparto, crollo. Ma la mia stanchezza ora è carica di gioia e di forza per cominciare una nuova avventura con la mia nuova bellissima famiglia.

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